domenica 27 gennaio 2013

SHOAH: RICORDO DI UN FUTURO CHE NON C’E MAI STATO MA SEMPRE POSSIBILE



Nel Giorno della Memoria mi piace riportare in questo blog la lettura di un articolo della giornalista MANUELA DVIRI, pubblicato sul n.4/2013 di Vanity Fair. C’è in particolare un passo significativo che racchiude in modo originale la grande tragedia che si è consumata nei campi di sterminio nazisti. Dice la Dviri: “Se Hitler avesse vinto non sarei mai nata, non sarebbero nati i miei figli, i miei nipoti. Non ci sarebbe un ebreo al mondo, non un rom, un disabile, un omosessuale, un nero. E il mondo senza ebrei, senza omosessuali, senza disabili e senza rom sembrerebbe ai più del tutto normale.”
Ecco la “normalità” della tragedia, l’orrore dell’oblio, l’omologazione della crudeltà. Ma debbo dare torto alla giornalista: se Hitler avesse dato fondo alla sua ferocia senza senso, alla barbarie del razzismo istituzionalizzato, non credo che “dopo” ci sarebbe potuto essere qualcosa di “normale”. Perché dopo gli ebrei, i neri, i rom, gli omosessuali, i disabili sarebbe toccato a qualche altro, magari a chi ha i capelli rossi o un neo in viso o, magari, a chi abita al di là di un certo parallelo o in una certa nazione. La fobia razzista, che non è solo nazismo e fascismo, è un virus latente, sempre pronto ad esplodere. Senza se e senza ma. Soprattutto senza una vera ragione, se non la follia di uno o di molti. Il razzismo è un pregiudizio contro cui l’umanità deve lottare sempre, senza abbassare la guardia. E tenere viva la memoria di tragedie storiche come gli stermini nazisti, serve soprattutto ad instillare negli uomini una sana paura e una costante diffidenza nei confronti di chi si proclama migliore degli altri. Da lì ai reticolati dei lager il passo è incredibilmente e tragicamente breve.
By M. 

mercoledì 16 gennaio 2013

IL FALSO SCANDALO DELLE RECENSIONI FASULLE SU AMAZON: OVVERO LA LETTERATURA “GANGNAM STYLE”




Fu vero scandalo?
Si chiederebbe  un moderno Manzoni. 
Io mi permetto di aggiungere la risposta: NO. 
La scoperta che la quasi totalità delle recensioni su AMAZON sono frutto di account fasulli di lettori dove si nascondono amici e parenti compiacenti degli stessi autori è la scoperta dell’acqua calda.
Allora parliamo degli editori che prima ti cercano come autore esordiente e poi, dopo aver espresso vaghi apprezzamenti per la tua opera, ti chiedono di acquistarne un tot numero di copie. Parliamo anche delle catene librarie dove se vuoi che un certo libro sia esposto in una certa maniera occorre che si paghi un tot. Parliamo anche delle false recensioni letterarie, anche su quotidiani di tiratura nazionale, dove se vuoi che un certo libro venga recensito (magari in modo compiaciuto) allora occorre che l’editore acquisti un tot di pubblicità.
E questo non riguarda solo l’Italia, ma tutto il mondo, sia ben chiaro, anche un mercato letterario dalle proporzioni immani come quello americano. 
Se l’editoria non è marcia, il mercato editoriale lo è.
Leggevo sul Corriere della Sera di qualche giorno fa che vi sono scrittori americani (lo hanno confessato loro in pubblico) che si “divertivano” - mediante falsi account - a fare recensioni stroncanti su opere di colleghi, magari per pura invidia editoriale e magari dopo che si erano letti il libro del collega e gli era pure piaciuto.
Come scrittore per passione l’unica recensione a cui credo veramente ed in fondo è l’incontro ed i colloqui con i lettori. 
Per questo non mi tiro mai indietro quando i lettori, magari per curiosità mi cercano o domandano  su questo o quel particolare di quel racconto o di quel romanzo.  
Non capisco come certi scrittori (magari di successo) possano tranquillamente snobbare i lettori o dare loro risposte preconfezionate da ghost writers o da volenterosi collaboratori della casa editrice.
Sbagliato! Quando l’editoria si traveste da industria editoriale smarrisce ogni senso di logica ed equilibrio. Allora diventa gangnam style, ovvero libri massificati, prodotti commerciali, di basso intrattenimento e a scarso dosaggio culturale, pompati con estrogeni pubblicitari per attirare non il lettore, ma il cliente. Che acquisti il libro, poi anche se non lo legge, non fa nulla.
Il libro diventa, così, un abile risultato di marketing editoriale come il “codice da vinci” propagandato da un’enorme macchina pubblicitaria, falsamente scandalistico e denso di errori marchiani e di inesattezze storiche di proporzioni bibliche. Non ha importanza. E’ stato il frutto di una stagione, da consumare e da buttare (senza rimpianti).
Un buon libro non si improvvisa e non è detto che non debba scontare le pene dovute ad un mercato drogato e senza regole quale quello editoriale.
Ma, fermatevi ed ascoltate un coro verdiano o una sinfonia di Beethoven e fatevi una domanda: la preferite o no al gangnam style?
By M. 

