Invaso Garcia |
Siciliacque insiste per
realizzare il suo acquedotto. Per farlo ha dato al Comune di Menfi risposte
generiche, errate e fuorvianti, dicendo che provvederà a modificare il
progetto.
Perché?
Semplice, perché realizzando l’acquedotto rivende ai siciliani l’acqua che loro stessi hanno.
È il sogno di ogni imprenditore: avere il prodotto da vendere a costo quasi zero, senza problemi di approvvigionamento.
Ma da altre parti (Italia) che succede?
Regione Puglia. “Acquedotto Pugliese”, società interamente pubblica, di cui è proprietaria la Regione Puglia, con le risorse del PNRR sta realizzando il più grande dissalatore ad osmosi inversa d'Italia. Il costo? Cento milioni di euro, lo stesso del nostro fantomatico acquedotto.
Però, Acquedotto Pugliese è società pubblica che non guarda al solo profitto e con la realizzazione del dissalatore preserverà le risorse idriche della regione e migliorerà le falde acquifere pugliesi.
Ecco come si fa un'opera utile.
In Israele il 90% dell’acqua potabile deriva da azioni di recupero.
In Arabia è stato sviluppato il primo dissalatore ad impatto zero che disseterà un nucleo di città costruite nel mezzo del deserto.
Le Isole Canarie hanno in fase di realizzazione un impianto dissalatore autoalimentante che sarà ubicato nell’oceano.
La dissalazione effettuata con energie rinnovabili costituisce una delle sfide principali per il futuro dei Paesi soggetti a scarsità idrica e le zone aride, dove i dissalatori sono più usati, sono anche quelle con il maggior irraggiamento solare e quindi più̀ adatte al fotovoltaico.
Udite udite, anche il mitico Musumeci, intervistato dal
Messaggero, nella nuova veste di ministro ha detto la sua: “contro la siccità, secondo il ministro della Protezione Civile e del
Mare, Nello Musumeci, uno degli obiettivi del governo è "investire in
dissalatori e depuratori". Per Musumeci, bisogna "guardare al modello
israeliano per ridurre gli sprechi, ad esempio non usare acqua potabile per
irrigare i campi".
Siciliacque, invece, per fare l’acquedotto ha dismesso il dissalatore di Trapani (ritenuto antieconomico), ed ha abbandonato l’idea di costruire un dissalatore a Marsala.
Tanto c’è il Garcia. Dove l’acqua si può prelevare senza problemi. È davvero così?
L’invaso del Garcia ha una capacità di 80 milioni di metri cubi. Ma per la quasi totalità del tempo e delle stagioni non riesce ad andare oltre la metà della capienza. Per di più non dimentichiamo che l’acqua del Garcia dovrebbe servire il comprensorio agricolo Sicilia-ovest ed è pure destinata ad usi civili.
Quest’anno, a marzo 2023, nei 25 invasi siciliani mancavano all’appello ben 230 milioni di metri cubi di acqua. Proprio il Garcia registrava a marzo un volume di appena 39 milioni di mc, mentre l’anno scorso nello stesso periodo erano 55.
Il progetto Siciliacque ha una portata stimata di oltre 300 l/s. L’approvvigionamento dal Garcia (che peraltro è un’area naturale protetta) è stimato in circa 6 milioni di mc all’anno.
In caso di cicli temporali siccitosi a farne le spese sarà in primo luogo l’agricoltura, in quanto l’uso civico avrà la precedenza. Non solo, ma il progetto prevede che il “nuovo sistema di adduzione sia il più universale possibile, con la capacità di sostituzione di qualsiasi altra fonte locale”.
Nella Relazione Generale del progetto si afferma che le risorse Garcia “nodo Menfi” e Montescuro ovest sono “complementari” fino al raggiungimento della portata di 300 l/s. E nel caso si può sostituire il deficit di risorsa con “temporanei maggiori prelievi da Garcia”.
Il nodo partitore di Menfi, acquista, dunque, una notevole importanza, anche ai fini dell'eventuale implementazione della portata idrica dell'adduttore.
Ma l’invaso del Garcia non è infinito, non è rinnovabile e risente delle stagioni siccitose. In caso di necessità, dunque, nessuna fonte idrica è esentata dall’implementare la portata dell’acquedotto.
