venerdì 29 gennaio 2016

SCANDALO ALL’ITALIANA: LE STATUE COPERTE OVVERO DELLA DISINFORMAZIONE


Sembra impossibile, ma così è stato. Nella nostra Italietta dei mille problemi, dagli immigrati clandestini, alla disoccupazione, dalla delinquenza, alla povertà dilagante della cosiddetta middle class è caduto– come la manna dal cielo – lo scandalo delle auguste chiappe nude di classica memoria. 
D’un tratto tutto è passato in secondo piano: le banche fallite, la stagnazione industriale, i delitti di vattelapesca. L’opinione pubblica è stata calamitata dalle scatole messe a bella posta per coprire le “infami” nudità che avrebbero potuto offendere il munifico presidente iraniano che, come un americano post-guerra è venuto con le tasche piene di petrodollari a promettere benessere e felicità. E lì tutti a fare salamelecchi ed inchini, stando attenti a non ledere di profano olezzo le auguste narici del’iraniano. Al quale, probabilmente, non è fregato de meno.
Ma a noi no. Ti pareva. Lo scandalo c’è stato e tutti a cercare il colpevole. 
I manager che hanno fatto fallire mezza Italia che prendono prebende astronomiche, direttamente proporzionali alla loro incapacità sono lì a sorridere beoti sprofondati nelle loro beneamate ed "incollate" poltrone ed, invece, l’ “eccesso di zelo” di qualche malcapitato funzionario, magari male indirizzato, alimenta appetiti ghigliottineschi: “tagliamogli la testa!”
No. Non la testa. Semmai il principesco stipendio ed assieme a lui a tutti quelli che godono di posizioni di privilegio grazie agli ammanicamenti ed intrallazzi vari, per non dire leccaculismi.
Ma tutto questo è servito. Almeno temporaneamente. E’ servito ad obnubilare le coscienze, ad intorpidire il sacro sdegno di una società allo sbando che naviga nel buio di una politica infetta.
Tutto serve in questa Italietta per depistare e disinformare. Anche il falso scandalo delle tette marmoree di una statua incolpevole. E gli apprendisti stregoni della disinformazione politica lo hanno imparato bene.
By Michele Barbera

martedì 26 gennaio 2016

LETTURE E RECENSIONI: IL DIARIO DI ANNA FRANK


Spero di poteri confidare tutto , come non ho mai potuto fare con nessuno, e spero che mi sarai di grande sostegno. Così, con questo incipit semplice ed intenso, inizia una delle maggiori testimonianze della Shoah, redatta da una bambina che, ingenuamente, va incontro alla maggiore tragedia della storia del ventesimo secolo. Ho letto il Diario parecchi anni fa. Ogni tanto lo ripiglio in mano con sempre crescente stupore e rispetto.
Ogni volta che leggo le pagine scritte da Anna Frank spero che non siano vere. Spero che ad un certo punto vi sia nel colophon la frasetta che mette al riparo dalle angosce del narrato: “opera frutto di fantasia”. Ma così non è nel Diario. C’è, nella rilettura, la tragica consapevolezza di una storia che finirà male, eppure speri sino all’ultimo che ciò non avvenga.
Nel lento scorrere dei giorni nel nascondiglio stupisce vedere come la giovanissima Anna affronta una quotidianità d’orrore e di angoscia che noi oggi possiamo solo lontanamente immaginare. Il Diario di Anna Frank è un grido contro tutte le guerre e le violenze, come quelle che oggi affliggono i bambini siriani, afghani, israeliani e arabi. Un grido contro l’assurda sopraffazione di adulti pazzi, folli che in nome di chissà-cosa pretendono di avere il diritto di vita e di morte sugli altri. E’ solo morte, distruzione. E la prima vittima è l’innocenza pura di ragazzi che vogliono crescere con il sorriso sulle labbra, occupandosi di giochi e di scherzi, di piccole beghe, di abiti, amici, feste, compleanni e musica.
Scrive Anna il 12/02/1944: “Cara Kitty splende il sole, il cielo è azzurro intenso, soffia un venticello meraviglioso e vorrei tanto…vorrei…tutto… Parlare, essere libera, avere amici, essere sola” e ancora “Penso che sia la primavera, avverto il risveglio, lo sento nel corpo e nell’anima. Devo sforzarmi di agire in modo normale, sono totalmente confusa, non so cosa leggere, cosa scrivere, cosa fare, so soltanto che vorrei…”
Desiderio di vivere, di esistere, di essere felice. Diritti di ogni bambino, di ogni ragazzo di ogni epoca ed età. Farei leggere obbligatoriamente il Diario ad ogni governante, a tutti quelli che si assumono e si arrogano il diritto di “comandare” sugli altri. Perché imparino il rispetto, la compassione, l’amore per la libertà non solo dei ragazzi ma di ogni prossimo che ci vive accanto. Ma soprattutto che la Storia non si dimentica: il cielo dei lager nazisti è lo stesso sotto cui noi oggi viviamo.

