venerdì 24 aprile 2020

CORONAVIRUS? NO, NON E' UGUALE PER TUTTI


Questo post - in un certo senso - non mi appartiene. Non avrei mai avuto la spinta a scriverlo se non avessi letto un articolo, intelligente ed arguto come sempre, di Roberto D'Agostino, giornalista gossipparo, certo, ma dalla scrittura intelligente e satiricamente raffinata. 
Dalle parole di D'Agostino è venuta fuori la voglia, una volta per tutte, di denunciare l'ipocrisia edulcorata di certi "VIP" che ci inondano di video, messaggini, cinguettii e si improvvisano nostri compagni di avventura, anzi di sventura, all'insegna del "ce la faremo" e del "siamo tutti insieme sulla stessa barca". 
No, non è così, cari VIP dei miei stivali. 
Non siamo tutti uguali, ed il virus non è diventato un improvviso equalizzatore della vita sociale, né la quarantena la stiamo vivendo allo stesso modo. 
C'è chi se la sta spassando su yacht chilometrici e fantamilionari, chi in ville da sogno, chi svolazza in jet privati, tutti serviti e riveriti, e chi sta facendo la fame, chi fa turni massacranti negli Ospedali, chi vive in micro-appartamenti, chi è costretto a lavorare con la paura addosso di incappare nel virus, chi muore in ospizi, divenuti anticamere dell'aldilà. 
No, non siamo tutti uguali. 
Ed allora, meno ipocrisia sui social, su facebook e su tutta la rete. 
Non me ne frega niente dei capricci del gatto della fashion blogger, degli esercizi nelle palestre delle ville e dei balletti improvvisati a bordo piscina, delle tute sponsorizzate dell'ultima moda. 
Vergognatevi. 
La disperazione della gente che si sfoga sulle terrazze dei casermoni popolari, quello sì che mi tocca. Perché, al di là del gesto stupido ed irresponsabile, è il segnale che qualcosa si è rotto, che il disagio è border line
Seguo con apprensione, come la gente normale, i progressi dei laboratori di ricerca, guardo con timore alle sporche manovre delle multinazionali che si vogliono accaparrare il vaccino, mi chiedo con orrore, e forse non avrò mai una risposta, se questo virus è naturale o frutto di manipolazioni. 
Ecco cosa è importante. 
Piango le file dei camion che hanno portato le bare dei morti, le salme di sconosciuti seppelliti in fosse comuni, e non chiamatemi patetico. Perché di patetico non c'è nulla in centinaia di persone che muoiono ogni giorno in questa civilissima Italia ed in migliaia che vedono cancellate le loro esistenze in tutto il mondo, perché sono senza assistenza e non possono curarsi. 
Non me ne frega niente del colore politico, ma ammiro coloro che per ora sono ai vertici dei governi e delle amministrazioni, con le loro decisioni difficili da prendere, di fronte ad un nemico invisibile e spietato, di fronte alla miseria che incombe sui popoli, di fronte ad un evento storico che lascerà cicatrici difficili da rimarginare. 
Ecco cosa mi interessa, cosa conta realmente. 
Non me ne frega nulla di cosa mangerà oggi il tale attore, o che mutande indosserà la cantante famosa, opportunamente rifugiatasi all'estero, in qualche atollo esclusivo. 
Quello che chiedo a questi signori è di interessarsi a cosa conta realmente per la gente e di impegnarsi con tutto il loro prestigio (vero o apparente che sia), le loro strabocchevoli risorse, materiali e morali, perché le Nazioni collaborino, in modo serio, sano e trasparente, al benessere del mondo.
Pensate seriamente agli altri come soggetti umani, non come fan o come pubblico da spremere e da sfruttare per la vostra avidità di successo e di soldi.  
Questa non è politica, ma umanità.
Solo così vi renderete uguali a noi, nel condividere il disagio di chi deve impegnare l'anello di fidanzamento per potere sbarcare il lunario e pagare l'affitto e le bollette arretrate. 
Per il resto, credetemi, per i vostri trastulli, ci sarà sempre tempo.
By Michele Barbera 




sabato 18 aprile 2020

LA GERMANIA BATTE LA PROPRIA MONETA AD USO INTERNO: IL SUPER "EURO"?


