sabato 28 dicembre 2013

DOWNSHIFTING: VIVERE CON SEMPLICITA' PER ESSERE FELICI


Downshifting: è la parola d'ordine più trendy che circola dopo un ventennio di stress da super-lavoro e falsi modelli di vita imposti dallo sviluppo post-industriale. Lusso, viaggi, gioielli, ville da nababbi ed auto fuoriserie. Tutto abbandonato?
Complice la crisi che ha flagellato il benessere (falso) dei Paesi occidentali, il "net-pensiero" ha abbracciato uno strano ritorno alle origini: meno lavoro, meno jet-set, meno stress da carrierismo cinico ed opprimente, meno egoismo finanziario e speculazione ambientale. Tutto questo ( ed altro) è il downshifting che in inglese letterale significa "scalare le marce", ossia "rallentare", vivere slow.
Dunque, rallentare, recuperare il senso della vita vera, semplificare le nostre abitudini, non inseguire obiettivi ed orari di lavoro massacranti ed alienanti, non rincorrerci l'un l'altro come i famosi criceti sulla ruota. 
I top manager del boom speculativo internettiano, i "quelli-che-tutto-possono-e-vogliono" si sono fermati. Hanno ceduto il passo a figure "tardo-hippy" che credono nei valori veri ed ecosostenibili, in uno sviluppo a passo d'uomo. 
Verrebbe da dire che... hanno scoperto l'acqua calda. 
E' chiaro che in questi ultimi tempi con il moltiplicarsi del fenomeno sono cresciuti a dismisura manuali, blog, circoli, addirittura "scuole" dove il downshifting viene insegnato come pseudofilosofia di vita, come un lifestyle che coinvolge e sconvolge le abitudini da baby-boomers. 
Non sono contrario. Anzi, posso dire che da anni lo pratico, forse in maniera inconscia. 
Il mio ultimo libro (Il testamento di Vantò) è incentrato, inconsapevolmente, proprio su una figura (quella del protagonista) che del downshifting ha fatto una ragione di vita ed è disposto a tutto pur di testimoniare coerentemente la sua logica. 
Ma è chiaro che ognuno dei "capi-pensiero" o opinion leader, come fa più chic, interpreta il "pensiero del vivere lento" a suo modo, con i suoi paletti e con la sua logica. 
E c'è già chi critica le interpretazioni altrui di un "libero" pensiero che significa solo vivere in semplicità e con modestia, senza forzare e senza forzarci. 
Credo che il primo esempio di downshifting sia proprio Papa Francesco, umile, semplice, che proprio per questo ha miracolosamente rivoluzionato una Chiesa arroccata su privilegi e travolta da scandali. 
Il contrario del downshifting?
Facile. Guardate quello che è stato la nostra politica. Guardate le macerie ignobili dello spreco. Ricordate le mega-feste ed i festini. Le escort, le macchine di lusso ed i villoni con piscina riscaldata incorporata.
Per il resto non sono contrario a che si discuta del downshifting, magari a sproposito
E' giusto che le buone idee ed i buoni valori siano discussi e praticati, purché non li esasperi sino ad idolatrarli o, peggio ancora, vengano degradati a mode temporanee e frivole. 
Perché nel downshifting non c'è nulla di frivolo o modaiolo. 
Anche se... mi chiedo quanti di questi novelli profeti del "ritorno alla natura" e del "riappropriamoci della nostra vita" abbandoneranno il loro smartphone per il ritorno alla più sobria "app" dell'agenda di carta (ovviamente e rigorosamente riciclata).
By Michele Barbera 

venerdì 27 dicembre 2013

IL PIACERE DI LEGGERE: IL VENTO NEL VIGNETO DI CARLO SGORLON


Per queste feste natalizie, che sono poi anche una pausa nel tran tran quotidiano, ho ripreso in mano il primo romanzo di Carlo Sgorlon, “Il vento nel vigneto”. Un romanzo d'annata (la prima edizione è del 1960), ma, se vogliamo, è stata una piacevole riscoperta.
La storia di Eliseo, un ergastolano graziato che ritorna al proprio paese, è di quelle che fanno riflettere. Non solo per la difficoltà del suo reinserimento o per la chiusura da parte di tutti o quasi i suoi paesani, diffidenti sino all’estremo nei confronti dell’ex-galeotto.
Fa riflettere soprattutto per due aspetti. Da un lato la costante voglia di riscatto che non si arrende nonostante i capovolgimenti del suo destino che sembrano accanirsi contro di lui. E’ una intrepida voglia di fare che lo scuote dal torpore e dalla depressione in cui le circostanze esterne sembrano sempre precipitarlo.
In questi tempi di crisi, dove tutto pare vada storto penso che la storia narrata da Sgorlon sia una iniezione di “auto-ottimismo”, sul fatto che non ci si debba mai arrendere nonostante le avversità.
Dall’altro, la lettura mi ha fatto riflettere sull’umiltà con cui dobbiamo approcciarci alle cose della vita. Eliseo non disdegna di fare sacrifici o di fare lavori faticosi o mortificanti. Lui ha davanti un obiettivo, quasi una rinascita sociale e non importa se per raggiungerlo deve affrontare ostacoli quasi insormontabili. La tenacia, la costanza, la modestia del personaggio sono un grande insegnamento morale per tutti i lettori del romanzo.
Sgorlon è conosciuto per altri romanzi della sua maturità, piuttosto che per questo esordio, sia pure felice. Ma, credetemi, questo romanzo ha nel suo cuore tutte le grandi qualità dello Sgorlon maturo. Da leggere (o rileggere). Buon Natale e Buon Anno!

By Michele Barbera 

venerdì 20 dicembre 2013

I TRE SETACCI DI SOCRATE




Un giorno Socrate fu avvicinato da un uomo in piena agitazione che gli disse:
«Ascolta Socrate, ti devo raccontare qualcosa d’importante sul tuo amico.» 
«Aspetta un attimo», lo interruppe il saggio, «hai fatto passare ciò che mi vuoi raccontare attraverso i tre setacci?» 
«Tre setacci?», chiese l'altro meravigliato. 
«Sì, mio caro, vediamo se ciò che mi vuoi raccontare passa attraverso i tre setacci. Il primo setaccio è quello della verità: sei convinto che tutto quello che mi vuoi dire sia vero?»
«In effetti no, l’ho solo sentito raccontare da altri.»
«Ma allora l’hai almeno passato al secondo setaccio, 
quello della bontà? Anche se quello che vuoi raccontare non 
è del tutto vero, è almeno qualcosa di buono?» 
L’uomo rispose esitante: «Devo confessarti di no, piuttosto il contrario…» 
«E hai pensato al terzo setaccio? Ti sei chiesto a che serva 
raccontarmi queste cose sul mio amico? Serve a qualcosa?» 
«Beh, veramente no…» 
«Vedi?», continuò il saggio, «Se ciò che mi vuoi raccontare non è vero, né buono, né utile, allora preferisco non saperlo e ti consiglio di dimenticarlo»

Dedicato a....