venerdì 11 gennaio 2013

ANNO 2013: BUONI PROPOSITI E CATTIVI PENSIERI, OVVERO, QUANDO LA POLITICA CI GUASTA LA VITA!




La fine del mondo, tanto temuta, non c’è stata. E’ trascorso un fine anno, tutto sommato, in relativa tranquillità e senza eventi eccezionali da sconvolgere il pianeta.
Nella nostra Italietta, invece, l’alba del 2013 si è affacciata sul teatrino della politica, dove tra stregoni, maghi, nani, buffoni, peones, dame e cavalieri è andata in scena la tornata elettorale 2013. Chiamatela “Poltronissima”.
Nessuno si aspettava che il governo Monti riuscisse a modificare la legge elettorale. E Monti, questa, di promessa, l’ha mantenuta.
Viene da ridere considerando che in giro tutti protestano vivacemente contro il Porcellum e tutti… si scannano per avere quel maledettissimo seggio in Parlamento: vecchi big e nuovi scontenti, apocalittici ed integrati, senza nessuna distinzione. A morsi strappano il gradino in più nella lista per arrivare un cicinin più in alto, per essere più sicuri che il sogno si trasformi in realtà, quanto meno per i prossimi cinque anni!
La palude politica costringe tutti a rivisitare cliché già collaudati, un mix che sprizza un ipocrita fetore di presa-in-giro ed ovvietà: abbasso le tasse, un pizzico di Europa, viva il lavoro, abbasso i comunisti o i berlusconisti (a seconda della parte), abbasso tutti (per Beppe Grillo), abbasso Santoro e Pippo Baudo e (per i gay intellettuali) il sedere di Belen Rodriguez, ed alla fine, un rincuorante Viva l’Italia.
Sono rabbrividito quando ho sentito che sin’anche il Festival di Sanermo, per colpa di Luciana Litizzetto, poteva violare la par condicio.
Questo dà il metro dell’opinionismo politico italiano e del livello della sua moral suasion.
Propongo, allora, che tutti i cantanti siano sottoposti a TAC (non si voglia mai che ci sia quale candidato nascosto nella mise di un cantante rap), e che, anzi, i cantanti cantino in playback, o meglio che non cantino affatto (le parole delle canzoni potrebbero alludere all’una o all’altra parte politica).
Mi viene da piangere.
Voltando pagina, sentendo alcuni seri commenti sulla situazione politica attuale vi è lo sconforto di un’occasione perduta. Cioè di aver perso la possibilità di gestire le elezioni con un nuovo meccanismo democratico di preferenze che sganciasse la scelta del parlamentare dal diktat dei partiti. C’era in giro una voglia seria di novità, di riforme, che prevedesse la riduzione del numero di parlamentari e la riduzione del baratro degli sprechi politici. E l’avvio serio di una terza repubblica europeista e finalmente votata allo sviluppo economico sociale dopo la terribile crisi mondiale.
Nulla di tutto questo.
Buoni propositi. Annegati nell’oblio del contingente.
Cattivi pensieri. Quelli ci sono e rimangono.
E ritornano quando in TV vedi che a discutere di politica sono sempre i soliti noti. 
A questo punto meglio Belen!
By M. 