L'altro giorno avevo commentato l'iniziativa partita da un qualificato movimento politico e scientifico di azionare il "volano" di una moneta interna al contesto siciliano per incentivare una reale ripresa economica della Sicilia, ma i tedeschi... ci hanno battuto sul tempo. 
Per la verità, la notizia non è così nuova, già dal 2016, per "uso collezionistico" la Germania ha ideato una moneta da cinque euro di valore nominale per utilizzo interno sul territorio tedesco. 
La "passione" per la numismatica ha fatto sì che quei 250.000 pezzi fossero prenotati in un batter d'occhio. 
Qualcuno, celiando, disse che era una "bufala" internettiana.
Ora la faccenda è diversa. 
Perché quella moneta oggi è stata battuta in 2 milioni di pezzi
I conti sono presto fatti. La nuova moneta equivale ad un contante di DIECI MILIONI DI EURO.
In pratica la Germania farà circolare al suo interno dieci milioni di euro senza incidere minimamente cui "conti ufficiali". Senza considerare i 250.000 pezzi che equivalgono a 1.250.000,00 euro. 
Una sorta di "zecca" in nero, senza i controlli della BCE. 
Possiamo parlare ancora di "collezionismo"?
No. Specialmente se questa emissione fosse solo il preludio di altre e ben più sostanziose manovre di tipo monetario. 
Senza voler indugiare in esempi di scuola, l'effetto "leva" di dieci milioni di euro è proporzionale alla loro circolazione ed, alla fine, l'impatto che avrebbero sul mercato interno è stimabile in 70-100 milioni di euro immessi nel circuito macroeconomico. Che i tedeschi potrebbero utilizzare al meglio, senza gli intralci dell'Unione Europea. 
Non ci stupiremmo se tale moneta entrasse in un circuito parallelo all'euro ufficiale, anche oltre i confini teutonici, con effetti inflattivi di non poco conto.  
Ci stupisce come la BCE o la Commissione Europea non abbiano battuto ciglio. 
Il rischio serio è che tale emissione "strumentale" di moneta possa essere seguita da altre Nazioni, a cui - evidentemente - la Germania non potrebbe opporsi. 
Assisteremmo ad un paradosso monetario, in cui la moneta ufficiale (euro) farebbe concorrenza a se stessa in una vorticosa spirale autodistruttiva. 
Ciò senza considerare gli effetti negativi sul valore ufficiale dell'euro che perderebbe la sua stabilità nei confronti del dollaro e delle altre monete "estere". 
La Germania non può fare di testa sua e dirsi "europeista" a convenienza. 
Manovre come questa fanno traballare pericolosamente la stessa esistenza dell'Unione. 
Ultimo, ma non ultimo, il "supereuro" non riporta in alcun modo alcun riferimento europeo. Da un lato c'è l'aquila, simbolo veterotedesco. Dall'altro il mondo. Viene emessa dalla "Bundesrepublik Deutschland". 
Meditate, gente, meditate.
By Michele Barbera

