domenica 28 agosto 2022

“PARACADUTATI” ALLE ELEZIONI: UNO SCHIAFFO PER LA SICILIA ED I SICILIANI

 


Se qualcuno avesse voluto una prova (l’ennesima) del più bieco e becero opportunismo dei politici di questa Italietta, lo invito a scorrere le liste dei candidati al maggioritario ed al proporzionale.
Vince ovunque la ricerca del posto sicuro, del collegio blindato.
Una volta si diceva che il deputato doveva essere espressione del territorio. Oggi è l’esatto contrario: il candidato paracadutato potrà – al più – essere fedele e riconoscente al partito ( o movimento che dir si voglia) che lo ha piazzato, ma che interesse potrà avere per un territorio in cui forse sarà andato a fare una o due serate preelettorali?
In Sicilia non è andata meglio che in altre zone d’Italia. Oggi, anziché il granaio d’Italia, è vista come un feudo elettorale, un bottino da depredare, dove i risultati si danno per scontati. Così, qualche big di partito ha piazzato il suo sedere o quello dell’amico, o della sua fidanzata o compagna in collegi definiti “blindati”, un insulto all’elettorato, od anche in uno o più listini regionali legati all’aritmetica astratta o al gioco dei dadi dei consensi.
Il territorio è scomparso, la partitocrazia scellerata si è spartita l’Italia con una emigrazione incrociata di cavalier serventi e di ventura, in tremante attesa che i voti confermino la profezia delle statistiche, salvo – poi – una volta a Roma, voltar gabbana e spalle alla prima occasione di una poltrona o di un gratificante appannaggio. Ci sono politici che - con disinvoltura e faccia tosta - hanno cambiato idea, casacca e opinioni al primo spirar del vento, e che ancora oggi trovano incredibilmente posto in prima linea per il parlamento.
È il mostro che divora se stesso: cosa si possono aspettare i partiti che hanno asservito il popolo ad una classe politica mercenaria, che punta allo scranno di onorevole come un disoccupato all’agognato posto fisso?
A farne spese sono le regioni che, paradossalmente, avrebbero più bisogno di una classe politica attenta ed attiva ai loro bisogni, come la Sicilia.
Non è vero è che in Sicilia vi sono solo “pecoroni”.
La Sicilia da tempo aspira al cambiamento, è disponibile a giocarsi ogni volta il tutto per tutto pur di cambiare. Negli anni passati si sono visti capovolgimenti di fronte, i grillini che gridavano al “cappotto”, come avevano fatto prima i berlusconini.
Ma, a valutare i fatti, si vede come, ogni volta, se i suonatori sono cambiati, la musica è rimasta sempre la stessa. E la Sicilia sprofonda, sempre più arrabbiata, sempre più disillusa.
Ancora oggi, in questi primi scorci di campagna elettorale, tutti ad esortare che “la Sicilia deve cambiare” che i “siciliani devono avere uno scatto di orgoglio”, “prima la Sicilia” e così via...
Siamo sicuri  che i siciliani devono cambiare oppure è la classe politica barbina e farlocca che deve fare un serio esame di coscienza?
Ed i politici siciliani? Sono scomparsi? No, semmai, i più scaltri hanno utilizzato pure loro le alchimie della statistica per farsi paracadutare in collegi o listini apparentemente sicuri.
Non pigliamoci in giro. Per favore. Votare un ”candidato  forestiero”,  un soldato di ventura, uno (o una) che all’indomani delle elezioni e dei ringraziamenti di rito non riserverà un rigo delle sua agenda a quel territorio, che volete che utilità abbia?
La verità è che il paracadutismo serve proprio a cancellare le tracce di questo rapporto con il territorio: se il politico eletto fa male, lo si va a paracadutare da un’altra parte.
È una sorta di gioco delle tre carte, il supremo inganno, in cui a vincere sono sempre e solo i partiti. Ed a perdere, purtroppo, è il popolo.
By Michele Barbera


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