Fatti, idee e riflessioni su Cultura, Cronaca e Società. "Se un uomo non è disposto a correre qualche rischio per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla o non vale niente lui” (E. Pound) "Un vincitore è un sognatore che non si è mai arreso" (N. Mandela)
lunedì 7 novembre 2022
PROGETTO SICILACQUE PER MENFI: SCADENZA OSSERVAZIONI AL MINISTERO TRANSIZIONE ECOLOGICA AL 12/11/2022
giovedì 13 ottobre 2022
INAUGURAZIONE DELLA XIX LEGISLATURA: LILIANA SEGRE PARLA AI SENATORI
Il Discorso, profondo e ricco di significati, del presidente provvisorio del Senato, Liliana SEGRE, pronunciato nell'Aula di Palazzo Madama in apertura della prima seduta della XIX legislatura:
"Colleghe
Senatrici, Colleghi Senatori, rivolgo il più caloroso saluto al Presidente
della Repubblica Sergio Mattarella e a quest'Aula. Con rispetto, rivolgo il mio
pensiero a Papa Francesco.
Certa di
interpretare i sentimenti di tutta l'Assemblea, desidero indirizzare al
Presidente Emerito Giorgio Napolitano, che non ha potuto presiedere la seduta
odierna, i più fervidi auguri e la speranza di vederlo ritornare presto
ristabilito in Senato. Il Presidente Napolitano mi incarica di condividere
con voi queste sue parole: "Desidero esprimere a tutte le senatrici ed i
senatori, di vecchia e nuova nomina, i migliori auguri di buon lavoro, al
servizio esclusivo del nostro Paese e dell'istituzione parlamentare ai quali ho
dedicato larga parte della mia vita".
Rivolgo
ovviamente anch'io un saluto particolarmente caloroso a tutte le nuove Colleghe
e a tutti i nuovi Colleghi, che immagino sopraffatti dal pensiero della
responsabilità che li attende e dalla austera solennità di quest'aula, così
come fu per me quando vi entrai per la prima volta in punta di piedi. Come da
consuetudine vorrei però anche esprimere alcune brevi considerazioni personali.
Incombe su
tutti noi in queste settimane l'atmosfera agghiacciante della guerra tornata
nella nostra Europa, vicino a noi, con tutto il suo carico di morte,
distruzione, crudeltà, terrore...una follia senza fine. Mi unisco alle parole
puntuali del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: "la pace è
urgente e necessaria. La via per ricostruirla passa da un ristabilimento della
verità, del diritto internazionale, della libertà del popolo ucraino".
Oggi sono
particolarmente emozionata di fronte al ruolo che in questa giornata la sorte
mi riserva.
In questo mese di ottobre nel quale cade il centenario della Marcia su Roma,
che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio ad una come me assumere
momentaneamente la presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato
della Repubblica.
Ed il
valore simbolico di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente
perchè, vedete, ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre; ed è impossibile
per me non provare una sorta di vertigine ricordando che quella stessa bambina
che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta
dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco delle scuole elementari,
oggi si trova per uno strano destino addirittura sul banco più prestigioso del
Senato!
Il Senato
della diciannovesima legislatura è un'istituzione profondamente
rinnovata, non solo negli equilibri politici e nelle persone degli eletti, non
solo perchè per la prima volta hanno potuto votare anche per questa Camera i
giovani dai 18 ai 25 anni, ma soprattutto perchè per la prima volta gli eletti
sono ridotti a 200.
L'appartenenza ad un così rarefatto consesso non può che accrescere in tutti
noi la consapevolezza che il Paese ci guarda, che grandi sono le nostre
responsabilità ma al tempo stesso grandi le opportunità di dare l'esempio.
Dare
l'esempio non vuol dire solo fare il nostro semplice dovere, cioè adempiere al nostro
ufficio con "disciplina e onore", impegnarsi per servire le
istituzioni e non per servirsi di esse.