martedì 14 aprile 2020

LA SICILIA VUOLE RIPARTIRE: LIQUIDITA’ E CARTA MONETA PARALLELA PER IL RILANCIO ECONOMICO



È storia nota che la Sicilia, da sempre, ha dovuto soffrire le decisioni di altri, in politica, economia e non. 
Dopo la nascita della Repubblica, lo Statuto Siciliano e l’autonomia, sono stati per decenni, lo specchietto delle allodole, con cui rabbonire ogni scatto d’orgoglio ed ogni iniziativa non "coordinata” con il Governo centrale o, peggio, con i diktat europeistici. E quando la politica sovraregionale non faceva leva sul guinzaglio degli “aiuti” economici, l’argomento con cui zittire i siciliani è stata sempre la mafia: si veda, da ultimo, cosa è successo con i media tedeschi che ritengono giusto negare gli aiuti d’Europa alla Sicilia perché finiscono in mano alla mafia.
È un perverso circolo vizioso, che penalizza la Sicilia onesta, che vuole produrre ed investire. Non solo, ma fa diventare la Sicilia terra di “colonialismo finanziario”, dove gli investimenti leciti e da promuovere, costi quel che costi, sono sempre quelli che vengono “da fuori”. Il che produce devianze e distorsioni nel tessuto economico.
Mai ciò è stato vero come di questi tempi.
La Sicilia (e i siciliani) sono stati tacciati, da certi media, di “nullafacentismo”, tanto che se il virus “COVID-19” non ha devastato e decimato gli abitanti dell’Isola, ciò è dovuto al fatto che al Sud non si lavora e, quindi, la gente sta a casa!
Lo sciovinismo settentrionalista ripete il clichet. Salvo dimenticare che l’ossatura delle catene di montaggio del nord è fatta di operai meridionali, che il Regno delle Due Sicilie aveva riserve auree incommensurabilmente maggiori rispetto al regno piemontese, che se ne appropriò inopinatamente, che l’emigrazione intellettuale dall’Isola ha fornito al Nord cervelli di prim’ordine, etc..
Il fatto, però, è proprio qui: si è creata una “questione meridionale”, infarcita di falsità storiche e sociali, proprio allo scopo di inculcare al Sud, Sicilia in testa, una subcultura assistenzialista, da ruota di scorta del sistema produttivo italiano.
Prof. Massimo Costa
Per fortuna, le migliori risorse dell’Isola non si rassegnano a questo stato di cose. Emergono, in modo multidisciplinare, iniziative e progettualità tese allo sviluppo complessivo dell’Isola, come “Sistema Sicilia”.
Prof. Sergio Bossone
Un'interessante proposta viene da autorevoli personalità del mondo accademico ed economico, fra cui il prof. Massimo Costa, Docente di Economia all’UNIPA ed il prof. Sergio Bossone, top manager bancario che ha svolto anche la funzione di Ragioniere Generale della Regione Sicilia. Il progetto è stato supportato dal movimento politico “Siciliani Liberi”, con il Segretario Nazionale Prof. Arch. Ciro Lomonte, che ne ha condiviso le finalità e la praticabilità, oltre che l'urgenza nell'applicazione.
Prof. Ciro Lomonte
Il progetto si fonda sull’applicazione effettiva dello Statuto Siciliano che all’art.41 autorizza il Governo regionale ad emettere “prestiti interni”, che cioè abbiano “circolazione” solo all’interno del territorio regionale.
In concreto, il progetto prevede l'emissione da parte della Regione di un titolo di prestito pari a 12 miliardi di euro che verrebbe acquistato dall’IRFIS Sicilia.
L’IRFIS, a sua volta, distribuisce e suddivide il numerario in “moneta elettronica” (carte) o anche “titoli” (carta moneta o similari) spendibili all’interno della Regione Sicilia, il che avrebbe come effetto immediato una potentissima ed efficace iniezione di liquidità (12 miliardi di euro) nel sistema produttivo e commerciale siciliano e solo all’interno di questo.
L’esperienza non è nuova (la Regione Sardegna da tempo ha adottato il “sardex”) E FUNZIONA.
Infatti, in un macrosistema economico più il denaro circola, più – in modo esponenziale – crea beni, servizi e ricchezza, oltre a stimolare la capacità produttiva ed allineare domanda ed offerta.
Il sistema distributivo della Carta Moneta Siciliana richiama quello dell’helicopter money, in cui le risorse, proprio per evitare disparità o discriminare gli utenti, vengono distribuiti in modo egualitario tra tutti i possibili fruitori, sia imprenditori, lavoratori dipendenti ed autonomi, che comuni cittadini, con criteri che possono variare dalla sussidiarietà sociale, all’incentivo economico.
Il sistema dell’“helicopter money” garantisce una pronta fruibilità del denaro, svincolato da formalità e rendicontazione, ma la spesa sarebbe comunque garantita all’interno della Regione Siciliana, in modo che a beneficiare dell’effetto “moltiplicatore” siano gli operatori economici e le famiglie che risiedono nella Regione Sicilia.
Peraltro, proprio a motivo della pandemia in atto, i patti di stabilità sono sospesi e, dunque, un’operazione come quella proposta da un lato attutirebbe gli effetti negativi della crisi economica dovuta al coronavirus, dall’altro segnerebbe una politica economica espansiva dal forte impatto sul circuito economico siciliano, senza conseguenze negative sulle politiche di bilancio.
Come diceva quel saggio, da ogni difficoltà bisogna saper trarre un’opportunità. Il che, in tempi di coronavirus, non può che fare riflettere.
By Michele Barbera