Intanto a Mazara del Vallo, nel febbraio di quest’anno, i cittadini hanno raccolto le firme per la realizzazione di un dissalatore che risolverebbe i problemi idrici della città.
Ma Siciliacque si ostina a portare avanti il mega-faraonico acquedotto inutile e costoso, oltre che obsoleto. Nello spirito e nei fatti l’opera viola i principi del PNRR, non risolve i problemi della cronica carenza d’acqua in Sicilia e non è trasportando l’acqua ad alcuni per toglierla ad altri che si risolve il problema.
Le “migliorie” al progetto promesse al Comune di Menfi riguardano alcuni aspetti secondari di natura tecnica della realizzazione che non spostano la questione principale di un millimetro.
Perché?
Semplice, perché realizzando l’acquedotto rivende ai siciliani l’acqua che loro stessi hanno.
È il sogno di ogni imprenditore: avere il prodotto da vendere a costo quasi zero, senza problemi di approvvigionamento.
Ma da altre parti (Italia) che succede?
Regione Puglia. “Acquedotto Pugliese”, società interamente pubblica, di cui è proprietaria la Regione Puglia, con le risorse del PNRR sta realizzando il più grande dissalatore ad osmosi inversa d'Italia. Il costo? Cento milioni di euro, lo stesso del nostro fantomatico acquedotto.
Però, Acquedotto Pugliese è società pubblica che non guarda al solo profitto e con la realizzazione del dissalatore preserverà le risorse idriche della regione e migliorerà le falde acquifere pugliesi.
Ecco come si fa un'opera utile.
In Israele il 90% dell’acqua potabile deriva da azioni di recupero.
In Arabia è stato sviluppato il primo dissalatore ad impatto zero che disseterà un nucleo di città costruite nel mezzo del deserto.
Le Isole Canarie hanno in fase di realizzazione un impianto dissalatore autoalimentante che sarà ubicato nell’oceano.
La dissalazione effettuata con energie rinnovabili costituisce una delle sfide principali per il futuro dei Paesi soggetti a scarsità idrica e le zone aride, dove i dissalatori sono più usati, sono anche quelle con il maggior irraggiamento solare e quindi più̀ adatte al fotovoltaico.
Siciliacque, invece, per fare l’acquedotto ha dismesso il dissalatore di Trapani (ritenuto antieconomico), ed ha abbandonato l’idea di costruire un dissalatore a Marsala.
Tanto c’è il Garcia. Dove l’acqua si può prelevare senza problemi. È davvero così?
L’invaso del Garcia ha una capacità di 80 milioni di metri cubi. Ma per la quasi totalità del tempo e delle stagioni non riesce ad andare oltre la metà della capienza. Per di più non dimentichiamo che l’acqua del Garcia dovrebbe servire il comprensorio agricolo Sicilia-ovest ed è pure destinata ad usi civili.
Quest’anno, a marzo 2023, nei 25 invasi siciliani mancavano all’appello ben 230 milioni di metri cubi di acqua. Proprio il Garcia registrava a marzo un volume di appena 39 milioni di mc, mentre l’anno scorso nello stesso periodo erano 55.
Il progetto Siciliacque ha una portata stimata di oltre 300 l/s. L’approvvigionamento dal Garcia (che peraltro è un’area naturale protetta) è stimato in circa 6 milioni di mc all’anno.
In caso di cicli temporali siccitosi a farne le spese sarà in primo luogo l’agricoltura, in quanto l’uso civico avrà la precedenza. Non solo, ma il progetto prevede che il “nuovo sistema di adduzione sia il più universale possibile, con la capacità di sostituzione di qualsiasi altra fonte locale”.
Nella Relazione Generale del progetto si afferma che le risorse Garcia “nodo Menfi” e Montescuro ovest sono “complementari” fino al raggiungimento della portata di 300 l/s. E nel caso si può sostituire il deficit di risorsa con “temporanei maggiori prelievi da Garcia”.
Il nodo partitore di Menfi, acquista, dunque, una notevole importanza, anche ai fini dell'eventuale implementazione della portata idrica dell'adduttore.
Ma l’invaso del Garcia non è infinito, non è rinnovabile e risente delle stagioni siccitose. In caso di necessità, dunque, nessuna fonte idrica è esentata dall’implementare la portata dell’acquedotto.
Intanto a Mazara del Vallo, nel febbraio di quest’anno, i cittadini hanno raccolto le firme per la realizzazione di un dissalatore che risolverebbe i problemi idrici della città.