Potremmo
anche concederci il piacere di lasciare fuori da questa assemblea la politica
urlata, che tanto ha contribuito a far crescere la disaffezione dal voto,
interpretando invece una politica "alta" e nobile, che senza nulla
togliere alla fermezza dei diversi convincimenti, dia prova di rispetto per gli
avversari, si apra sinceramente all'ascolto, si esprima con gentilezza, perfino
con mitezza.
Le elezioni
del 25 settembre hanno visto, come è giusto che sia, una vivace competizione
tra i diversi schieramenti che hanno presentato al Paese programmi alternativi
e visioni spesso contrapposte. E il popolo ha deciso. E' l'essenza della
democrazia.
La maggioranza uscita
dalle urne ha il diritto-dovere di governare; le minoranze hanno il compito
altrettanto fondamentale di fare opposizione. Comune a tutti deve essere
l'imperativo di preservare le Istituzioni della Repubblica, che sono di tutti,
che non sono proprietà di nessuno, che devono operare nell'interesse del Paese,
che devono garantire tutte le parti.
Le grandi democrazie mature dimostrano di essere tali se, al di sopra delle
divisioni partitiche e dell'esercizio dei diversi ruoli, sanno ritrovarsi unite
in un nucleo essenziale di valori condivisi, di istituzioni rispettate, di emblemi
riconosciuti.
In Italia
il principale ancoraggio attorno al quale deve manifestarsi l'unità del nostro
popolo è la Costituzione Repubblicana, che come disse Piero
Calamandrei non è un pezzo di carta, ma è il testamento di 100.000 morti
caduti nella lunga lotta per la libertà; una lotta che non inizia nel settembre
del 1943 ma che vede idealmente come capofila Giacomo Matteotti.
Il popolo
italiano ha sempre dimostrato un grande attaccamento alla sua Costituzione,
l'ha sempre sentita amica.
In ogni
occasione in cui sono stati interpellati, i cittadini hanno sempre scelto di
difenderla, perchè da essa si sono sentiti difesi.
E anche
quando il Parlamento non ha saputo rispondere alla richiesta di intervenire su
normative non conformi ai principi costituzionali - e purtroppo questo è
accaduto spesso - la nostra Carta fondamentale ha consentito comunque alla
Corte Costituzionale ed alla magistratura di svolgere un prezioso lavoro di
applicazione giurisprudenziale, facendo sempre evolvere il diritto.
Naturalmente
anche la Costituzione è perfettibile e può essere emendata (come essa stessa
prevede all'art. 138), ma consentitemi di osservare che se le energie che da
decenni vengono spese per cambiare la Costituzione - peraltro con risultati
modesti e talora peggiorativi - fossero state invece impiegate per attuarla, il
nostro sarebbe un Paese più giusto e anche più felice.
Il pensiero corre inevitabilmente all'art. 3, nel quale i padri e le madri
costituenti non si accontentarono di bandire quelle discriminazioni basate su
"sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali
e sociali", che erano state l'essenza dell'ancien regime.
Essi
vollero anche lasciare un compito perpetuo alla "Repubblica":
"rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di
fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". Non è poesia
e non è utopia: è la stella polare che dovrebbe guidarci tutti, anche se
abbiamo programmi diversi per seguirla: rimuovere quegli ostacoli !
Le grandi
nazioni, poi, dimostrano di essere tali anche riconoscendosi coralmente nelle
festività civili, ritrovandosi affratellate attorno alle ricorrenze scolpite
nel grande libro della storia patria. Perchè non dovrebbe essere così anche per
il popolo italiano? Perché mai dovrebbero essere vissute come date
"divisive", anziché con autentico spirito repubblicano, il 25
Aprile festa della Liberazione, il 1 Maggio festa del lavoro,
il 2 Giugno festa della Repubblica? Anche su questo tema della piena
condivisione delle feste nazionali, delle date che scandiscono un patto tra le
generazioni, tra memoria e futuro, grande potrebbe essere il valore
dell'esempio, di gesti nuovi e magari inattesi.
Altro
terreno sul quale è auspicabile il superamento degli steccati e l'assunzione di
una comune responsabilità è quello della lotta contro la diffusione del
linguaggio dell'odio, contro l'imbarbarimento del dibattito pubblico, contro la
violenza dei pregiudizi e delle discriminazioni.