By Michele Barbera 

domenica 10 gennaio 2016

RECENSIONE SU "COLPE APPARENTI" DALLA REDAZIONE DI "CONTROVOCE"



Dalla rivista on line "CONTROVOCE" una bella recensione su "Colpe apparenti":

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Il sottile fascino del delitto di provincia: Michele Barbera e le sue “Colpe apparenti”



Michele Barbera ci ha ormai abituati ad una produzione eclettica che spazia dalla narrativa, al teatro alla poesia. Però, in tutta evidenza, un posto particolare nella sua scrittura l’occupa la narrativa in “giallo”, in tutte le sue sfumature. La passione per il giallo la si intuisce nella creazione originale di Massimo Liberti, un maresciallo dei carabinieri, “umano, troppo umano” per dirla con Nietzsche, di stanza in un paesino arroccato sugli Appennini, “che guarda all’uno ed all’altro mare”, una location accattivante per un detective di tutto rispetto. 
Il maresciallo Liberti, alla seconda comparsa negli scaffali delle librerie, dopo una prima indagine pubblicata con Mondadori, si propone ai lettori con “Colpe apparenti” per i tipi di Aulino Editore, un romanzo con una trama incalzante, avvincente ed appassionata, che già nel titolo evoca atmosfere intriganti e misteriose. 
Il maresciallo Liberti è giovane, impulsivo, ma anche tremendamente riflessivo. Per certi aspetti ricorda un Dylan Dog con la divisa, ma nel suo modus operandi è facile scorgere tratti di Maigret e di razionalismo deduttivo alla Sherlock Holmes. Il maresciallo soffre, riflette, sbaglia. E’ capace di intuizioni illuminanti, ma anche di dubbi amletici. Solo una testarda tenacia lo tiene sulla pista del colpevole che riesce ad afferrare  all’ultimo momento, prima che sia troppo tardi.
In “Colpe apparenti” il maresciallo filosofo si addentrerà in una indagine che, sin dall’inizio, appare dai contorni confusi, quasi annegati in quella nebbia che dai boschi degli  Appennini scende sino a valle inghiottendo ogni cosa come un magma apocalittico ed inquietante. Attorno al misterioso ritrovamento del cadavere di una donna, giovane e bellissima, si concentreranno le indagini articolate e coinvolgenti dei carabinieri di Liberti. Pian piano, mentre le pagine volano ed i crimini assumono risvolti sempre più inquietanti, grazie alla sagacia di chi investiga, si ricompone un puzzle scombinato in cui sembrano sempre mancare dei pezzi.
A guidare il maresciallo ed i suoi collaboratori mille tracce e mille indizi che si intrecciano le une con gli altri, mentre i ruoli di vittima e carnefice si confondono e sovrappongono, sino ad un sorprendente e per nulla scontato finale, carico di suspense e di drammaticità.
Lo stile di Barbera è raffinato, scorrevole ma anche graffiante, permeato da una vena umoristica che alleggerisce la tensione narrativa, piacevolmente intriso di quei riferimenti filosofici che rappresentano per il maresciallo una sorta di “scuola di vita” ed un rifugio nei momenti difficili. Un giallo che ha tutti gli ingredienti per diventare un “classico” del genere e fa venir voglia di leggere ancora, di seguire Massimo Liberti e la scia fumosa del suo mezzo toscano, mentre percorre le strade impervie dei boschi dell’Appennino o chissà dove altro lo condurranno i suoi casi misteriosi. L’autore ci ha già dato prova delle sue doti di narratore capace con le sue precedenti opere e “Colpe apparenti” ne rappresenta la gradita conferma. Un libro da leggere assolutamente, anche per i non appassionati del genere.
Un ringraziamento di cuore alla Redazione di Controvoce!
By MIchele Barbera 