lunedì 6 aprile 2020

I Contemporanei di Sicilia: Michele Barbera, a cura di José Russotti e "Fogghi Mavvagnoti"


Meritevole, e fin troppo generosa, la recensione bio-bibliografica di José Russotti e della Redazione di “Fogghi Mavvagnoti”, che ringrazio veramente di cuore. M.B.

In questi tempi laceri e volgari, la figura di Michele Barbera emerge statuaria come una eccellenza di spiccato rilievo. Intellettuale raffinato e schivo. Un uomo di cultura che tanto ha dato alla letteratura e al teatro siciliano.
“…La sua è una poesia della memoria, che genera pensiero e induce alla riflessione. I versi di Michele Barbera sono quanto mai profondi, attuali e meditativi. La sua è una poesia emozionale, carica di energia, a tratti drammatica, con slanci di forte caratura sociale e di protesta. Il poeta scava nelle macerie di una società fragile e desolata, accoglie e celebra nell'ossimoro dolore-speranza i richiami del vissuto quotidiano, esalta le sensazioni del metaforico incontro dell'animo sensibile con il mondo. Il respiro lirico è universale, percorso e temperato in un intimistico diario dello spirito, un soliloquio a più voci, che disorienta gli ordinari limiti della ragione, concedendo alla memoria voli diacronici, orizzonti vivi e lontani da manierismi estetici. È una poesia che compenetra la realtà, immersa in ritmi apotropaici e flussi esistenziali liberi di avvincere il lettore…”
Michele Barbera nato a Castelvetrano (TP) nel 1969, vive e opera a Menfi (AG). Oltre ad essere avvocato cassazionista, ex magistrato onorario e libero docente è, indubbiamente, un fine poeta, scrittore e saggista, con all’attivo numerosissime pubblicazioni e collaborazioni con diversi periodici sparsi sul territorio nazionale.
Ha coltivato con instancabile intensità le doti letterarie, scrivendo saggi, raccolte di racconti, romanzi, poesie e testi teatrali, ottenendo per i suoi lavori decine di riconoscimenti, premi nazionali ed internazionali in Italia ed all’estero.
Ha curato monografie e testi critici: Goethe in Sicilia; Le dottrine totalitarie e Padre Massimiliano Kolbe; La quinta rivoluzione monetario: dal baratto al bitcoin. Per la narrativa, fra l’altro, ha pubblicato: Neri di Sicilia, (2009); Qualcosa di importante, (2011); In punto di morte, (2011); Esame incrociato, (2011); Il testamento di Vantò, (2013); Racconto d’autunno, (2013) Tredici sequenze in due tempi, (2014). Ha scritto fiabe e racconti per l’infanzia: Lucillo ed il Drago Mangiatempo, Ultima Frontiera, Raggio di sole, Il giorno che non venne mai, Totino ed il mare di notte. È autore dei gialli Colpe apparenti, (2015); La luna scomparsa, (2016).
Per il teatro ha scritto: Tutta colpa della libertà, (2014); Vederci chiaro e Cronache spoglie di uno psiconauta, (2014) oltre al monologo Io e Wally.
Al centro dell’intensa attività letteraria di Barbera c'è sempre stata, costante, anche la poesia. Ha scritto decine di liriche sia in lingua italiana che in lingua siciliana, ultimando tre sillogi: Voci nel buio, (2014); Orizzonti sospesi, (2016); Stagione di memorie fragili, (2018). Sue poesie singole sono pubblicate in diverse antologie sia in lingua italiana che in lingua siciliana. Attualmente sta definendo una silloge in lingua siciliana.
È suo il blog di letteratura, cronaca ed attualità, “L’altra storia”.
Per la sua attività ha ricevuto premi e riconoscimenti in tutta Italia ed all’estero. Nel 2012 ha vinto a Milano il Premio Nazionale di Scrittura Digitale Creativa. Ha pubblicato il racconto Linda Stevens (Selezione Storie Fantastiche), Racconto d’autunno ha ricevuto la Menzione Premio Internazionale Heritage; la fiaba Lucillo ed il Drago Mangiatempo è stata finalista al Premio Nazionale Perrault. Nel 2014 l’autore ha ricevuto in Svizzera una Menzione speciale per l’opera Raggio di sole. Nello stesso anno è finalista al Premio La Valle delle Storie con l’opera Ultima frontiera.
Il romanzo Il testamento di Vantò, oltre un lusinghiero gradimento del pubblico e della critica, ha ottenuto numerosi riconoscimenti, fra i quali, la Targa Premio Elimo Vate - Memorial Ruggirello (2013) ed il Premio Speciale Kaos, Festival dell’Editoria (2014). Il romanzo ha pure vinto la 3ª edizione del Premio Nazionale Letterario Nero su Bianco, Mino De Blasio, Provenzalino d’oro nella sezione Opere Edite. È stato selezionato quale Opera Finalista nel prestigioso Premio Nazionale Zingarelli. Infine, l’Associazione TeatrOltre di Sciacca (AG)d ne ha fatto un adattamento per una lettura drammatizzata.
Sulla sua attività letteraria hanno scritto, tra gli altri: Luca Colombo, Laura Pieroni, Lucio Rende, Joseph Cacioppo.