Michele Barbera

mercoledì 11 dicembre 2013

FORCONI E... FORCHETTE: DALL'ANARCHIA ALLA OMOLOGAZIONE



In questo blog tempo fa c'eravamo già occupati della protesta-simbolo dei "Forconi" siciliani. Avevamo espresso, forse in modo malcelato, simpatia per questo movimento "quasi" spontaneo che si riprometteva di "mettere finalmente le cose a posto". 
Quest'anno le cose sono diverse. Il movimento si è allargato in tutta Italia e la Sicilia, da fonte originaria della protesta, si è "intiepidita". 
E' una protesta anarchica, senza capi né idee, che unisce i vari Grillo-Berlusconi ed ora anche quelli di Forza Nuova. Una protesta universale, contro tutto e contro tutti: i politici della casta, l'euro, la disoccupazione, le tasse, etc...
Alfano beccheggia. Nelle interviste parla di salvaguardia del diritto di protesta, ma si esprime contro chi vuole mettere la città " a fuoco". Il suo lavoro non è facile, né semplice. E Berlusconi gode alle sue spalle. 
Un gesto dei poliziotti (togliersi il casco) ha sollevato mille interpretazioni tra simpatie e diffidenze. Il solito Grillo ne ha fatto bandiera per incitare ad una rivoluzione generale, quasi un colpo di stato contro tutti (di nuovo). 
Cosa c'è, però, al di là di tutto, di vero? Di autentico? Di genuino?
Solo una cosa: la rabbia. 
Rabbia. Tanta, vera, troppa. 
Siamo un popolo, facendo il verso ad una famosa canzone di Roberto Benigni, di "incazzati". 
Che vuole farsi sentire contro l'ipocrisia di chi governa (male) e non è capace di uscire fuori da un pantano economico-burocratico-istituzionale che comodamente chiamiamo "crisi". 
E' una protesta contro l'Europa matrigna, gestita da banchieri miopi ed egoisti, incapaci di vedere al di là del proprio naso. 
Il rischio, però, è quello della omologazione. Di protestare tanto per farlo. Di arrabbiarsi perché.... "piove, governo ladro"! La protesta fine a se stessa non serve. Ci vogliono idee nuove che camminino sul solco della indipendenza di pensiero, fuori dagli schemi europeisti e soggiogati dai poteri finanziari. Che sviluppino e soddisfino  le esigenze reali e concrete della gente.
Una banconota non serve a niente. 
Una pagnotta di pane può sfamare un uomo. 
Bisogna puntare sull'economia reale, non su speculazioni finanziarie che servono solo ad ingigantire le diseguaglianza sociale ed a premiare i più furbi. 
Il progresso non si fa al chiuso delle banche, ma in mezzo alle strade, nelle fabbriche, nei campi. 

By Michele Barbera 


lunedì 9 dicembre 2013

IL TESTAMENTO DI VANTO': IL TESTO DELL'INTERVISTA PUBBLICATA DA "LA SFIDA"

A gentile richiesta pubblico il testo dell'intervista pubblicato dalla Redazione de "LA SFIDA", ringraziando sempre Dino per l'attenzione che ha riservato al romanzo:

“IL TESTAMENTO DI VANTO’”, Il nuovo romanzo di M. Barbera
Scritto da Dino Chiruzzi   
Dopo poco più di due anni ci incontriamo di nuovo con Michele Barbera, l’avvocato menfitano che nutre un’autentica passione per la scrittura, ormai ampiamente consolidata in una produzione che si arricchisce col passare del tempo sempre di più. L’occasione è la presentazione del suo nuovo romanzo, dal titolo accattivante e curioso: “Il testamento di Vantò”. Ed ecco la nostra intervista. 
ImageLa prima domanda sorge, direbbe qualcuno, spontanea: chi è Vantò?
Senza scendere nel merito del romanzo posso dire che Vantò è uno spirito siciliano. Incarna la contraddizione dell’essere, la determinazione caparbia dell’eroe onesto, la volontà solidale di aiuto ai deboli pur nell’ottusità miope di chi governa. Insomma, forse la parte migliore del popolo siciliano.

Il romanzo ruota attorno alla “roba” che in quanto a sicilianità ha precedenti illustri…
Sì, in effetti, il testamento, la roba, hanno nel surrealismo tragico pirandelliano enel verismo verghiano, un ruolo da protagonisti nel muovere e governare la vita del siciliano. Ma, contrariamente a quel che si pensa, la “roba” non è solo un concetto materiale, ma è una metafora esistenziale. Chi ha la roba diventa temuto, rispettato, onorato. Allora dalla prospettiva dell’avere, la questione si trasferisce all’essere. Se si guarda alle origini della mafia, quella dei latifondi, i gabelloti, le stesse baronie, hanno origine da un sistematico accaparramento di roba, anche violento e sopraffattorio, che garantiva al gabelloto il successivo stato di “signore”. Dall’avere all’essere, ripeto. Ma questa è un’altra storia.

Ritornando al romanzo, lo stile risulta particolarmente scorrevole, anche se ricco di citazioni colte: un matrimonio di stile?
Lì è il lettore che dovrà giudicare. Ho cercato, anche con chi ha fatto l’editing, di offrire una lettura piacevole ma non per questo ho voluto rinunciare a fare, scusa l’immodestia, nel mio piccolo, “letteratura”, cioè formare il lettore, non semplicemente informare. La storia letteraria è piena di pietre miliari che spesso, sono ingiustamente ignorate in nome di un modernismo che spesso è sinonimo di superficialità. Ed, invece, è bello riscoprire i classici, assaggiarli, quasi degustarli come un buon vino invecchiato, prezioso e raro. Solo il tempo dirà se questo matrimonio è riuscito!

Domanda secca: come è nato “Il testamento di Vantò”? Fra l’altro è assai differente per ambientazione al precedente “Esame incrociato”…
E’ vero, si tratta di due romanzi completamente differenti, ma entrambi hanno un comune denominatore nella Sicilia. Vero è che certi personaggi del complicato intreccio di Esame incrociato potrebbero stare benissimo ne “Il testamento di Vantò”. Cambia naturalmente lo stile e la struttura stessa del romanzo. Da una certa logicità e coerenza propria dello stile “legal”, si passa ne “Il testamento di Vantò” ad un susseguirsi di circostanze a geometria variabile che si rincorrono e, a tratti, si sovrappongono. Ne esce fuori una tavolozza variopinta in cui i colori originari si stemperano e sfumano, fondendosi l’uno con l’altro.


Parliamo della trama. Nel romanzo Vantò è vittima ed artefice del suo stesso inganno…
Ti voglio precedere. “Il testamento di Vantò” non ha una trama in senso stretto. Chi legge il romanzo segue una scia temporale, nel senso di avvenimenti che si susseguono in una serie di intrecci ma, in realtà, più che di una trama “storica”, mi piace parlare di un pirandelliano confronto di personaggi, un confronto dal quale ognuno può trarre le proprie conclusioni. Lo stesso protagonista non è fine a se stesso, ma è plasmato dalla continua interazione con gli altri soggetti della vicenda.

Nel romanzo ha una parte fondamentale l’incontro di Vantò con i rom. C’è qualcosa di autobiografico in questo?
Ritengo, comunque, che ci sia sempre qualcosa di autobiografico, anche a livello inconscio, in quello che si scrive e, più in generale, si realizza artisticamente. In effetti, diversi anni fa mi occupai di un caso in cui era coinvolta una famiglia rom. Non ti nascondo che mi sono dovuto recare, all’inizio con una certa apprensione, poi con naturalezza a visitare diverse volte un campo rom. Da lì una conoscenza che mi ha colpito. Per il libro mi ha aiutato molto il contatto con un paio di ragazzi ed il colloquio con un anziano di Agrigento che vantava ascendenze rom. Poi, tanto studio su una civiltà che è sui generis rispetto alla nostra tradizione culturale.