domenica 3 gennaio 2016

IL PIACERE DI LEGGERE: MAFIA RIDENS DI RAIMONDO MONCADA


Di mafia si può anche ridere. Ce lo insegna con incomparabile arguzia Raimondo Moncada, eccellente araldo della tradizione teatrale comica agrigentina nel suo “Mafia Ridens , ovvero il giorno della cilecca”. 
La vis comica di Raimondo non risparmia i luoghi comuni che affliggono quel sostrato popolar-culturale su cui si è innestata la mala pianta del “padrinismo”, della volontà di potenza che diventa al suo ultimo stadio maschera grottesca. L’agile trama del romanzo riprende la storia di due scalcagnati, quanto mai metaforici, mafiosi, nelle stereotipate vesti di padrino e figlioccio, anzi capo e vice-capo: Calogerino-Don Lillo e Pasqualino.  Dal rito del “bacio d’onore” sino agli assurdi ed esilaranti tentativi di estorsione (“pizzo pazzo”), usura ed all’immancabile pentimento (oneroso), con il conseguente e tragicomico cambio di identità, Moncada, ed il lettore con lui, assiste ad una strana metamorfosi-evoluzione dei protagonisti  tra illusione, delusione e ostinata e conclamata incapacità.  
Nella sua successione di gag, lazzi teatrali, scene surreali e violenze patetiche, Mafia Ridens è lo specchio deformato e deformante di una società-mostro, partorita da “mamma-tv”, capace di clonare ologrammi in negativo, trame esistenziali in cui la finzione si mescola alla realtà in un “non-sense”, ironico e graffiante.
Il romanzo è il “sorriso triste” del clown che deve ridere anche di se stesso per far ridere gli altri.
Viene da chiederci se la mafia, quella vera, riderebbe del libro di Moncada.
Se, alla fine, quel mondo fatto di omicidi, violenze, crudeltà e ferocia, che non risparmia niente e nessuno, non abbia nel DNA l’assurdità, il paradosso del grottesco. Così è, forse, per la “punciuta” o per la bibbia tenuta sul comodino dai boss latitanti o per i “riti” che vogliono sacralizzare o consacrare la potenza dei boss. Uomini che si credono dei, ammantati di una “missione” divina. Sono storie antiche, fatte di prepotenza, di dolore, di sangue.
“Una risata vi seppellirà”. Così viene da urlare a costoro.
Una risata per rendere “nudi” e smascherare quei delinquenti che si credono padroni del mondo.
Una risata, per sconfiggere la paura di affrontarli, per ridicolizzare ed esorcizzare il terrore che vogliono incutere.
E Mafia Ridens sembra la medicina giusta, da assumere senza ricetta ed a dosi abbondanti, la panacea per guarire dall’apatia dell’ “homo televisivus” e relativi “padrini” al seguito.

Buona Lettura!
By Michele Barbera