Permettetemi di ricordare un precedente virtuoso: nella passata legislatura i
lavori della "Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di
intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all'odio e alla
violenza" si sono conclusi con l'approvazione all'unanimità di un
documento di indirizzo.
Segno di una consapevolezza e di una volontà trasversali agli schieramenti
politici, che è essenziale permangano.
Concludo
con due auspici. Mi auguro che la nuova legislatura veda un impegno concorde di
tutti i membri di questa assemblea per tenere alto il prestigio del Senato,
tutelare in modo sostanziale le sue prerogative, riaffermare nei fatti e non a
parole la centralità del Parlamento.
Da molto
tempo viene lamentata da più parti una deriva, una mortificazione del ruolo del
potere legislativo a causa dell'abuso della decretazione d'urgenza e del
ricorso al voto di fiducia. E le gravi emergenze che hanno caratterizzato gli
ultimi anni non potevano che aggravare la tendenza.
Nella mia
ingenuità di madre di famiglia, ma anche secondo un mio fermo convincimento,
credo che occorra interrompere la lunga serie di errori del passato e per
questo basterebbe che la maggioranza si ricordasse degli abusi che denunciava
da parte dei governi quando era minoranza, e che le minoranze si ricordassero
degli eccessi che imputavano alle opposizioni quando erano loro a governare.
Una sana e
leale collaborazione istituzionale, senza nulla togliere alla fisiologica
distinzione dei ruoli, consentirebbe di riportare la gran parte della
produzione legislativa nel suo alveo naturale, garantendo al tempo stesso tempi
certi per le votazioni.
Auspico,
infine, che tutto il Parlamento, con unità di intenti, sappia mettere in campo
in collaborazione col Governo un impegno straordinario e urgentissimo per
rispondere al grido di dolore che giunge da tante famiglie e da tante imprese
che si dibattono sotto i colpi dell'inflazione e dell'eccezionale impennata dei
costi dell'energia, che vedono un futuro nero, che temono che diseguaglianze e
ingiustizie si dilatino ulteriormente anzichè ridursi. In questo senso avremo
sempre al nostro fianco l'Unione Europea con i suoi valori e la concreta
solidarietà di cui si è mostrata capace negli ultimi anni di grave crisi
sanitaria e sociale.
Non c'è un
momento da perdere: dalle istituzioni democratiche deve venire il segnale
chiaro che nessuno verrà lasciato solo, prima che la paura e la rabbia possano
raggiungere i livelli di guardia e tracimare.
Senatrici e
Senatori, cari Colleghi, buon lavoro!".
domenica 28 agosto 2022
“PARACADUTATI” ALLE ELEZIONI: UNO SCHIAFFO PER LA SICILIA ED I SICILIANI
IL PIACERE DI LEGGERE: CHIANTULONGU, poesie DI JOSE’ RUSSOTTI
E quanto più dall’interno scaturisce, tanto più convoglia in esso tutto il suo fremere, il suo pulsare, il suo sentire, il suo percepire, fino ad esplodere in una dimensione universale.
Il “pianto-lungo” che nella bivalenza semeiotica ed assonanza linguistica non è solo “chiantu”, pianto, ma anche, mi piace questa sinestesia fonetica, “canto”.
Un canto sommesso, che ricorda quello del bambino di fronte ai misteri del mondo (è che cosa è il dolore umano se non un mistero, una condizione di infelicità acuta ed atavica), ma riporta alla memoria anche il salmodiare dei cori tragici greci che accompagnavano gli spettatori alla catarsi, alla purificazione del dolore.
Il pianto, dunque, ha un potere ancestrale, intimo, personale, eppure universale. Accomuna tutti gli uomini, fin dall’atto della nascita. Leopardi si attarda nei suoi scritti a descrivere “la tragedia della nascita” e di come la madre deve sapere consolare il bambino, quasi come un viatico nel lungo cammino e dolore dell’esistenza.