La questione dei rom e dei pregiudizi su di loro nel romanzo è affrontata sotto aspetti drammatici. Pensi che avrà una soluzione?
E’ difficile dirlo. I rom sono un popolo per certi versi contraddittorio e quantomai variegato. Per molti versi è saldamente unito e tipizzato da un sostrato di valori immateriale, ancestrale, per altri aspetti ogni clan riconosce e pratica usanze e regole che sono diverse rispetto ad altri. Del resto, i rom sono il crogiolo di diverse etnie, contaminati da innesti socio-culturali con i popoli stanziali dei continenti attraversati nei secoli dalle loro carovane. Non è semplice che i rom rinuncino a quello che considerano il loro bene più prezioso e congenito: la libertà del nomadismo, inteso come logica di vita. L’integrazione passa da lì. E non è facile.

Domanda finale, anche questa scontata: a quando il prossimo romanzo? Ci puoi dare qualche anticipazione?
Mi metti in imbarazzo, perché è l’unica domanda alla quale sul serio non so risponderti. Tra “Esame incrociato” ed “Il testamento di Vantò” ho fatto diverse, o meglio scritto, altre cose che potrebbero evolversi in un romanzo. Ma sono, come si dice, a lenta gestazione. Poi dipende dal tempo che avrò e… dalla pazienza dei lettori, oltre che dal loro gradimento.


venerdì 6 dicembre 2013

ONORE E MEMORIA A NELSON MANDELA



Chi della non-violenza
riesce a farne un credo per un popolo,
Chi non distingue i colori della pelle
e colora un arcobaleno di pace,
Chi della politica non ne fa un fine
ma uno strumento,
Chi riscatta nella propria sofferenza
la schiavitù dei fratelli,
Chi nell'umiltà del silenzio
riesce a gridare la sua voglia di vivere,
Chi sulle sbarre della prigione
fonda il monumento alla libertà,
Chi vuole per i propri figli
un futuro migliore di quello che il destino ha riservato a lui stesso.

Michele Barbera

martedì 3 dicembre 2013

ORME SULLA SABBIA


Questa notte ho fatto un sogno,
ho sognato che camminavo sulla sabbia
accompagnato dal Signore,
e sullo schermo della notte erano proiettati
tutti i giorni della mia vita.

Ho guardato indietro e ho visto che
per ogni giorno della mia vita,
apparivano orme sulla sabbia:
una mia e una del Signore.

Così sono andato avanti, finché
tutti i miei giorni si esaurirono.
Allora mi fermai guardando indietro,
notando che in certi posti
c'era solo un'orma...
Questi posti coincidevano con i giorni
più difficili della mia vita;
i giorni di maggior angustia,
maggiore paura e maggior dolore...

Ho domandato allora:
"Signore, Tu avevi detto che saresti stato con me
in tutti i giorni della mia vita,
ed io ho accettato di vivere con te,
ma perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti
peggiori della mia vita?"

Ed il Signore rispose:
"Figlio mio, Io ti amo e ti dissi che sarei stato
con te durante tutta il tuo cammino
e che non ti avrei lasciato solo
neppure un attimo,
e non ti ho lasciato...
i giorni in cui tu hai visto solo un'orma
sulla sabbia,
sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio".
Anonimo 

mercoledì 20 novembre 2013

José Alberto Mujica Cordano è da tre anni il presidente dell’Uruguay e vive con 800 euro al mese!





In tempi di spending review a noi tocca sorbirci l'empasse del ministro Cancellieri che dopo gli affarucci e le telefonate con il Gruppo (pardon "Famiglia") Ligresti (affarucci suoi e di suoi figlio e milionari per giunta!) non trova neanche la dignità di dimettersi (e che volete che sia qualche milionuccio d'euri), altrove si fanno i fatti (e scusate il gioco di parole!).
La nostra casta (che vorrebbe sembrare "casta" e scusate nuovamente il gioco di parole!, ma è corrotta ed impura peggio di Sodoma e Gomorra!) continua  a spendere e spandere a più non posso, compresi i parvenu a "cinque stelle" (sì avete capito "a" non "dei" perché anche loro quanto a magna-magna non sono secondi a nessuno, vedi il caso in cui nella stessa famiglia ci sono un deputato ed un senatore!!!). Altrove, ci sono i fatti.
La notizia del Presidente Uruguayano DEVE fare scalpore: Dei 250mila pesos (circa 10 mila euro) del suo stipendio da Capo di Stato, Mujica trattiene per sé soltanto 800 euro, e devolve il resto al Fondo Raúl Sendic, un'istituzione che aiuta lo sviluppo delle zone più povere del Paese. Dice: «questi soldi, anche se sono pochi, mi devono bastare perché la maggior parte degli uruguaiani vive con molto meno».
La sua automobile è un Maggiolino degli anni '70. Vive in una piccola fattoria nella periferia di Montevideo: ha infatti rinunciato a vivere nel palazzo presidenziale.
Non è un pazzo, un alieno o un ricco ed eccentrico miliardario prestato alla politica (vedi il vecchio Berlusca che in quanto a beneficenza la faceva pure: bastava avere le seguenti misure: 90-60-90 ed essere di sesso femminile!). E non è nemmeno un esibizionista, Mujica, che, fra l'altro, ha pure dalla sua la scelta di reclamizzare poco la sua austera condotta.
È soltanto un esempio di buona politica che viene dal Sudamerica. Chissà cosa ne pensano i nostri politici che in fatto di "sacrifici" sono bravi solo a farli fare agli altri!!!
E Letta, che dice di Letta di questa spending review? Questi incapaci mangiasoldi di politici e grand commis di Stato, buoni solo per spolpare il popolo e di godersi una legge elettorale che è una grandissima presa per i fondelli della democrazia?Riflettiamoci, riflettiamoci...

By Michele Barbera






martedì 19 novembre 2013

IL PIACERE DI LEGGERE: VENERE PRIVATA di GIORGIO SCERBANENCO


Su Scerbanenco c’è molto da dire. E molto sarebbe anche poco. E’ stato uno scrittore sui generis, preferendo approcciarsi al mondo della letteratura in modo eclettico ed incredibilmente prolifico. In questi giorni ho riletto “Venere privata” un romanzo la cui prima edizione risale al 1966. E’ uno dei romanzi (il primo della serie dedicata a Duca Lamberti) in cui meglio si tratteggia lo stile graffiante ed attualissimo di Scerbanenco. Il conflitto genitori-figli, il suicidio-delitto di un’apparentemente banale commessa, motore centrale di un’intricata storia di sfruttamento della prostituzione dai marcati tratti noir, un giallo che si sviluppa su un percorso inusitato, un protagonista tormentato da un contrastato “mal di vivere”. Tutti sono ingredienti che sapientemente miscelati danno un romanzo da leggere per emozionarsi. Non solo per gli appassionati di noir. Lo stile è scorrevolissimo, a tratti intessuto di gemme letterarie e di citazioni colte, che rendono il testo elegante e raffinato.
C’è molto da apprendere leggendo Scerbanenco. Lo sanno tutti gli autori contemporanei di noir e gialli (o, se vogliamo, della letteratura di genere). Ma la grandezza di Scerbanenco, forse, sta proprio nel fatto che lui ha saputo superare il “genere”, avventurandosi in territori come il western o il rosa che sono ancora più elitari e difficili da praticare, specie per gli ama le emozioni forti.