Lu tempu passa (Prima classificata - Fogghi mavvagnoti, 2019)

Li jorna cadunu, sunnu
fogghi ‘mmbriachi di ventu:
senza risettu e cangiamentu.
‘Nna vota, nivura comu la pici era la miseria,
li valiggi cu lu spacu, pani di casa
e la testa ‘nfusca, la manu chi trimava.
L’urtima taliata a lu funnacu, li lacrimi
sciugghianu li cori e attaccavanu li lingua.
A la fini, la porta si chiuria.
Lu jornu appressu lu celu paria di n’avutru culuri,
la faccia ammucciata sutta la coppola
e lu ferribotto cu ‘un arrivava mai.
Oj, chi cangiau? Oj, chi li picciotti,
allittrati e bonu vistuti, cu li giacchi stritti,
votanu li spaddi a lu paisi, carricanu ogni
spiranza e diventanu forasteri.
Lassanu sta terra ‘mpastata di chiantu e fami,
pigghianu l’apparecchiu e volanu appressu
a la sorti, a la vita amara chi li stravulia
e svacanta li strati e li casi, a la bona vintura.
Patri e matri suspirannu
s’arrunchianu li spaddi.
‘Nsilenziu, lu cori nicu nicu,
comu n’aciduzzu, la matri.
Chiangiri ‘un servi a nenti e porta
malauriu, dici lu patri.
Ma ‘nna lu cori nutria la spiranza,
‘nna malatia terna e senza cura.
Talianu la porta chiusa e aspettanu.
Aspettanu, lu tempu chi passa.