José Russotti trasmette con le poesie di Chiantulongu, tutta la sua ansia intellettuale, il senso profondo ed oscuro di un disagio esistenziale che si dipana, nell’arco teso di una intensa tensione emotiva, in senso diacronico, ovvero con lo sguardo insieme alle proprie radici e, al contempo, proteso in un futuro incerto, labile e precario: “Ndâ l’utru chi gnutti l’uttima fogghia, / suru ‘na rrancata i ventu / muntùai nostri nommi. (Nell’otre che ingoierà l’ultima foglia/solo un attimo di vento / nominerà i nostri nomi.).
Ma il pianto è anche metafora di vitalità, di rabbia, di riscatto. È un sentimento passionale, mai domo né rassegnato, che – come è stato scritto – odora di rimpianto e desiderio.
Il grande merito di José Russotti nella sua silloge Chiantulongu è il volere esplorare con il desiderio e la passione, fare vibrare a fondo i suoi versi fino a tendere l’estremo arco lirico, un punto di non ritorno espressivo nel dualismo parlata dialettale-lingua italiana.
Le poesie di José vivono nella dimensione metafisica de Il vecchio ed il mare di Hemingway, in cui l’uomo è costretto ad affrontare - in una lotta dal lirismo struggente-, l’oceano-natura che lo circonda, con la consapevolezza che si tratta di una lotta impari, in cui deve confrontarsi con forze titaniche, destinate a travolgerlo. Eppure non si rassegna.
La vita, dunque, come sfida al destino ineluttabile, il coraggio e la tenacia dell’uomo che affronta il mistero dell’esistenza, la fusione dell’uomo con il suo habitat naturale, vissuto come proiezione dell’individuo, la tensione spirituale dell’incombere della morte.
Ma José Russotti non è solo. Il suo cammino sentimentale, per quanto impervio ed accecante, si orienta con bussole emotive che lo sorreggono nella sua riflessione, nel suo anelito lirico contro ogni banale contingenza.
La figura del padre, a cui José Russotti dedica versi che sono spaccati di cuore, in cui momenti di quotidianità assurgono a icone di memoria dove emergono, forti ed indissolubili, i caratteri dell’amarezza della vita, dei sacrifici che in apparenza inaridiscono gli affetti e si ergono a scudo di vissuti non facili.
Ma ecco la rivelazione, quelle mani piagate dal lavoro, quella scorza di apparente durezza si scioglie: “ ’U sacciu, sunnu mani di petra / ma sannu ancora ‘carizzàriti” (Lo so, sono mani si pietra / ma sanno ancora accarezzarti).
Accanto alla figura del padre, José si stringe alla madre. I toni diventano acutamente più sensibili. Anche lei portata via dalla morte, nel chiantu che trasmuta in cantu. José intona un lamento amaro, di fronte all’ultimo istante, l’uttima ‘rrancata, insieme a lei. E di fronte alle ossa sepolte, mute, incapaci di parlare, al poeta non rimane che “custodire la sua voce”.
Gli affetti familiari diventano ancore spirituali per il poeta, così nei versi dedicati alla moglie ed alla figlia Elyza.
L’eco pavesiano palesato dal poeta tratteggia la moglie come una “terra che nessuno ha mai svelato”, metafora di un legame d’amore che celebra la “femmina e madre”, in cui l’uomo implora rifugio: “dumannu a ttia, fimmina e matri:/ lassa stari l’affannu e fammi sentiri / a calura di to’ mani subbra a facci, / ora, c’u ‘nvernu si tratteni”. (Chiedo a te, femmina e madre:/ lascia stare gli affanni e fammi sentire / il calore delle tue mani sul viso, / ora, che l’inverno si trattiene).
Ed il cammino dei ricordi prosegue con la memoria della figlia Elyza, stella nascente, esposta come una “rondine d’amore” alla tempesta della vita, ad una sorte in cu il destino beffardo non risparmia colpi amari: “U distinu ti lassau â fera d’a vita, / commu s’a motti è na parora mai data / unnni u distinu si rrasca affina ȏ funnu” (Il destino ti lasciò alla fiera della vita,/ come se la morte fosse una parola mai data,/ dove il destino si raschia sino al fondo).