Ma Siciliacque si ostina a portare avanti il mega-faraonico acquedotto inutile e costoso, oltre che obsoleto. Nello spirito e nei fatti l’opera viola i principi del PNRR, non risolve i problemi della cronica carenza d’acqua in Sicilia e non è trasportando l’acqua ad alcuni per toglierla ad altri che si risolve il problema.
Le “migliorie” al progetto promesse al Comune di Menfi riguardano alcuni aspetti secondari di natura tecnica della realizzazione che non spostano la questione principale di un millimetro.
Manca del tutto una serie analisi previsionale dei livelli idrici di bacino e non basta una generica rassicurazione che non verrà prelevata l'acqua dai pozzi di C.da Feudotto a Menfi.
Nessuna fonte idrica è al sicuro. Siciliacque, anziché puntare al rinnovabile, punta invece all’impoverimento cronico del territorio e, nel momento in cui si raggiungerà la criticità, potete stare tranquilli che la multinazionale, che ha la maggioranza del capitale, abbandonerà la Sicilia a se stessa in cerca di nuovi profitti e di nuovi territori.
In conclusione, occorre:
a) che Siciliacque si confronti in una conferenza di servizi con i cittadini interessati (la società ed il Comune di Menfi non hanno mai risposto alle pressanti istanze in tal senso rivolte dai vari comitati);
b) che venga recuperata la possibilità di reimmettere in funzione il dissalatore di Trapani alimentandolo con i pannelli solari;
c) che venga prevista la possibilità di realizzare depuratori delle acque reflue per l’utilizzo in agricoltura e nuovi dissalatori laddove siano registrate esaurimenti di falde e/o loro inquinamento;
d) che venga adoperata l’innovazione tecnologica per implementare i dissalatori a “impatto zero” come alternativa seria e produttiva rispetto all’inutile acquedotto.
Se Siciliacque non vuole fare questo, deve essere necessariamente estromessa dal capitale la quota “privata”, considerato che la gestione virtuosa dell’acqua pubblica non può prescindere dalla tutela della risorsa idrica e dall’adozione di pratiche di interesse pubblico non mirate alla speculazione in un ambito essenziale che mette a rischio non solo la sopravvivenza economica della Sicilia, ma anche della popolazione civile.
Le amministrazioni locali interessate debbono battersi per questo, reclamando anche presso la Regione, che non può “dormire” o rimanere indifferente rispetto a strategie speculative private che contraddicono ogni logica di investimenti pubblici.
By Michele Barbera
Nessuna fonte idrica è al sicuro. Siciliacque, anziché puntare al rinnovabile, punta invece all’impoverimento cronico del territorio e, nel momento in cui si raggiungerà la criticità, potete stare tranquilli che la multinazionale, che ha la maggioranza del capitale, abbandonerà la Sicilia a se stessa in cerca di nuovi profitti e di nuovi territori.
In conclusione, occorre:
a) che Siciliacque si confronti in una conferenza di servizi con i cittadini interessati (la società ed il Comune di Menfi non hanno mai risposto alle pressanti istanze in tal senso rivolte dai vari comitati);
b) che venga recuperata la possibilità di reimmettere in funzione il dissalatore di Trapani alimentandolo con i pannelli solari;
c) che venga prevista la possibilità di realizzare depuratori delle acque reflue per l’utilizzo in agricoltura e nuovi dissalatori laddove siano registrate esaurimenti di falde e/o loro inquinamento;
d) che venga adoperata l’innovazione tecnologica per implementare i dissalatori a “impatto zero” come alternativa seria e produttiva rispetto all’inutile acquedotto.
Se Siciliacque non vuole fare questo, deve essere necessariamente estromessa dal capitale la quota “privata”, considerato che la gestione virtuosa dell’acqua pubblica non può prescindere dalla tutela della risorsa idrica e dall’adozione di pratiche di interesse pubblico non mirate alla speculazione in un ambito essenziale che mette a rischio non solo la sopravvivenza economica della Sicilia, ma anche della popolazione civile.
Le amministrazioni locali interessate debbono battersi per questo, reclamando anche presso la Regione, che non può “dormire” o rimanere indifferente rispetto a strategie speculative private che contraddicono ogni logica di investimenti pubblici.
By Michele Barbera
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