Il tempo passa
I giorni cadono, sono / foglie ubriache di vento: / senza calma e cambiamento. / Una volta, c’era la miseria nera come la pece, / le valige con lo spago, pane di casa / e la testa confusa, la mano che tremava. / L’ultimo sguardo al fondaco, le lacrime / scioglievano i cuori e legavano la lingua. / Alla fine, la porta si chiudeva. / Il giorno dopo, il cielo sembrava di un altro colore, / il viso nascosto sotto la coppola / ed il battello che non arrivava mai. / Oggi, cos’è cambiato? Oggi, che i giovani, / acculturati e benvestiti, con gli abiti attillati, / girano le spalle al paese, caricano ogni / speranza e diventano stranieri. / Lasciano questa terra intrisa di pianto e fame, / prendono l’aereo e volano dietro / il loro destino, alla vita amara che li stravolge / e svuota le strade e le case, in cerca di un buon futuro. / Padre e madre sospirano, / stringono le spalle. In silenzio, il cuore piccolo piccolo, / come di un uccellino, la madre. / Piangere non serve a niente e porta / malaugurio, dice il padre. / Ma nel cuore nutre la speranza, / come una malattia eterna e senza cura. / Guardano la porta e aspettano. Aspettano, il tempo che passa.


Disiu (Prima classificata - Fogghi mavvagnoti, 2017)

Ascutati. Di lu funnu di lu mari
comu acchiana lenta, pari ‘na cialoma,
ti sventrica lu cori e cchiù nun si può firmari.
Parti di luntanu, di ‘natra terra,
‘ndrabbanna lu mari, ciavuria di zaara e lumuna,
parfuma di sarmastru e gersuminu.
Accussì forti e suppili, chi ti pigghia ‘ntesta
e ti ‘mbriaca, comu lu vinu dintra lu varliri.
E io mi votu e svotu, senza paci, ‘nta lu jazzu,
aiu ‘nna stramera ‘ntesta, ‘un ‘rraggiunu
‘cchiù, m’arriducivi un pazzu.
Chi è ‘ssa cosa chi mi turmenta la vita?
‘Ssu pisu chiummu, misu a lu sceccu
comu un iucu, ‘nna sacchina china di petri,
chi mi scancara l’ossa e li spaddi,
comu ‘nna cruci ‘ncoddu mi la sentu
e ‘ntesta ‘nna curuna di spinasanti.
‘Nun sacciu chi dirivi, caru cumparuzzu meu,
‘nna traggedia ranni, ‘nun c’è ‘cchi ddiri,
ma ascutati a ‘mmia, c’aiu li capiddi bianchi,
scurdativilli ‘ssi du ucchiuzza lustri,
ca parinu ‘ddu stiddi a l’agghiurnari,
‘ssa pittorina trugghia comu un davanzali
chinu di rosi e ciuri a lu sbucciari.
Lu sacciu cch’è dura pusari sa busacca,
‘ca puru ‘nsonnu vi l’abbrazzati stritta stritta
pinsannu ca fussi idda, arma di celu biniditta,
e ‘nveci siti sulu, puviru sbinturatu,
‘nna maaria di fimmina vi fici ammalari,
pacienza, angilu miu,
chissu è amuri e nenti ci putiti fari.

Desiderio
Ascoltate. Dal fondo del mare / come sale lenta, sembra una nenia di marinai / ti colpisce al cuore e non si può fermare più. / Parte da lontano, da un’altra terra, / dall’altro lato del mare, odora di zagara e limoni, / profuma di salmastro e gelsomino. / Così forte e sottile, che sale in testa / e ti ubriaca, come il vino dentro il fiasco. / E io mi giro e rigiro, senza pace, nel letto, / ho una confusione in testa, non ragiono più / mi sono ridotto come un pazzo. / Che cos’è che mi tormenta la vita? / Questo peso come piombo, messo all’asino / come un giogo, un sacco pieno di pietre, / che mi sconquassa le ossa e le spalle, / me la sento come una croce addosso / ed in testa una corona di rosaspina. / Non so che dirvi, caro compare mio, / una grande tragedia, non c’è che dire, / ma ascoltate me che ho i capelli bianchi, / dimenticateveli quegli occhietti lustri, / che sembrano due stelle all’alba, / quel petto rigoglioso come un davanzale / pieno di rose e fiori appena sbocciati. / Lo so che è difficile posare questa bisaccia, / che persino in sonno ve l’abbracciate stretta stretta, / pensando che fosse lei, anima di cielo benedetta, / e invece siete solo, povero sventurato, / una stregoneria di donna vi ha fatto ammalare, / pazienza, angelo mio, / questo è amore e non ci potete fare niente.


