Sera di fine estate. Questa pazza estate all’insegna del “coviddi” e della trasgressione, della movida sfrenata e dei contagi in risalita. Con le onde di risacca dei social che hanno trascinato via in alto mare ogni senso di paura e di remora per quell’inverno da incubo appena trascorso.
E che ancora oggi si nutre di sciocchezze, di chiacchiericci, di fuochi fatui dell’ignoranza.
I social media diffondono e strombazzano ogni vuota eco di sensazionalismi dell’ultima ora. Frutto di brillanti “menti” scientifiche e presunte tali, di salotti televisivi e di interviste senza mascherina.
Travolto da questa marea invadente ed inutile di opinionisti “del grido internettiano”, tra un twitter ed un post, mi sono soffermato su una frase-pensiero di San Giovanni Paolo II, citata in un suo libro da Lou Marinoff, docente di filosofia e notevole saggista.
“Molti sono coloro – afferma Giovanni Paolo II – che,
procedendo alla cieca nella vita,
giungono sull’orlo dell’abisso
senza sapere dove stiano andando.
A volte ciò accade perché coloro
la cui vocazione è di dare espressione culturale
al loro pensiero non hanno più di mira la verità,
preferendo il rapido successo
alla fatica di una paziente indagine
volta ad individuare che cosa rende la vita
degna di essere vissuta”.
Dovremmo trarre le debite conseguenze da queste parole, perché indicano non solo ad ogni persona che si definisca “di cultura” ma a tutti i “comunicatori”, la strada maestra della ricerca – umile e paziente – della verità, senza rincorrere i selfie edulcorati, le sirene dei followers, i simulacri scandalistici o, peggio, illusioni date dagli abbagli di un falso successo.
La cultura è, soprattutto, responsabilità. Sia nella ricerca, sia nei contenuti.
Al di là di questo ci sono solo i quindici minuti di cieca e stupida celebrità che Umberto Eco riservava agli idioti informatizzati. E di questi ne abbiamo in sovrabbondanza.
By Michele Barbera
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