L’invito a leggere (o piacevolmente rileggere) “Venere privata” è rivolto non solo ai “lettori” in senso stretto, ma anche a chi si appassiona di scrittura che dovrebbe non solo analizzare, ma anche “psicoanalizzare” il testo per apprendere tempi, logiche e struttura del narrare. 
Bellissime le parole di Luca Doninelli in prefazione ad una edizione di "Venere privata": Il mondo di Scerbanenco è un mondo completamente nero e immobile. I romanzi di Scerbanenco non conoscono nessuno svolgimento. L'unico svolgimento riguarda il lettore, cui Scerbanenco somministra la realtà dei fatti a piccole dosi, poco per volta. Ma la realtà, l'orribile nera realtà c'è da sempre, è sempre quella e continuerà ad essere quella dopo che il teatrino del bene avrà chiuso il sipario. A chi, cittadino di questo disperatissimo mondo, non abbia propensione al suicidio, non restano che due vie: o la completa distrazione o l'assuefazione. La vita è una droga, o la combatti con altre droghe o l'assumi fino in fondo."
By Michele Barbera

lunedì 18 novembre 2013

IL TESTAMENTO DI VANTO': INTERVISTA PER "LA SFIDA"


Nel fare i miei complimenti ai redattori de "LA SFIDA", il sito che ormai veleggia sui cinque milioni di visite, non posso che ringraziare l'intrepido Dino Chiruzzi per l'attenzione che, con il suo staff, da sempre dedica alla cultura menfitana. 
Nella sua minuziosa e qualificata opera ha dedicato una bellissima pagina a "Il testamento di Vantò", un libro che sta riscuotendo presso i lettori un successo inatteso. Grazie ai lettori e grazie a Dino per l'attenzione che mi ha dedicato. 

By Michele Barbera 

giovedì 14 novembre 2013

GRUPPO RISPARMIATORI TRUFFA GFOREX-GTL-RIAZ: AVVISO IMPORTANTE!!!



Scusate se utilizzo questo blog ancora una volta "forzandone" i contenuti. Mi è sembrato il mezzo più rapido per arrivare ai risparmiatori truffati del crac "GFOREX" - GTL. 
L'invito è rivolto ai partecipanti al gruppo che fa capo al sottoscritto ed ai coordinatori di Sciacca.
Abbiamo urgente necessità di mandarvi una mail riservata per aggiornarvi su contenuti relativi alla vicenda e adottare alcune decisioni. 
Vi prego, a nome dei coordinatori, di inviare una mail al sottoscritto all'indirizzo

avvmichelebarbera@gmail.com

sarete immediatamente ricontattati con quanto di Vs. interesse.

By Avv. Michele Barbera





martedì 12 novembre 2013

IL TESTAMENTO DI VANTO’: L’EPOPEA ZINGARA DELLA SICILIANITA’ TRA EMARGINAZIONE ED INTEGRAZIONE



"Il testamento di Vantò", 



2014, 16°, cm. 14x20, 304 pp., cop. col., € 15,00 ISBN 978-88-86911-43-6

Nelle migliori librerie e on-line sui principali siti e-commerce

“In un angolo magico della Sicilia, sospeso nel tempo, gli abitanti di un piccolo paese danno vita ad un appassionante dramma umano attorno alla figura di Vantò, folle visionario ed eccentrico letterato, custode, a sua insaputa, di una misteriosa ricchezza. In un rutilante palcoscenico vivente si alternano passioni, intrighi e delitti, vicende in cui il confine tra bene e male è spesso indistinguibile. Tra umorismo tragico ed ironia grottesca, i toni raffinati del romanzo ci rendono partecipi di un’onirica fiera delle vanità, dove tutto ciò che è reale porta in sé i semi della violenza e del male. Sullo sfondo di splendidi scenari naturali, quasi un leitmotiv pudicamente celato ad occhi profani, la narrazione guarda con interesse ai temi dell’integrazione sociale e delle minoranze etniche, soffocate da pregiudizi alienanti ed incapaci di esprimere se stesse, in un contesto che vuole l’emarginazione come conseguenza naturale della diversità.”
                                                                                     (Dalla Quarta di copertina)
“C’è davvero di tutto in questo romanzo colto e raffinato, impregnato di rare atmosfere pirandelliane e sciasciane; il tessuto narrativo, arricchito da allegorie e metafore di sottile bellezza, è radicato della “sicilianitudine”più profonda, che si rivela fin nelle fibre più intime. Il personaggio di Vantò lo accosterei ad un moderno Mattia Pascal: ricco di sentimenti contrastanti, alla ricerca perenne di un equilibrio con se stesso e con gli altri. Complimenti! Da leggere assolutamente.”
                                                                                                   (Ignazio Bellomo)
“Il testamento di Vantò, avvalendosi di vari registri letterari, presenta al lettore un testo ricco di trovate diegetiche e di apprezzabili invenzioni stilistiche, riecheggianti la tradizione della narrativa italiana primo novecentesca. Il romanzo ben rappresenta la complessità delle relazioni umane sulla scena di un emblematico paesaggio della Sicilia occidentale”.
                                      (Prof. S. Mugno, Giuria Premio Nazionale Elimo Vate)

“Prigionieri del loro microcosmo, i caratteri-maschere si scontrano nelle loro solitudini tristi e, per lo più, venate di follia materialista o sentimentale. Si tratta di monadi che non interagiscono fra loro, anzi confliggono in aperta tensione emotiva, tentando di sopraffarsi l’una con l’altra, sino alla violenza cruda, pura e tragica che non risparmierà neppure il protagonista. Il testamento di Vantò è teatro in prosa, sul cui palcoscenico - oscillante tra realtà ed immaginazione - la condizione umana si esprime con la nudità e la meschinità dei sentimenti feriti e di passioni aberranti.”
                                                                      (Enzo Leone, Invito alla lettura)



mercoledì 23 ottobre 2013

GIUDICE DI PACE DI MENFI: L'AMMINISTRAZIONE LOTA` PRENDE POSIZIONE A FIANCO DELLA CITTADINANZA PER IL MANTENIMENTO DELL`UFFICIO


Non ci sta il Sindaco di Menfi, Arch. Vincenzo Lotà, alle decisioni ministeriali che hanno decretato la chiusura dell`Ufficio del Giudice di Pace di Menfi.
Lunedì sera (21/10/2013) ha convocato i rappresentanti del consiglio comunale e dell`avvocatura menfitana per un primo briefing operativo nell’aula consiliare.
Dopo la relazione iniziale, svolta dallo stesso Sindaco, alla presenza degli assessori Ing. Sanzone e Dott.ssa Barbera, oltre che del Presidente del Consiglio Comunale, dott. Vito Clemente, la parola è passata agli avvocati Giuseppe Avona e Giuseppe Di Giovanna. Il primo ha fornito, dati alla mano, i numeri dei procedimenti pendenti, diversi centinaia sia in civile che in penale ed i provvedimenti emessi dal Giudice di Pace di Menfi. Numeri ufficiali dai quali emerge l`efficienza e la funzionalità operativa dell`ufficio. Vibrante e con toni decisi è stata la relazione dell`avv. Di Giovanna che ha esaltato la funzione sociale dell`attività del giudice di pace e dell`istituzione giudiziaria. Il legale ha concluso ribadendo la necessità di difendere il presidio istituzionale a difesa della legalità nel territorio. Nell’appassionato dibattito che è seguito alle relazioni, gli avvocati Viviani, Mistretta, Pellegrino, Masanelli hanno svolto i loro interventi puntando l`attenzione sulla necessità di coinvolgere nella difesa del presidio giudiziario l`intera Unione dei Comuni, anche per quanto attiene il fabbisogno di personale e per le spese di funzionamento dell`ufficio. Espresso a chiare lettere lo stato di disagio per l`eventuale trasferimento dell`ufficio a Sciacca, che avrebbe conseguenze gravissime per tutti i cittadini che quotidianamente frequentano l`ufficio.
Non sono mancati accenni alla situazione di Sciacca che, esaurita l`efficace azione amministrativa e politica per il mantenimento della Sede del Tribunale, deve oggi affrontare le problematiche afferenti l`allargamento del circondario giudiziario e la riorganizzazione degli uffici del giudice di pace, che inevitabilmente porterà ad un rallentamento della macchina giudiziaria, oltre alla necessaria riorganizzazione delle cancelleria.
Votata all`unanimità dai rappresentanti delle categorie presenti la mozione che impegna il sindaco Lotà a responsabilizzare gli amministratori dei comuni dell`unione sul doveroso sostegno da dare al mantenimento della struttura, anche dal punto di vista economico e finanziario. L’Ufficio serve, infatti, tutte le popolazioni dell’Unione dei Comuni e, quindi, deve rientrare nella giusta programmazione di servizi offerti alla collettività da parte di tutti i Comuni dell’Unione.  
Un ricordo toccante è stato espresso da alcuni rappresentanti dell`avvocatura alla memoria dell`avv. Giuseppe Rotolo, già esemplare Giudice di Pace di Menfi, che si è distinto nell`esercizio delle funzioni giudiziarie, per la grande passione ed impegno sociale, per la vivissima umanità e vicinanza solidale ai problemi dell’utenza.
L`avvocatura ha deliberato di procedere ad una raccolta di firme per presentare una propria dichiarazione di intenti alle Autorità competenti sull`ufficio giudiziario belicino.
In prosieguo, sarà fondata l`associazione giuridica e sociale per la promozione della cultura della legalità nel territorio dell`unione. L`associazione promuoverà azioni di patronage sull`ufficio del giudice di pace e vuole essere l`interlocutore privilegiato per le problematiche afferenti l`ufficio e l’amministrazione della giustizia nel territorio.
La relazione di sintesi è stata affidata al Sindaco Lotà che ha aggiornato le parti ad una prossima riunione allargata anche alle amministrazioni dell`unione ed ai vertici dell`avvocatura per concordare i termini ed i modi del mantenimento del presidio giudiziario nel territorio dell’Unione. 
By Michele Barbera