‘A rizzagghiata (Menzione d'Onore - M. Costa, 2017)

M’aiu a godiri la friscura di stasira. ‘Na carmaria
chi risetta l’arma e astuta ogni vampa di trumentu.
Stancu e straccu, m’assettu ‘ncapu un muru di tistetti
‘nni lu curtigghiu ‘nturniatu di scali e strati stritti.
A lu lustru di luna m’accordanu puru li cicali
chi zurlianu cuntenti e parunu biulina stunati.
C’è chi vogghiu calari ‘nna vota e bona
lu rizzagghiu, vidilu scinniri a pisu chiummu,
cogghisi tutti li malummira, li ‘mpinciuna,
lu malustari e puru la sfurtuna di stu munnu.
Scinni lu rizzagghiu, affunna chi t’affunna,
s’allarga, pari chi si ‘nserra e poi si rapi,
nenti ci pò scappari dintra lu me cori:
riordi nivuri e scantura scurdati, fitti
‘nta l’ossa e chiantura allacrimati.
Cogghi, cogghi lu rizzagghiu, l’amaru
di sta vita trubbuliata, li spiranzi addimurati,
senza ‘mpinciri ‘nta li scagghiuna
di la genti favusa e cascittuna, bona a fari
‘mpidugghiaperi e malacunnutta a cummininienza.
Bonu, bonu! Lu rizzagghiu è chinu a tinchitè,
c’è di svacantarlu ‘nta li zimmila di crîna,
jttari tuttu ‘nta lu focu, luntanu, se cosa
anniarlu ‘nni quacchi gibbiuni funnutu.
Poi fazzu li me cunti: chissa è la me vita.
Tra malu stari e malu a veniri, aiu avutu
puru la me furtuna. Chiamatila Pruvidenzia,
comu sia sia; anchi a vutarimi li spaddi,
m’à tinutu sempri pi manu, idda ammuttannu
e je tirannu, ‘nta l’acchianati e li scinnuti.
Ora, tinta o bona ‘sta sorti mi la tegnu.
Lassu lu rizzagghiu: la pica maistra si ‘nturciunia
e po’ s’allasca, liberannu li me affanni.
Chi silenziu! Rapu e chiuru l’occhi:
arrestu alluccutu a taliari lu celu chi s’ allustrau.
Stà agghiurnannu e mi sunnai tuttu.
Mi susu e arrunchiu li spaddi suspirannu,
m’abbiu a la casa mezzu addummisciutu
e li guaj c’aiu ‘ncoddu unni li vaiu pinsannu.

La retata (1)
Mi devo godere il fresco questa sera. Una calma / che acquieta l’animo e spegne ogni fiamma di tormento. / Stanco e sfatto, mi siedo sopra un muro di conci di tufo, / nel cortile circondato di scale e strade strette. / Alla luce della luna mi seguono pure le cicale 7 che friniscono contente e sembrano violini stonati. / C’è che ho voglia di calare una buona volta / il giacchio, di vederlo scendere pesante come il piombo, / per raccogliere tutti i fantasmi, gli ostacoli, / il mal stare e pure la sfortuna di questo mondo. / Scende il giacchio, affonda e affonda, / s’allarga, sembra che si stringe e poi si apre, non gli può scappare nulla dentro il mio cuore: / ricordi neri e spaventi dimenticati, dolori / nelle ossa e pianti lacrimosi. / Coglie, coglie il giacchio, l’amaro / di questa vita travagliata, le speranze disilluse, / senza impigliarsi nelle fauci aguzze / della gente falsa ed infame, buona a fare / inganni e azioni cattive a convenienza. / Basta, basta! Il giacchio è pieno a iosa, / bisogna svuotarlo nelle gerle di erica, / buttare tutto nel fuoco, lontano, se del caso / annegarlo in qualche fossato d’acqua profondo. / Poi faccio i miei conti: questa è la mia vita. / Tra male presente e male futuro, ho avuto / pure la mia fortuna. Chiamatela Provvidenza, / come sia sia; anche a voltarmi le spalle, / mi ha tenuto sempre la mano, lei spingendo / ed io tirando, nelle salite e nelle discese. / Ora, brutta o buona, questa sorte me la tengo. / Lascio il giacchio: la corda maestra si attorciglia / e poi si allenta, liberando i miei affanni. / Che silenzio! Apro e chiudo gli occhi: / rimango come un allocco guardare il cielo che schiarisce. / Sta facendo giorno e mi sono sognato tutto. / Mi alzo e stringo le spalle sospirando, / mi avvio a casa mezzo addormentato / ed i guai che ho addosso non li vado pensando.

