martedì 23 aprile 2019

23 APRILE: GIORNATA MONDIALE DEL LIBRO


Di fronte ho le immagini degli attentati nello Sri Lanka. Poi le macerie dell'incendio di Notre Dame, ed ancora le stragi di cristiani in Nigeria. Ancora guerre, conflitti, catastrofi. Un mondo dilaniato, percosso, offeso. 
Che senso ha, mi chiedo, celebrare la giornata del libro? Di qualcosa che rappresenta l'apice della intelligenza umana, quando la barbarie sembra aver preso il sopravvento?
O piuttosto, forse, di fronte a questi angoscianti interrogativi, la giornata del libro, della cultura, dell'informazione, del progresso vero, reale e buono, rappresenta l'ultimo baluardo della civiltà?
Siamo custodi di questo mondo, non i padroni, come insegna quel vecchio proverbio indiano e come dovrebbe suggerire la nostra saggezza. 
Ed invece, assistiamo alla stupidità dell'orrore, che celebra i suoi riti selvaggi con le guerre, con il terrorismo vigliacco e sanguinario. A ciò si aggiunga la miopia del profitto che saccheggia la Natura come se si trattasse di uno scaffale di un qualsiasi supermarket.
La Terra è una e uniche solo le vite degli uomini che l'abitano. 
Un messaggio forte, chiaro, universale: RISPETTO. 
Rispetto per noi, per gli altri, per ciò che ci circonda. 
Penso che se questa Giornata del Libro ha un senso, questo deve essere racchiuso in questa magica parola: RISPETTO. Che deve echeggiare nelle coscienze di tutti gli uomini, senza differenza di idee, sesso o religione. 
Rispetto, che unisce gli uomini di tutte le culture, che diffonde la conoscenza ed il desiderio di stare bene con gli altri. 
E che i libri siano i nostri compagni fedeli nel cammino di pace dell'umanità.
By Michele Barbera 



sabato 13 aprile 2019

TANTU VA LA QUARTARA ALL'ACQUA..., POESIE DI PIPPO GRAFFEO

Nella cultura popolare di Menfi, Pippo Graffeo, da tempo, merita un posto di rilievo. La sua passione per il teatro, il suo istrionismo, ma anche il profondo studio e la sua cultura della "sicilianità" sono doti non comuni che ne fanno un singolare interprete della contemporaneità. 
L'ho incontrato, quasi per caso, assieme all'attore menfitano Nino Sanzone, e l'ho visto trepidante quando mi ha fatto dono di un suo libretto, di semplice tratto editoriale, che non è solo di poesie, ma è un unicum di tradizione, cultura del popolo, versi, arguzie e calembour degni della migliore tradizione della commedia dell'arte. 
Come scene di un improvvisato canovaccio di tempra goldoniana, le pagine di Pippo scorrono fra le mani in un tripudio di versi, rime, giochi, talvolta irriverenti e "burrascosi", conditi dalla sana ironia di chi ha nelle vene il sentimento del prendere la vita in gioco e non farsi prendere in gioco dalla vita. 
Con considerazioni niente affatto superficiali, dopo una fantasiosa ed irriverente prefazioncina, nella "nota d'autore" Pippo rivela il suo amore profondo per la cultura: nutro fortemente la speranza  che questo nostro dialetto sia rivalutato e sopratutto rilanciato, attraverso le scuole e quelle istituzioni che hanno la forza e i mezzi per poterlo fare. Il dialetto è l'anima di un popolo, è la radice che fornisce l'energia vitale per conservare la propria identità culturale". 
Già Dialetto o Lingua?
La querelle anima da tempo un dibattito filologico che è ben lungi dall'essere risolto. 
Pippo non  lo risolve, o, forse, lo risolve a modo suo, che è quello della verità giullaresca, del drammatico che si fa comico, del quotidiano che sprofonda nell'umorismo tragico pirandelliano. Offre pensieri, spunti, materiali, sentimenti raccolti e sgorganti dal genius loci, dalla coscienza collettiva che tramanda un proprio sapere, lontano dalle fredde aule accademiche.
Pippo Graffeo
 
