sabato 28 maggio 2022

SICILIA GRANAIO D'ITALIA? LE SCELLERATE POLITICHE AGRICOLE EUROPEE


 

Adesso che con la guerra in Ucraina è scoppiata la crisi del grano per colpa di quel pazzo di Putin che vuole affamare mezzo mondo (oltre a sterminare una intera nazione), tutti - improvvisamente - si sono ricordati che la Sicilia era nominata il "granaio dell'Impero Romano". 
Adesso, dopo che per decenni i politici italiani hanno tutelato l'agricoltura del Nord, l'allevamento della vacche, il latte, il mais, il riso ed hanno abbandonato nelle fauci ottuse dei burocrati di Bruxelles l'agricoltura siciliana e del Meridione, quasi boicottando la produzione di grano.
Oggi, nonostante tutto, in media la Sicilia produce oltre 770 mila tonnellate di grano all'anno e sicuramente potrebbe produrne di più, ma a che condizioni?
Hanno fatto storia le navi che approdavano in Sicilia con il grano canadese avvelenato di glifosate. Ma nessuno si chiede perché il grano siciliano è stato pagato per decenni ad un prezzo di mercato così irrisorio da scoraggiare i produttori a continuare le semine, con il risultato che siamo diventati sempre più vittime delle importazioni di un prodotto che da noi (come altri prodotti) raggiunge il grado di eccellenza. 
La verità è che per decenni l'agricoltura siciliana è stata devitalizzata, preda di burocrazie sorde ed ottuse, priva di dinamicità, strangolata dalle speculazioni di mercato. 
Risultato? Terreni incolti, abbandono delle colture autoctone, ricerca di nuovi "prodotti" per soddisfare i pruriti del mercato e sopravvivere. 
L'agricoltura è essenziale per l'economia e la vita di una Nazione. Prestare maggiormente tutela e sostegno alle peculiarità dell'agricoltura non è superfluo, né arretrato. Credo che oggi con la guerra in Ucraina, che ha distrutto interi cicli economici e sterminato inutilmente un popolo, l'Europa ed i nostri politucoli italiani si siano finalmente resi conto che incentivare l'agricoltura e renderci meno dipendenti dalla "globalizzazione" significa garantire il benessere di una Nazione. 
By Michele Barbera 

   

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