giovedì 31 luglio 2014

IL PIACERE DI LEGGERE: ANDREA CAMILLERI E L’OMBRELLO DI NOE’ OVVERO COME SI DIVENTA SCRITTORI A TEATRO



Non aspettatevi un romanzetto leggero o un giallo da sciropparvi sotto l’ombrellone in spiaggia ma io, da “camilleriano” convinto, cioè da chi è andato oltre lo scontato “Montalbano”, per intenderci, ed ha affrontato e goduto la lettura de “La biografia del figlio cambiato” o “Pagine scelte di Luigi Pirandello”, posso con “scellerata” presunzione affermare che il vero Camilleri lo trovate in questo voluminoso saggio, pubblicato per la prima volta oltre dieci anni orsono e riproposto di recente dallo stesso editore. Roberto Scarpa (il curatore impertinente) e lui, Camilleri, affrontano con sagace leggiadria ed impudica intelligenza non la “vita” del Camilleri, ma – oserei dire – l’esperienza di vita e di cultura dell’autore (in senso lato) Andrea Camilleri. A tratti più intenso di un memoir, il saggio affronta con una schematica che non vuole essere tale, l’esperienza (per l’appunto) di Camilleri nel teatro, le sue regie, le sue analisi, i suoi tormenti, le sue vicissitudini, a volte tristi a volte allegre (e come potrebbe essere diversamente per un “figlio” di Pirandello?). Quello che risulta sommamente interessante è l’approccio (quasi religiosamente riverente) che Camilleri ha avuto per il “teatro” in sé ed ad alcuni mostri sacri che lo hanno incarnato, dato vita e manipolato. E’ una magica carrellata di “passeggeri” di una conoscenza collettiva, che popolano il magico universo del palcoscenico: Pirandello, Beckett, Genet, Adamov, Shakespeare, passando anche per personaggi danteschi, miti classici ed interpreti contemporanei come De Filippo o “teatrologi” come Silvio D’Amico. Ripeto: non è una nostalgica raccolta di aneddoti o un’agio-autobiografia. E nemmeno è un pedante e saccente saggio di letteratura. No. Piuttosto è qualcosa che va al di là: è l’afflato, la biopsia del misterioso cordone ombelicale che ha unito Andrea Camilleri al teatro ed alla sua esperienza (di nuovo) di regista e di autore. Si può essere d’accordo o meno con certe analisi o conclusioni del Maestro, ma indubbiamente non si può fare a meno di “discutere” con lui, di porci le stesse domande ed interrogativi che lui si pone e tutto questo assaporando le atmosfere che hanno circondato l’esperienza (sì lo ripeto) di Camilleri con il teatro sino a toccarne con mano le “cicatrici”, l’impronta che ha lasciato sull’uomo e sullo scrittore. Da questo punto di vista Camilleri è un organismo geneticamente modificato: il teatro non è stato semplicemente l’amore (un amore?) della sua vita. Piuttosto, (mi si perdoni l’azzardo) una via crucis che lo ha reso quello che oggi lo conosciamo. E tutto questo non impedisce, anzi, moltiplica la voglia di leggere le pagine del saggio-intervista. E’ un cammino che si sviluppa in un senso diacronico ma solo per finta. Camilleri procede per conto suo. Le pagine sono ricche di citazioni colte, di richiami raffinati, di confronti inusuali. E Scarpa, il curatore del volume, deve avere avuto il suo bel da fare per ordinare il materiale-magma vivo ed incandescente che sgorga prorompente, dilagante, travolgente. Non svelo, per gusto, o per cinico sadismo, il “mistero” dell’”ombrello di Noè” (ammesso che di mistero si possa trattare, ma… c’entra qualcosa Achille Campanile, solo più in grande). Concludo rifugiandomi (per paura o per pigrizia) in uno scontato, ma mai banale: nelle pagine di Camilleri il teatro diventa così metafora della vita. Aggiungo, ossimoricamente, della sua ovvietà.O, forse, è la stessa vita a rendersi teatro. Dell’assurdo, però.

By Michele Barbera 

sabato 19 luglio 2014

ACCADDE UN POMERIGGIO DI MEZZA ESTATE AD ALESSANDRIA DELLA ROCCA



Le biblioteche sono un luogo magico. Senza scomodare Umberto Eco che sulla “bibliofilia” o “biblioteca mania” ha scritto saggi memorabili, è vero che ogni biblioteca ha un suo universo spazio-temporale, una sua dimensione parallela, una sua geografia spirituale. Ogni biblioteca, poi, a sua volta, racchiude un’infinità di mondi che si schiudono l’uno sull’altro e sono racchiusi l’uno sull’altro: ogni libro, infatti, è latore di un messaggio che per piccolo o universale che sia, è destinato a rimanere nel tempo, quale motore immobile di idee, di concetti, di vita. Ma è sbagliato vedere in una biblioteca solo una raccolta di libri. Sia nell’antichità che nei tempi recenti le biblioteche sono sempre state al centro di una frenetica attività sociale, ben ripagando gli investimenti e le attenzioni a loro dedicate. Basti pensare alla famosa biblioteca di Alessandria d’Egitto, o alle abbazie medievali ed alle loro biblioteche, fucine di cultura universale.
E’ chiaro che sono un appassionato di biblioteche. E quando ho l’opportunità di esplorarne (sì esplorarne) una non ne perdo l’occasione. L’altro giorno sono stato invitato ad un briefing di lavoro ad Alessandria della Rocca. La riunione, per esigenze logistiche si è spostata nella biblioteca comunale, luogo che, sebbene frequenti il centro di Alessandria da almeno venti anni non avevo mai avuto cura di attenzionare.
Quando sono entrato, nel silenzio assorto tipico di questi luoghi, chi mi ha accolto ha scorto la mia curiosità e si sono prodigati per  farmi visitare la biblioteca. Così ho “scoperto” una piccola e meravigliosa realtà.
Nonostante fossimo in un giorno qualunque, in un’ampia sala si stava svolgendo un progetto ludico per i bambini più piccoli con le mamme e le insegnanti.
In un altro salone, i ragazzi di Alessandria discutevano di banche, impresa e start-up con il direttore provinciale di una importante Banca nazionale.
In un’altra stanza attrezzata, io e gli altri interessati abbiamo potuto svolgere il nostro briefing in tutta serenità.
E tutto questo mentre si svolgevano i normali servizi bibliotecari all’utenza.
Dico: non eravamo a New York o in qualche città-modello del Nord Italia, ma in un piccolo paese, al centro della Sicilia più aspra, in un territorio in cui ancora si respira l’aria del tempo che fu.
Piccolo miracolo di una biblioteca che funziona, che diventa centro vitale di interessi per la comunità.
Sono uscito dalla Biblioteca di Alessandria con una sgargiante tessera di socio e con il mio bravo libro in prestito. Per curiosità ho letto il numero della mia tessera: 1404. Su una comunità di circa tremila abitanti.  Non male.

By Michele Barbera