lunedì 21 ottobre 2013

RIAZ E GTL TRADING ALL’ATTACCO DEGLI USA? SMASCHERATO RIAZ: LE INQUIETANTI SCOPERTE SULLA REGISTRAZIONE DEI MARCHI GTL TRADING IN USA ED IN CANADA

Mahmood Riaz Haji Barkat una ne fa e cento ne pensa.
Dopo aver rovinato centinaia di risparmiatori australiani ed avere fatto un bottino di 5 milioni di dollari, Riaz si è giustificato con gli australiani ed i neozelandesi dicendo che la GTL TRADING di Dubai sta per essere messa in liquidazione “per le perdite subite” nel mercato dell’arbitraggio di valuta (tutte ennesime bugie?). Riaz, invece, all’insaputa dell’ASIC (organismo australiano di sorveglianza dei mercati finanziari preso in giro da Riaz) e dopo essere fuggito dall’Australia, ha fondato la QFOREX e la ELYSIAN con cui pensa di rinnovare le sue truffe ai danni di ignari risparmiatori, magari in Europa dove la Elysian ha una sua consorella inglese, affidata ad un manager suo complice.
Ora scopriamo un interessante ed ulteriore tassello che non fa che confermare che Riaz non sazia mai il suo appetito finanziario ed è sempre in cerca di nuovi mercati per le sue truffe.
Abbiamo anticipato che da tempo egli guarda con interesse agli Stati Uniti ed al mercato canadese come territori appetibili per le sue truffe.
Il 26/01/2010 il famigerato Riaz ha ottenuto presso l’United States Patent and Trademark Office  con l’U.S.S.N. 77227217 e con il U.S.R.N. 3741508 la registrazione del marchio “GTL TRADING” per la sua società con sede a Dubai, mediante il corrispondente di Miami Mrs. Susan Marsillo della Feldman Gale P.A..
In buona sostanza il marchio GTL - collegato ad una truffa planetaria – oltre a potere essere usato liberamente, ha ottenuto il riconoscimento e la tutela nel territorio degli States, degli Stati Uniti d’America! Uno stato che Riaz, elogiando il partito pachistano PTI, ha mostrato di avere inviso (il PTI è un partito nazionalista pachistano che, fra l’altro, propugna il diritto del Pakistan di avere armi nucleari e rifiuta gli aiuti esteri, in particolare degli Stati Uniti).
Smascheriamo Riaz prima che truffi pure gli Stati Uniti!
Ma non è finita qui.
In parallelo, con il Canadian Trademark No.1355402 Riaz, grazie alla MBM Intellectual Property di Ottawa, Riaz ha ottenuto la registrazione del marchio “GTL TRADING” pure in Canada.
La registrazione in Canada è avvenuta il 20/10/2010.
Sono questi i primi passi di Riaz in attesa di poter colonizzare, come un virus, una società-ospite e fare partire l’ennesima truffa ai danni di Canada e Stati Uniti?
Questi fatti dimostrano ancora una volta che gli attacchi truffaldini di Riaz hanno come obiettivo privilegiato le economie occidentali e questo dato dovrebbe fare riflettere le autorità politiche ed economiche di questi Stati.
Occorre, dunque,:
  • a)      Bloccare ogni iniziativa economica di Riaz e dei suoi accoliti e complici e prestanome (ampiamente conosciuti e conoscibili) finalizzata al rastrellamento di ingenti risorse finanziarie (con le truffe GFOREX, CAPRICORN, GTLTRADEUP, Riaz si è messo in tasca quasi sessanta milioni di dollari);
  • b)      Sottoporre Riaz al carcere e confiscare tutto il suo patrimonio;
  • c)      Smascherare chi protegge Riaz (ormai conosciuto come truffatore in tutto il mondo) a Dubai, anche mediante l’adozione di pesanti iniziative contro il governo di Dubai e contro tutti quelli che lo proteggono.

I paesi occidentali non possono credere alla pubblicità di Dubai come paradiso del lusso e del benessere. Dubai non è la meta ambita di investimenti. Dubai è il rifugio di un losco truffatore che si chiama Riaz. Le Autorità giudiziarie degli Emirati non possono fare finta di niente. Debbono arrestare Riaz e restituire i soldi da lui rubati.
I tempi stringono e siamo fiduciosi che alle truffe di Riaz, con l’aiuto delle Autorità internazionali, finalmente possa essere messo il cappio al collo dopo avere rovinato migliaia di persone. 
By Michele Barbera

IL PIACERE DI LEGGERE: I RACCONTI DI HOWARD PHILLIPS LOVECRAFT




Per i moderni amanti del genere horror, noir e fantastico non è difficile conoscere Lovecraft  e le sue opere. Lo scrittore statunitense, nativo di Providence, morto nel 1937 è stato uno dei maggiori letterati della sua epoca.
Eppure i contemporanei rifiutarono l’opera di Lovecraft giudicandola per lo più stramba, folle o dissennata. Facile dire che Lovecraft non ebbe alcun successo da vivo. Egli si guadagnava da vivere per lo più scrivendo per gli altri o facendo il correttore di bozze piuttosto che contare sui frutti dei suoi racconti e dei suoi romanzi brevi.
L’opera di Lovecraft fu riscoperta e rivalutata, come spesso succede, solo una decina d'anni dopo la sua morte. Dopo vi è stato il saccheggio delle opere e si contano a decine i film ispirati alle sue opere e nemmeno un fumetto oggi popolarissimo in Italia, cioè Dylan Dog, ha potuto fare a meno delle atmosfere oniriche e dei mondi fantastici di Lovecraft. Ma non solo i moderni scrittori americani di horror debbono riconoscere in Lovecraft un maestro, ma anche gli scrittori di fantascienza, di gothic ed, in genere, di quelle opere che fanno del noir e del fantasy un punto di riferimento.
Lovecraft non è assimilabile a Poe, né ad altri scrittori che pure attingono allo stesso underground fatto di mitologia, fantasia ed antiche tradizioni religiose pagane.
Ho riletto con piacere una raccolta di racconti di Lovecraft (tra le tante che periodicamente le case editrici nostrane ci offrono) ed ho ancora una volta gustato le atmosfere da incubo e di follia che li popolano. Diceva un critico a proposito di Lovecraft che nei suoi scritti guida il lettore alla ricerca della verità (chiaramente la sua verità) attraverso la follia. Lo fa precipitare in un abisso emozionale dal quale riprendersi non è né semplice né facile. E’ nemico del lieto fine. I finali dei racconti lasciano sempre un buco nello stomaco ed in più di un caso, inducono il lettore a guardarsi con sospetto attorno per accertarsi che quello che hanno letto è confinato nelle pagine del libro e non possa accadere a loro, in quel preciso istante o in un momento incognito di un inquietante prossimo futuro.
Ancora di più si apprezza Lovecraft per le sfumature letterarie e per lo stile colto che utilizza nei suoi racconti, nelle cui pieghe si nasconde una grande cultura ed un sapere raffinato.