Il lirismo russottiano, venato di malinconica saudade, avvolge anche Malvagna, la terra del cuore. Nei versi di José dedicati al borgo ed alla natura che lo circonda, scopriamo il riverbero vivido di certi sipari montaliani che si accompagnano ad un degradare, ad un meriggiare pallido ed assorto che non dimentica il travaglio della vita e la “muraglia” con in cima cocci aguzzi di bottiglia.
José canta i muri a secco, i gechi al sole, la gramigna nelle fessure: “ndȇ murazzi a siccu di ‘zzazzamiti ȏ suri / crisci e spaja / a rramigna ndȇ ‘ngagghi: / ghiommuru di radica ‘nta terra.”
L’afflato finale della silloge, l’uttima fogghia, è riservato alla sublimazione della esperienza universale, al comune sentire e vivere, alla sorte che rende eguali gli uomini: “non vidu nudda differenza / tra chiddu chi fu aieri / e chiddu chi sarà dumani: / suru a motti mmisca e sracancia i catti / subbra a tuagghia d’a vita” (Non vedo nessuna differenza / tra quel che accadde ieri / e quale che accadrà domani: / solo la morte sconvolge e muta le carte / sulla tovaglia della vita).
La forza catartica della poesia è la leva della vita, la chiave di volta che risiede ed anima il cuore dell’uomo e di cui José ha un bisogno esiziale: si vive d’amore e di nulla, ma la poesia è un tesoro di cui l’uomo non deve privarsi, la poesia è acqua che esce dalla roccia.
E rimaniamo, mano nella mano, con José ed i suoi splendidi versi, che invito tutti a leggere, ad osservare affatati questo immane tramonto che è la vita umana, ad attendere lento il buio che scende con il desiderio che con sé porti un destino diverso, una sorte meno amara.
By Michele Barbera
sabato 13 agosto 2022
CONTRIBUTO DA UN MILIONE DI EURO: IL COMUNE DI MONTEVAGO VINCE IL RICORSO AL TAR
L'On.le Margherita La Rocca Ruvolo |
A stabilirlo è stata la Terza Sezione del TAR Sicilia con la recentissima sentenza n.1876/2022.
Il Collegio dei Giudici Amministrativi, che ha accolto i motivi del ricorso patrocinato dall’Avvocato Paola Barbera, ha stabilito, infatti, che il progetto – riguardante il rifacimento di una importante arteria della viabilità rurale nel territorio montevaghese – aveva tutti i requisiti per essere ammesso nella graduatoria di quelli finanziabili dal P.S.R. 2014-2020, graduatoria dalla quale era stato illegittimamente escluso.
Avv. Paola Barbera |
Il progetto, presentato dall’Ufficio Tecnico del Comune di Montevago, con a capo l’ing. Sanzone aveva, infatti, i requisiti necessari per essere incluso nella graduatoria dei progetti finanziabili.
Un ulteriore e positivo obiettivo, assieme a tanti altri, raggiunto dall’amministrazione del sindaco On.le Margherita La Rocca Ruvolo, che si distingue per le capacità progettuali ed il dinamismo gestionale, in grado di fare fronte con energia, tenacia e lungimiranza alle problematiche del territorio e della comunità montevaghese.
By M. Barbera
venerdì 8 luglio 2022
SE PUTIN FOSSE INTELLIGENTE...
saprebbe che vendere l’anima al diavolo
non è mai un buon affare.
Se Putin fosse intelligente
saprebbe che chi comanda con il terrore
fa sempre una cattiva fine.
Se Putin fosse intelligente
saprebbe che invadere nazioni libere
innesca solo odio e rancore in tutti i popoli.
Se Putin fosse intelligente
saprebbe che la storia del popolo russo
non è fatta di lecchini, ma di rivoluzionari.
Se Putin fosse intelligente
saprebbe che mandare in guerra con l’inganno
alimenta nei soldati il tradimento e la diserzione.
Se Putin fosse intelligente
saprebbe che per un generale la migliore vittoria
è quella raggiunta senza spargimento di sangue.