(1) La “rizzagghiata” è una forma di pesca con una particolare rete rotonda, appesantita da piccoli piombi che in italiano si chiama giacchio.


sabato 4 aprile 2020

OMAGGIO AD ALDA MERINI: L’ACCADEMIA DEI BRONZI DÀ IL VIA ALLA IX EDIZIONE DEL PRESTIGIOSO PREMIO


…la poesia ti domanda
e bastava una inutile carezza
a capovolgere il mondo.
(A. Merini, Non voglio dimenticarti, amore)

Un grande plauso a Vincenzo Ursini, giornalista e mecenate della cultura, ed alla Nuova Accademia dei Bronzi che, anche per quest’anno, ripropongono a tutti i poeti, italiani ed
anche stranieri, l’invito a partecipare ad una delle manifestazioni più prestigiose dedicate a Alda Merini. La kermesse, di altissimo livello culturale, è diventata il punto di riferimento di centinaia di poeti di ogni provenienza che convengono a Catanzaro per una giornata d’incontri e di approfondimenti su Alda Merini, nonché per l’emozionante reading delle poesie in gara affidato a lettrici e lettori di fama nazionale.
Una Giuria di qualità, la raffinata location e la perfetta e rigorosa organizzazione assicurano la bontà e la riuscita della manifestazione e l’elevato risultato qualitativo del Premio.
Come bene ha scritto il prof. Mario Donato Cosco, membro della Giuria congiuntamente a Vincenzo Ursini, Antonio Montuoro, Mauro Rechichi e G.Battista Scalise, “leggere i versi di Alda Merini è come bere, a lunghe sorsate, la vita stessa. Sono il sollievo dei nostri momenti di mestizia o d’inquietudine: le sue parole ci fanno compagnia e ci aiutano a superare il guado delle nostre difficoltà e preoccupazioni”.

L’antologia dei poeti, che la scorsa edizione era significativamente intitolata “Buongiorno
Alda”, seleziona le opere più meritevoli ed assicura piacevoli momenti di lettura e di attenzione alla poesia contemporanea. Un volume che ha ospitato, per l'edizione 2019 centinaia di autori in modo attento e con taglio editoriale elegante.
Il M° Michele Affidato 
Altrettanto prestigiosi i premi consistenti in targhe create dall'arte orafa del Maestro Michele Affidato che, fra l'altro è stato anche l'autore dei riconoscimenti del Festival di Sanremo, realizzando un'opera che rappresentasse il Paese, in occasione della celebrazione del 150° Anniversario dell'Unità d’Italia. 
Accanto al Premio in sé, infatti, l’Accademia promuove l’effettiva conoscenza dei poeti sulla stampa ed affida ad una sentita campagna mediatica, le opere che maggiormente si sono distinte.

La partecipazione diventa, così, occasione di incontro e di scambio culturale tra correnti di poesia diversa all'insegna dei valori universali di progresso sociale e culturale.
Ciò è supportato anche dalle numerose attività che l’Accademia dei Bronzi promuove costantemente durante tutto l’anno per la diffusione della buona poesia.  
Di seguito troverete il bando che potete estrarre anche al link del sito della Nuova Accademia dei Bronzi.
By Michele B.