sabato 5 gennaio 2013

LE CINQUE RIFORME CHE I POLITICI SI RIFIUTANO DI FARE, ovvero LA TELA DI PENELOPE DELLA CASTA




Sono ormai dei tormentoni conosciuti da tutti, di cui sempre si parla e che nessun partito (o movimento) vuole concretamente realizzare.
1)      Dimezzamento dei parlamentari. Sono in troppi e costano troppo. Basta con i doppi incarichi e le triple indennità. Lo sanno tutti e tutti si divertono a prendere in giro gli elettori promettendo che la prossima legislatura sarà quella buona. Corollario utile e buono: abolizione delle rappresentanze parlamentari degli italiani all’estero. Non servono a nulla. Secondo corollario: smantellamento delle strutture parlamentari inutili e dei superburocrati e dei supercommessi che percepiscono stipendi da favola alla faccia del metalmeccanico in cassa integrazione.
2)      Abolizione delle province. Enti assolutamente inutili e la cui inutilità è direttamente proporzionale ai costi di funzionamento. In atto sono dei sottoboschi politici buoni solo a distribuire prebende e fungere da parcheggio per aspiranti sindaci, onorevoli e sottosegretari o, viceversa, da buen retiro per sindaci, onorevoli e sottosegretari trombati.
3)      Abolizione delle regioni e delle province a statuto speciale. Da siciliano, francamente, non ho capito mai a cosa serva oggi lo statuto speciale. Forse all’inizio (60 anni fa) aveva un senso, ora non l’ha più. A meno di considerare il fatto che le regioni a statuto speciale e le province a statuto speciale sono delle mangiatoie formidabili per i (pochi o troppi) eletti.
4)      Gestione unica delle risorse europee. In atto una miriade di enti ed amministrazioni si sovrappongono, si combattono, si contendono le risorse comunitarie che alla fine si disperdono nei mille rivoli della burocrazia tangentizia. La gestione unica garantirebbe trasparenza nei conti ed individuazione di responsabilità per inefficienza e mala gestio. Ricordiamoci che, per il momento, l’Unione Europea è l’unica che ridistribuisce risorse per l’investimento e le infrastrutture. Chi non spende bene i soldi europei viene beffato tre volte: dal proprio Stato che paga l’Europa, dai furbetti che si intascano i soldi a ufo, dagli stati stranieri che utilizzano le risorse alla faccia nostra.
5)      Semplificazione fiscale. Tasse, imposte, oneri e balzelli che rendono la vita complicata ai cittadini sempre all’inseguimento di scadenze, dichiarazioni, denunce ed autodenunce. Basta! Ci si rende conto di quanto costa allo stato l’apparato elefantiaco delle agenzie delle entrate e di tutti gli enti connessi e collegati? Non solo, ma la complicanza fiscale agevola l’evasione e l’elusione: più sono complicate le norme tributarie, più chi ha la possibilità di eluderle le elude.
E invece no. Siamo abituati alla greppia delle complicanze burocratiche, dei labirinti politici, dei santuari intoccabili di una casta zozza ed immonda che si diverte a speculare sulla classe dei lavoratori solo per complicargli la vita e darla in pasto ai gruppi finanziari e lobbistici internazionali.
Ed i parlamentari, novelli giuda del popolo italiano, ci vendono e fanno soffrire la popolazione pur di salvaguardarsi i loro privilegi (Governo Monti docet!). 
Saluti, by Michele