Se Putin fosse intelligente
saprebbe che anche la nazione più ricca del mondo
ha bisogno di pace per prosperare.
Se Putin fosse intelligente
saprebbe che la fame e la miseria in guerra
sono veleni che appestano senza conoscere confini.
Se Putin fosse intelligente
saprebbe che nella storia ogni dittatore o tiranno
è sempre stato calpestato dal suo stesso popolo.
Se Putin fosse intelligente
saprebbe che per ogni tiranno, raggiunta la vetta,
dopo non c’è che la discesa e l’abisso.
Se Putin fosse intelligente
saprebbe che camminare sul sangue
significa affogarci dentro.
Se Putin fosse intelligente
ma non lo è. Questo è il vero problema.
By Michele Barbera
sabato 28 maggio 2022
SICILIA GRANAIO D'ITALIA? LE SCELLERATE POLITICHE AGRICOLE EUROPEE
lunedì 23 maggio 2022
GUIDA BREVE AI REFERENDUM DEL 12 GIUGNO
Il 12 giugno 2022 oltre 51 milioni di elettori voteranno su cinque referendum abrogativi indetti con decreti del Presidente della Repubblica del 6 aprile scorso per il giorno di domenica 12 giugno 2022.
ABROGATIVO significa che votando SI' si abroga, dunque, si cancella una legge in vigore.
Chi vuole mantenere le leggi attuali deve votare NO.
Nel dettaglio, avranno i seguenti colori:
- scheda di colore rosso per il Referendum n. 1: in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi;VOTANDO SI' anche chi è condannato per reati gravi con sentenza definitiva può essere eletto e ricoprire responsabilità di Governo
- scheda di colore arancione per il referendum n. 2: limitazione delle misure cautelari nel processo penale; VOTANDO SI' chi è indagato per un reato non può essere detenuto in carcere anche se si teme che possa compiere altri reati gravi
- scheda di colore giallo per il referendum n. 3: separazione delle funzioni dei magistrati. VOTANDO SI' si esclude che un magistrato durante la carriera passi a fare il Giudice da Pubblico Ministero e viceversa,
- scheda di colore grigio per il Referendum n. 4 : partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari. VOTANDO SI' gli avvocati che fanno parte dei Consigli giudiziari potranno votare in merito alla valutazione dell’operato dei magistrati e della loro professionalità.
- scheda di colore verde per il Referendum n. 5: abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura. VOTANDO SI' si cancella l’obbligo di un magistrato di raccogliere da 25 a 50 firme per presentare la propria candidatura al Consiglio Superiore della Magistratura.
Dal Ministero dell'Interno risulta che il corpo elettorale comprensivo anche degli elettori residenti all’estero, desunto dalla rilevazione semestrale 31.12.2021, è pari a 51.533.195 di cui: 25.039.273 uomini e 26.493.922 donne.
By Michele Barbera
mercoledì 18 maggio 2022
MENFI: INTITOLATA UNA PIAZZA AL POETA DIALETTALE NINO ARDIZZONE
mmezzu la terra tutta abrivirata
cu li pidduzzi dintra la stivali
pista e caddia, mmezzu li vattali.
e l'omu curvu sutta la calura
si chianta l'ova, soffri e un dici nenti
tuttu nfangatu e chinu di sudura.
mittennu ncapu terra lu gigghiuni
prosparu, beddu, chinu di bardazza
chi tra 'nnabrivirata e 'nna zappata
metti ad ognunu 'npettu la spiranza
c'un fussi chista natra malannata.
ma la cardunera chianci,
la cardunera ridi
e ridi e chianci chiddu chi la chianta
chi prea lu cristu cu 'nna pacenza tanta.
'paviri chi ti chiantà tuttu sudatu
ora ti cogghi prestu la matina
tuttu finu a lu cintu assampanatu
di li tò foghi chini d'acquazzina
e 'nti la facci senti 'nna vampata
quannu trova la triffa addisirata.
ma quannu finisci poi 'nti la pignata
ognunu chi ti mangia t'assapura
fritta a stufatu o fatta strapazzata.
chi 'nun ti fa arrustuta n'ta lo focu
cu anticchia d'oghiu e un pizzicu di sali
si megghiu di la carni di maiali.
virdi, viola di beddi culuri
quannu li metti mmucca su dda cosa
chi dunanu a la vita lu sapuri.
ma arrivatu a lu cori
è muccuni di re.
di li verduri tu si la chiù bedda
però cu tia la vita è sempri dura
si un veru gran misteru di natura.