Da leggere ed, ancora di più, da gustare. 
By Michele Barbera 

domenica 6 ottobre 2013

CACCIA A RIAZ ED IL CRAC DELLA GFOREX: DALLA GTL TRADEUP A “QFOREX” ED “ELYSIAN” LA BANDA DI RIAZ CONTINUA A TRUFFARE GLI OCCIDENTALI

Terra bruciata. Bisogna fare terra bruciata attorno a Riaz ed alla sua banda di truffatori. Denunciando, pubblicando, scoprendo le truffe per mettere in guardia i risparmiatori occidentali che sono divenute le prede ambite di questo gruppo di predoni. Senza rassegnarsi, ma insistendo, utilizzando le armi dell’informazione, incalzandolo in qualsiasi parte del mondo intrecci i suoi loschi affari.
Lo schema utilizzato da Riaz è stato, sino ad oggi, lo stesso. Individuata la preda, Riaz colonizza, come un virus alieno un organismo-ospite, vale a dire una società che si occupa di investimenti finanziari, che, possibilmente, abbia già un parco-buoi (clienti) fidelizzato. Poi Riaz comincia ad inoculare il proprio veleno facendo prospettare guadagni ed opportunità, accaparrandosi la gestione, fino a quando svuota le tasche dei clienti malcapitati, trasferendo il bottino in zone sicure (quello della ex- GTL TRADEUP è a Dubai, come la buona parte del malloppo).
Rimane da chiarire (e questo è compito della Magistratura) se e in che modo vengano “ricompensati” i complici locali di Riaz (con una fetta della torta?). Nel caso italiano della GFOREX forse sarebbe il momento di effettuare un controllo approfondito sui conti svizzeri di GFOREX, di DiFonzo, di Spinardi e compagnia bella.
Avevamo già denunciato gli imbrogli di Riaz sulle Isole Vergini che sono culminate nel crac del fondo Capricorno.
Avevamo attenzionato l’Australia come zona in cui ancora il misfatto non si era del tutto compiuto.
Non sappiamo fino a quando le nostre azioni divulgative e di disturbo su GTL-TRADEUP in Australia abbiano influito, oltre che sulla defenestrazione del manager Clinnick da parte di Riaz (Mr. Clinnick è stato l’unico ad aprire un canale di dialogo con noi) o sul crac autoprovocato della GTLTRADEUP (avevamo preannunciato un esposto denuncia all’ASIC oltre a mettere in guardia i risparmiatori australiani su blog e social forum).
Ora è il momento di svelare un piccolo dietro le quinte che vogliamo pubblicare per mettere in guardia gli ignari risparmiatori che potrebbe essere ancora vittima di Riaz e della sua banda di ladroni.
La GTL TRADEUP PTY LTD ha la licenza ASIC australiana, ma ha una sede specifica in Nuova Zelanda (Margret J Free, 104 Cornwall Road, Rd 1 Waluku, 2680). In Nuova Zelanda come “director” della società si è autoindicatoRiaz con il suo indirizzo australiano (58 Albyn Road, StrathfieldNsw, 2135, AU). La GTL TRADEUP ha colonizzato la Velocity Trade, una piccola società neozelandese. 
E mentre gli australiani impazziscono inseguendo i fantasmi della GTL TRADEUP PTY LTD, sapete cosa è successo dopo l’annuncio del default del 26/09/2013?
Che la GTL TRADEUP PTY LTD, con la sua costola neozelandese “GTLTRADEUP NZ”, il 30/09/2013 ha cambiato nome in “Q FOREX (NZ) LIMITED” (n.4384823, sede in Level 27, PwcTower, 188Quay Street, Auckland CentralAuck, NZ)) . Questa Società, dunque, è operativa in Nuova Zelanda, con a capo ANDREW JEFFERS dal 03/04/2013, per inciso, lo stesso manager che ha sostituito Clinnick nella GTL TRADEUP. State attenti perché “QFOREX” è il prossimo strumento di truffa di Riaz. Che cambia nome ma non sostanza.
Dalla Nuova Zelanda parte anche il nuovo mostro mangiasoldi di Riaz la “ELYSIAN FX LIMITED”, autorizzata e regolamentata dalla FSP (Financial Service Provider N. Licenza: FSP 29601, Numero registro imprese 3123305). Anche questa è un altro mezzo con cui Riaz ed i suoi complici intendono truffare i risparmiatori occidentali a cui hanno sottratto e sottraggono impunemente (sino ad oggi) milioni di dollari. La ELYSIAN FX LTD. si chiamava prima TRUST SECURITIES DMCC LTD, poi DCAP FINANCIAL LTD e dal 27/08/2012 è diventata ELYSIAN.