Il poeta è figlio del popolo, dell'anima del suo popolo, che nasce nelle strade, nel curtigghiu, che vive d'esperienza e con l'esperienza tempra il carattere. 
Graffiante, colta e lucida, la liricità de "Lu testamentu", dove un "io" popolano e sagace tramanda al figlio non dinari, terri e casi, ma lu suspiru di la terra, la grandiosità di una natura che nessuno può mai possedere ma custodire e tramandare, l'umiltà di vivere, il sudore, i sacrifici. 
Pippo scava nell'animo della sua gente alla ricerca dei sentimenti autentici: ne La spina, affronta il tema forte e delicato dell'eutanasia, nel conflitto del dolore fisico e la preghiera di un tormentato sollievo finale.
Ai temi della natura e del sentimento si affiancano squarci ironici, scene argute e composizioni lievi dosate con saggezza popolare, che spiano con ironia quasi cabarettistica la politica, il matrimonio, la famiglia. L'originalità di Pippo è quella di allontanarsi dal topos classico di una Sicilia antica, ma come in un lacerto diacronico, il siciliano affronta (e talvolta perde, ma sempre col sorriso) in singolar tenzone la modernità del telefonino o dell'incidente stradale, che diventa macchietta, stigma dei luoghi comuni, ma veri. 
Stupisce, poi, alla fine, quasi un ossimoro distopico, l'appendice di alcune poesie in "lingua" italiana, dove l'autore invita chi legge, travolgendolo in un flashback intimistico, sull'onda di una ritrovata gioventù. In queste pagine finali, l'autore, con velato rimpianto rivive momenti della memoria, luoghi del suo spirito, dove la realtà trascolora in un universo di metafore tristi ed intense, di assonanze nude ed intense come pennellate affidate ai sogni della speranza. 
By Michele Barbera 

giovedì 11 aprile 2019

SONO UN AVVOCATO: IN MEMORIA DI LORENZO APPIANI

Un pezzo tratto dal blog "Cronache dal mondo pazzo - pensieri apparsi e sparsi" scritto da una Collega Avvocato, nickname "Chou". 
In Memoria di Lorenzo Alberto Claris Appiani, giovane avvocato ucciso a Milano il nove aprile 2015.




Sono un Avvocato

Sono quello da cui vieni quando sei nei guai, quando sei arrabbiato, quando hai un problema e non sai dove sbattere la testa.
Sono quello che ti apre la porta di studio quando non ne puoi più del tuo matrimonio, quando lui/lei ti ha lasciato, quando ti pignorano casa, quando non paghi i tuoi debiti e quando i tuoi debitori non pagano te.
Sono quello che viene svegliato alle tre del mattino perché ti sei fatto fermare in stato di ebbrezza, che salta la comunione del nipotino perché ti hanno fissato l’interrogatorio il sabato mattina, che non vede il saggio di danza della figlia perché la tua udienza finisce alle dieci di sera.
Sono quello che sta dalla tua parte quando gli altri ti vorrebbero linciare, che ascolta le tue cazzate quando nemmeno tua madre ne vuole più sapere di te.
Sono quello che per fare il suo lavoro ha studiato tanti anni, poi ha fatto una pratica faticosa e spesso gratuita, e dopo di nuovo l’esame, la gavetta, l’incertezza, la paura, la responsabilità e l’aggiornamento continuo.
Sono quello che per andare a lavoro ogni giorno paga: l’affitto, le bollette, la macchina, la segretaria, la carta, le marche da bollo, il caffè per stare svegli a studiare.

Sono quello che ti fa uscire da studio anche se non hai versato quanto dovuto, mentre nemmeno al discount ti fanno portare via un litro di latte senza averlo pagato.
Sono quello che quando gli sparano alle spalle in un tribunale, in una mattina di inizio primavera, lo pensano solo gli altri Avvocati, perché sono tutti preoccupati del magistrato e delle misure di sicurezza.
Sono un Avvocato, forse lo sono sempre stato, anche prima di cominciare a esercitare, e sicuramente lo sarò tutta la vita, anche quando non metterò più piede in tribunale.
Sono un Avvocato, e prima di usare questa parola senza sapere quanta sostanza c’è dentro, quanta fatica e passione c’è dietro, ecco prima di usare questa parola devi pensare.
Poi magari taci che è meglio.


Posted by Michele Barbera