Terra
né ciavuru di fenu ammanucchiatu
manca lu cavaddunciu, non c’è la gregna,
lu postu d’aria è sulu e disulatu.
manca lu parafocu latu e latu
d’un virdi quasi russastru di vriogna
c’è sulu lu garifu ammaraggiatu.
chi lu iermitu ammasa a la bisogna,
la maistria di lu ‘nfasciaturi
chi cu ancinu e ancinedda, fa la gregna.
chi l’aria batti, cu jumenti e muli
caccia la cucchia chinu di suduri
tra spichi e busi, aspari di suli.
la pagghia ammarvunata sutta ventu,
manca lu scrusciu di la cirnitina
lu ciavuru di spichi e di furmentu.
chi ‘ntona ‘ntà lu cori di la notti
nun c’è rituni ‘ncapu l’antaloru
nun c’è pagghieri cu finestri o porti.
manca lu ciascu, manca la lancedda
c’è sulu lu ricordu duci e amaru
di ‘nnà scarsa dieta puvuredda.
tuttu lu vilinazzu stramminatu
comu si l’omu avissi fattu guerra
guerra a la vita, guerra a lu criatu.
e nun si senti ciavuru di terra.
mercoledì 16 marzo 2022
LA CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA CONDANNA PUTIN E LA RUSSIA
domenica 6 marzo 2022
PUTIN ED IL “FRONTE INTERNO”: LA GRANDE PAURA
Bisognerà poi vedere se Putin si fermerà all’Ucraina o pretenderà altri territori in nome dell’espansionismo.
L’indifferenza del mondo all’occupazione bellica della Crimea nel 2014 è stato un segnale non ascoltato, che ha portato oggi alla invasione ed alla strage degli Ucraini con la lucidità di un pazzo criminale.
È stato un silenzio colpevole che ha innescato l’appetito vorace di un dittatore senza scrupoli.
In realtà Putin ha solo un punto debole ed è il “fronte interno”: quello della dissidenza, della coscienza di un popolo che rifiuta il genocidio ucraino e che non vuole assecondare il baratro della rovina verso cui lo sta spingendo il dittatore.
La storia insegna che alla fine nell’assecondare i progetti folli di un dittatore a rimetterci è sempre e comunque il popolo.
Putin ha perseguito con lucida strategia di rendere inoffensivo ed impotente il “fronte interno”.
Ecco perché da tempo ha avvelenato, ucciso, incarcerato tutti gli oppositori interni.
Ecco perché vieta persino di utilizzare i termini “guerra”, invasione e simili a proposito dell’Ucraina.
Ecco perché ha fatto promulgare dalla Duma, il parlamento fantoccio, una legge che punisce con 15 anni di carcere ogni autore di notizie che non siano compiacenti ai suoi desideri.
Ecco perché ha costretto le televisioni internazionali a ritirare i loro corrispondenti.
Ogni informazione libera e indipendente all’interno della Russia è stata annientata con lucida ferocia.
Putin continuerà a prendere in giro l’Occidente ed i suoi “intermediari”, proporrà finte tregue sino a quando Zelensky ed i suoi non si arrenderanno di fronte al genocidio del popolo ucraino.
Dopo l’Ucraina sarà la volta della Transnistria, quella lingua di terra tra l’Ucraina e la Moldavia che risulta indipendente. O della Moldavia? O dell’Estonia?
E poi? Chi porrà fine ai sogni di guerra del dittatore Putin?
L’FSB, il servizio segreto successore della KGB, assicura a Putin l’intercettazione di ogni membro del governo russo, sorveglia ogni comunicazione, ogni contatto ed ogni movimento di ogni politico russo. Pronto ad intervenire con “malattie” improvvise, incidenti o altro.