Waseem Ashraf, l'alter ego in Inghilterra di Riaz e complice nella truffa GTL
A capo della ELYSIAN troviamo altri due lestofanti degni compari di Riaz: uno è WASEEM ASHRAF,  che ha recapito in Inghilterra (1 Maclean Gate, Dunfermline KYY118TU), il quale è stato protagonista nel crac GFOREX ed è l’alter ego nel mondo anglosassone di RIAZ e l’altro è MASOOD NASEEB (è lui che manovra i soldi di Riaz a Dubai?) che ha recapito negli Emirati Uniti (Palm Jumairah, Villa 95, Dubai 114703, U.A.E.).
Lo stesso recapito inglese di ASHRAF l’ha pure JAVAAD WASEEM, cittadino britannico, collaboratore di RIAZ e parente di ASHRAF.
In Inghilterra in data 10/01/2013 si è costituita una ELYSIAN FX LTD (n.08355346, codice SIC: 6712) il cui Direttore è un altro membro della famiglia WASEEM: SAAD WASEEM ( in carica dal 07/02/2013 ). La sede di questa Società è in 1, High Street, Pewsey, Wiltshire, Inghilterra SN9 5AF.
L’ELYSIAN è ancora in fase di espansione. L’incubatore ricerca personale specializzato in Pakistan e (indovinate dove…) a Dubai. E’ ovvio, come recita l’annuncio che il personale dal Pakistan deve essere disposto a trasferirsi anche a Dubai. Insomma, Riaz è in cerca di proseliti ( o di complici) per le sue truffe.
Senza stare a dilungarci ancora sulla miriade di documenti derivante dalle nostre indagini, ci sentiamo di concludere per come segue:
1) Riaz, dopo le truffe “GFOREX”,  “CAPRICORN”, ha liquidato in fretta e furia la GTL TRADEUP australiana, mimetizzandola con la costola neozelandese che ha rinominato “QFOREX”;
2) la “QFOREX” assieme alle due società di nome “ELYSIAN” stanno preparando un’altra mega-truffa ai danni di ignari risparmiatori con base in Inghilterra e Nuova Zelanda, e da lì spiccare il “grande salto” verso gli Stati Uniti;
3) i componenti della banda di Riaz sono sempre liberi di truffare migliaia di risparmiatori occidentali  ed ancora oggi nessuno li ha fermati e buttati in galera per come meritano;
4) la base di Riaz è sempre a Dubai dove gli organismi internazionali dovrebbero attivarsi e smascherare il “protettorato” di cui gode con la confisca di tutti i beni suoi e dei suoi prestanome.
A margine una preoccupante riflessione. Riaz dalla sua residenza a Dubai (Villa-1004, 251 Murdif, UptownVillas Po Box 103831, Dubai) riesce a manovrare persone e soldi come se fossero burattini e noccioline. Ma che fine fanno questi soldi? Il dato numerico parla di una liquidità stimata di oltre cento milioni di dollari. Il dato oggettivo e storico parla che Riaz ha da tempo attenzionato i mercati occidentali come vittime delle sue azioni truffa (tranne qualche cinese incappato nella GTLTRADEUP). Ora se si unisce questo dato al tweet che ha postato rivolgendosi ad un gruppo politico pakistano, dove proclama: “Take a STAND against the enemies who are conspiring to destroy Pakistan!” (Prendere posizione contro i nemici che cospirano per distruggere il Pakistan!) ne viene fuori una terribile conclusione. Ricordate che il P.T.I., il partito a cui Riaz si riferiva nel tweet è un partito "rivoluzionario", che intende mantenere l'arsenale nucleare in Pakistan, non vuole aiuti da stati stranieri (in particolare gli U.S.A.), ed ha un programma nazionalista. Tenete presente che il terrorismo non si fa solo con le bombe, ma anche con le crisi economiche, rubando e sottraendo risorse e sconvolgendo gli equilibri finanziari delle nazioni.
Attenzione a Riaz, continuiamo a stargli dietro, incalziamolo fin quando non restituisce i soldi rubati, non diamogli respiro. Rompiamo la sua rete di malfattori e complici. Non si tratta di una semplice truffa. Se i nostri timori sono fondati qui c’è ben altro che una frode finanziaria.  
By Michele Barbera

venerdì 27 settembre 2013

GIUSTIZIA PER I RICCHI: LA PROTESTA DELL'AIAF PER LA TASSAZIONE DEI TRASFERIMENTI DI IMMOBILI IN ESITO A SEPARAZIONI E DIVORZI


La politica del governo continua assurdamente a penalizzare il settore della giustizia. Con l'intento sempre più palese di limitarne l'accesso ai cittadini meno abbienti.
Stavolta a cadere sotto la scure sono i riassetti patrimoniali dei coniugi in fase di divorzio e di separazione, sino ad oggi tassati con agevolazione.
Ecco il comunicato di protesta dell'AIAF SICILIA che ci sentiamo appieno di condividere e sottoscrivere:

                                                   COMUNICATO STAMPA

  La sezione della Sicilia dell’Associazione Italiana Avvocati di Famiglia,  riunita d’urgenza, ha esaminato la previsione contenuta nel decreto legge n.104/2013 con la quale viene soppressa l’agevolazione fiscale per i trasferimenti di immobili nell’ambito del riassetto del patrimonio della famiglia in esito a situazioni di separazione o di divorzio.
  L’AIAF  Sicilia si dichiara assai preoccupata per tale svolta fiscale che potrà condizionare incisivamente l’esito delle composizioni delle crisi familiari. Infatti, se oggi molte coppie preferiscono imboccare la strada della definizione consensuale o congiunta  per definire i termini della separazione o del divorzio è anche grazie alla possibilità di concordare trasferimenti di immobili senza incorrere in costi di registro che, altrimenti, potrebbero  rendere arduo il nuovo assetto, soprattutto laddove esistono difficoltà economiche (casistica assai diffusa).
   La previsione di cui sopra da una parte cozza con le intenzioni di salvaguardia delle famiglie deboli che è stata tanto invocata a proposito della questione IMU, dall’altra rimarca una politica complessiva poco incline a promuovere un’area di interventi a tutela della famiglia, sia pure nella fase di una crisi che è, pur sempre, una evoluzione dei rapporti e non una tomba.
   L’AIAF Sicilia fa voti affinché il Parlamento proceda alla modifica del decreto emanato e impegna l’AIAF nazionale a muovere tutti i passi necessari affinché il Governo stesso, riconsideri la questione e  adotti le modifiche necessarie in sede di conversione. Infine, l’AIAF Sicilia auspica di registrare il coinvolgimento di tutte le realtà associative che si occupano di famiglia e minori.
Catania 23 Settembre 2013
                                                                                                                             Remigia D’Agata Presidente AIAF Sicilia

martedì 17 settembre 2013

INCONTRI RAVVICINATI DI… PIPA


Capita anche questo.
Capita, cioè, che sei invitato ad una serata culturale. Che è una bellissima sera d’estate. Che dopo un interessante dibattito senti il bisogno di cinque minuti di relax. Che approfitti della pausa, ti allontani dalla sala, peschi dall’auto una bella pipa curva, la carichi di un trinciato dolce e speziato e cerchi un posto appartato dove goderti in santa pace la tua fumata solitaria.
E mentre pensi che sei solo, che nessuno possa vederti con la pipa e, additandoti come una bestia rara, chiamarti Sherlock Holmes, o, peggio, commissario Maigret, o, peggio del peggio, Perry Mason… e mentre ti stai gustando i primi sbuffi di fumo… ti accorgi che a pochi passi da te c’è… qualcuno.
Istintivamente togli la pipa di bocca. Ma poi ti accorgi che è un fumatore anche lui. Che anche lui ha smesso improvvisamente di fumare. Forse perché si è accorto di te.
Diffidenti, ambedue cerchiamo di capire chi è l’altro. E che cosa nasconde con la mano.
Poi ci guardiamo in faccia e sorridiamo. Lui è il giornalista “di città”, anche lui ospite del dibattito. Anche lui ha avuto bisogno di una pausa e… anche lui fuma la pipa. A quel punto il ghiaccio si scioglie e ogni diffidenza crolla.
I pipatori, razza nobile e generosa, in Italia sono ormai in estinzione.
Sopraffatti e soffocati dalle fanterie delle sigarette, dalle cavallerie dei sigari e dalle artiglierie del fumo elettronico.
E, forse, è l’unica razza in estinzione priva di ogni tutela, abbandonata a se stessa.
Così quando due pipatori veraci si incontrano è sempre una gioia. Chi fuma la pipa lo sa. La degustazione del tabacco è, forse, l’ultima cosa. Prima viene la pipa come oggetto, come cultura, come storia: la marca, il tipo, con o senza filtro, italiana o straniera, industriale o artigianale e così via… Poi è d’obbligo la disquisizione sui tabacchi: le mixtures inglesi, i latakia di Cipro o siriani, gli scozzesi, i danesi, gli americani… il perique… alla fine c’è spazio pure per il dignitosissimo trinciato “Italia”, con fughe timorose verso il “Trinciato Comune” o il “Forte”. Magari, se si è fortunati, c’è lo scambio delle miscele sul campo.
Il tempo passa mentre parli ed, alla fine, non ti accorgi che la pausa è finita. Il dibattito sta per ricominciare. Io e il mio nuovo amico, come due vecchi soldati, ci stringiamo la mano e ci accorgiamo che non abbiamo avuto neanche il tempo di fumarle, le nostre pipe.
Ma, si sa, con la pipa succede anche questo. Di volerla fumare, ma di non riuscirci ed essere lo stesso contenti ed appagati della bella chiacchierata. E, forse, anche questo è in via d’estinzione…