I veri eroi della Russia moderna sono i dissidenti, coloro che di fronte al dittatore non hanno paura di protestare e di invocare la libertà.
Putin teme loro più di ogni altra potenza estera. Ecco perché reprime con ferocia ogni tentativo di protesta e rassicura il popolo russo, fomentando l’odio verso le nazioni estere, colpevoli di “russofobia”.
Questa guerra potrà finire solo con la destituzione del dittatore Putin. Il mantenimento al potere di Putin è fuoco che cova sotto le ceneri.
Ed il popolo russo lo ha compreso.
By Michele Barbera
domenica 27 febbraio 2022
CARO VLADIMIR PUTIN...
Il copione è sempre lo stesso: annientamento dell’opposizione interna, culto della propria immagine di eroe-patriota, instaurazione di un regime autocratico ed antidemocratico, creazione del nemico “esterno”, espansionismo imperialista. Fino alla fine.
Per te parla la storia dell'interventismo in Siria, Libia, Crimea. Per non parlare degli stati mediorientali. Conflitti che non hanno aiutato quei popoli, ma che li hanno trascinati in un baratro di miseria e degrado.
Pretesti per fare la guerra non ne mancano mai. Soprattutto se si confida che gli altri stati non reagiranno. Soprattutto se si attaccano paesi che hanno un apparato bellico nemmeno lontanamente paragonabile a quello di una superpotenza.
Dicevi di voler difendere i confini della Russia dall’aggressione “potenziale” della Nato, dicevi di volere difendere le minoranze russofone del sud dell’Ucraina. Ma i fatti parlano di altro. Parlano di una leadership ucraina non digerita, di una democrazia che si muoveva in autonomia rispetto ai tuoi desideri. Parlano di una invasione programmata e deliberata di tutta una nazione, di un piano programmato di sterminio. Il tutto con la minaccia alle nazioni "occidentali" di non intervenire.
Sei ad un passo dallo scatenare la terza guerra mondiale. Che per l’umanità potrebbe essere l’ultima.
Se un giorno vi sarà memoria di questo come pensi che sarai ricordato?
Quante migliaia (decine, centinaia di migliaia?) di morti, anche innocenti, donne, bambini, quanti “effetti collaterali” ci vorranno prima di placare la tua violenza, il tuo “desiderio di potenza”? Che non è quello del popolo russo. Ne sono certo.
Pensavi che il dispiegamento bellico bastasse per far crollare il governo ucraino, che il popolo ucraino ti accogliesse come un liberatore (ma davvero pensavi questo?). Così non è stato.
Capisco perfettamente che per te è meglio ordinare l’”offensiva totale” piuttosto che di ordinare il ritiro dei carri armati, perché perderesti la faccia. O il potere. Cerchi ancora pretesti pseudo-politici ed insulti deliberatamente il governo ucraino, colpevole solo di non arrendersi. Credi davvero che questo sia il meglio per il popolo russo?
Ogni guerra è un vicolo cieco. L'odio porta odio e la violenza porta la violenza. Gli antichi strateghi insegnano che la migliore vittoria è quella in cui non si combatte. Hai commesso un errore fatale che può costare la sopravvivenza di tutta l’umanità. Vuoi davvero questo?
Rifletti. Vuoi essere davvero catalogato in futuro (se ci sarà un futuro) come il più grande criminale di guerra del secondo millennio?
La tua storia personale parla di un uomo che ha sempre soppesato ogni sua azione, di uno stratega che calcola e riflette prima di ogni decisione.
L’impulsività fa male ed ancor di più quando sono in gioco la sopravvivenza ed il benessere dei popoli.
L’umanità è ad una grande svolta: le questioni ambientali, lo sviluppo ecosostenibile, le scelte etiche di eguaglianza fra i popoli, il rispetto della natura e del pianeta. Sono queste le grandi sfide che i popoli dovranno necessariamente sostenere nei prossimi anni.
Una guerra non serve a nulla. Se non a portare distruzione e morte. Un cammino senza ritorno.
Vuoi davvero questo?
By Michele Barbera