By Michele Barbera

domenica 15 settembre 2013

IL PIACERE DI LEGGERE: STORIE E LEGGENDE DI SICILIA di LUIGI NATOLI


Luigi Natoli (che scriveva con lo pseudonimo di William Galt) è stato un grande affabulatore, o, forse, uno dei grandi scrittori storici che la Sicilia abbia mai avuto. E’ famoso per il suoi “Beati Paoli”, ovvero la narrazione di quella setta segreta che a Palermo amministrava una giustizia rapida, feroce e violenta. A volte in contrapposizione con la giustizia ufficiale o per riparare i torti e le prepotenze dei signorotti di turno.
Ma Natoli, che oserei definire “pittore storico”, oltre a tracciare grandi affreschi, si è dedicato anche a “ritratti storici” che sono poi piccole e grandi vicende che, non meritando magari la prospettiva profonda di un romanzo, sono stati colti nella loro essenza, nel loro spirito in racconti brevi.
Così definisco il volume di Natoli “Storie e Leggende di Sicilia”, un luogo di incontro tra realtà e fantasia, tra mito e storia, che copre il lungo arco di circa sei secoli, dove capita di incontrare creature e personaggi che, magari, in epoche più recenti hanno avuto blasoni più reclamizzati (vedi ad esempio la storia di Zosimo, incoronato Re di Girgenti, ripresa da Andrea Camilleri in un suo romanzo).
E di Luigi Natoli credo che siano (anzi siamo) debitori molti scrittori, poeti e narratori contemporanei, che fanno propria, studiano ed analizzano la “sicilitudine”, ovvero quel complesso di comportamenti, caratteri, forme e metodi che nel tempo e nei secoli hanno plasmato la civiltà siciliana.
A differenza dei grandi storici e studiosi della civiltà siciliana, i quali hanno ritratto “in laboratorio” e registrato asetticamente i modi e le usanze del popolo siciliano, Natoli a quelle stesse usanze, tradizioni, leggende, miti, narrazioni, prigioniere talvolta di una “oralità” angusta e deformante, ha dato nobili vesti letterarie, romanzandone i contorni e rendendole più “sugose” (alla maniera di Manzoni) e più avvincenti.

By Michele Barbera 

sabato 14 settembre 2013

L’UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI MENFI CHIUDE I BATTENTI: BLACK OUT DELL’AMMINISTRAZIONE LOTA’





“…il loro cervel Dio lo riposi,
in tutt’altre faccende affaccendato, a questa roba è morto e sotterrato…”
I versi famosi del poeta Giusti appaiono calzare a pennello per commentare una tristissima vicenda su cui è calato il sipario. A nulla sono valsi gli sforzi e la mobilitazione che aveva sensibilizzato la precedente amministrazione comunale al problema della paventata chiusura dell’Ufficio del Giudice di Pace di Menfi.
In un silenzio che fa paura, nell’immobilismo più assoluto da parte dell’amministrazione attuale, cosa che dispiace veramente, si è consumato l’ultimo alito di speranza che poteva tenere in vita l’Ufficio del Giudice di Pace di Menfi.
Nonostante nei giorni scorsi si era parlato di conferire con il sindaco, visto e considerato che in consiglio comunale siedono ben cinque avvocati menfitani (La Placa, Mistretta, Pellegrino, Viviani, Lanzarone e scusate se ne ho dimenticato qualcuno), ci si aspettava che qualche barlume di protesta, un comunicato stampa, un’istanza al Ministero, una conferenza di servizi con il Presidente del Tribunale, insomma, qualcosa smuovesse il civico consesso e l’amministrazione, quantomeno “per occhio di popolo”.
Niente di tutto questo.
La cosa è passata e passerà sotto silenzio.
Se ne accorgeranno le centinaia di cittadini che debbono, per esigenze di giustizia (testimonianze, interrogatori, cause civili e penali) frequentare il Giudice di Pace che, arrendendosi all’evidenza, dovranno andare e venire da Sciacca. Se ne accorgeranno anche i consulenti tecnici, nonché i vari geometri, architetti ed ingegneri che dovranno giurare perizie.
Cui prodest? A chi giova che Menfi venga spogliato di questo ufficio?
Non lo so. Veramente. Altrove per difendere i presidii giudiziari si sono avuti gesti eclatanti (blocco di strade, consegna di fasce al Prefetto, occupazione locali). A Menfi niente.

Si vede che abbiamo altro per la testa. 
By Michele Barbera 

martedì 27 agosto 2013

IL PIACERE DI LEGGERE: “IL MESSAGGIO NELLA BOTTIGLIA” di JUSSI ADLER-OLSEN


Il romanzo di Adler-Olsen si inserisce a pieno titolo nel filone letterario nord-europeo di successo che potremmo definire non semplicemente “giallo”, dato che si tratta di un genere contaminato da forti pennellate noir e crime.
La trama è intrecciata in modo raffinato e suadente e si snoda in modo accattivante. Con il tratto caratteristico degli autori d’oltremanica, il romanzo, nelle pagine iniziali, pur di fronte all’evento drammaticamente delittuoso che fa esplodere la suspense, o forse proprio per questo, non pare avere fretta di arrivare alla soluzione. L’ispettore Mørck - della ormai seriale Sezione Q - sembra assorbito da mille ed altre faccende piuttosto che perdere tempo prezioso dietro un misterioso messaggio in bottiglia che, in modo quasi fortuito, piomba sulla sua scrivania. Eppure, come un incontenibile virus, quel messaggio catalizza, pagina dopo pagina, l’attenzione degli investigatori, e la narrazione passa rapidamente da un incalzante short-cutiniziale all’immagine multiforme e cangiante dei punti di vista dei diversi protagonisti, alimentandosi d’una non comune tensione narrativa. E così, mentre per l’ispettore Mørck, si alternano quotidianità difficili da reggere, relazioni problematiche, e problemi “collaterali”, il respiro fatale del mostro piano piano si ingigantisce, affonda i suoi artigli in una realtà chiusa ed insospettabile, tenta sino all’ultimo di sferrare colpi mortali, seminando una feroce scia di violenza, mentre Mørck ed i suoi moltiplicano gli sforzi per fermarlo.
Adler-Olsen, con il suo stile attuale e graffiante, si conferma campione nel ricreare e miscelare l’atmosfera cupa e cinica di chi agisce freddamente nell’ombra per commettere i suoi delitti e i toni quasi scanzonati ed umoristici di chi quei crimini deve combatterli. Abbiamo detto, e ribadiamo, crime, perché nel libro non c’è solo il giallo canonico alla Van Dyne, per così dire. Anzi. Semmai, c’è un risvolto antropologico che scolpisce i personaggi a tutto tondo mentre il crimine viene dissezionato crudamente in tutte le sue componenti, come un devastante puzzle che deve essere ricomposto a forza, partendo da una prospettiva iniziale che separa in modo netto il delitto da ogni ipotesi immediata di interesse investigativo: Mørck ingaggerà la sua lotta all’ultimo respiro solo quando lo scenario sarà maturo, coinvolgente, e sarà quasi lo stesso lettore a spronarlo perché cessi la spirale di brutale violenza che avvolge vittime impotenti.
Il finale? Ovvio che non è giusto svelarlo per non tradire le aspettative dei lettori, ma sappiate che non c’è nulla di scontato. Fino all’ultima pagina.
Michele Barbera