Depositate le motivazioni del provvedimento con cui la Sesta Sezione
Penale della Corte di Cassazione ha annullato la condanna ad un
quarantesettenne menfitano per minacce, violenza e mancato assolvimento agli
obblighi di assistenza e di mantenimento nei confronti dei familiari.
La Corte di Appello di Palermo aveva ritenuto, durante il processo di impugnazione, che sussistessero gli estremi per la conferma della condanna penale alla reclusione per il menfitano M.G. per fatti risalenti al 2017.
Le motivazioni della sentenza di appello sono state impugnate con ricorso per cassazione dal nostro studio legale nella ritenuta sussistenza di palesi violazioni alla normativa sul giusto processo e sulla nullità degli atti, in particolare della sentenza.
In particolare, sono state rilevate, davanti la Corte di Cassazione, numerosi vizi relativi all’adozione della decisione di condanna avuto riguardo alle regole prescritte dal codice di procedura penale e nella redazione della sentenza.
Tali regole, poste a presidio della corretta delibazione degli atti da parte della Corte, risultavano oggettivamente violate nella redazione della sentenza, con riguardo alla formazione delle parti processuali ed alla loro presenza, alla corretta individuazione del Giudice di prime cure, alla natura e quantità della pena applicata ed alla corretta sussunzione della fattispecie nella delineata decisione della Corte di Appello.
La Procura Generale della Corte di Cassazione ha condiviso il ricorso ed il Procuratore ha concluso anch’egli per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della condanna, rilevando la violazione formale delle norme sul giusto processo penale.
Il Collegio della Sesta Sezione della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso ed ha annullato la condanna.
La sentenza è sintomatica dell’attenzione che durante il processo si deve prestare non solo durante la delicata fase dibattimentale, ma anche nella redazione dei provvedimenti che non possono utilizzare schemi stereotipi o motivazioni preconfezionate ma debbono necessariamente aderire alle peculiari caratteristiche della fattispecie.
Questo è il giusto processo, il solo che può garantire equanimità e giustizia, nel rispetto delle regole democratiche.
La sentenza dimostra, inoltre, come – molto spesso – non bastano due gradi di processo per pervenire ad una decisione conforme alle risultanze probatorie ed ai criteri di giustizia ed equità che devono presiedere all’ufficio del giudice. Non si tratta di mero garantismo, ma di rispetto della dignità della funzione giudiziaria, espressione viva di indipendenza e democrazia.
È con soddisfazione che accogliamo la decisione della Corte di Cassazione che conferma, laddove vi sia il bisogno, che solo una disamina attenta e serena, scevra da pregiudizi, da parte dei Giudici può condurre ad una soluzione processuale rispettosa dei canoni costituzionali, sostanziali e processuali, soprattutto nel delicato settore della giustizia penale, che non può indulgere in approssimazioni e carenze nel valutare la responsabilità dei cittadini.
By Studio Legale Barbera Press Team
La Corte di Appello di Palermo aveva ritenuto, durante il processo di impugnazione, che sussistessero gli estremi per la conferma della condanna penale alla reclusione per il menfitano M.G. per fatti risalenti al 2017.
Le motivazioni della sentenza di appello sono state impugnate con ricorso per cassazione dal nostro studio legale nella ritenuta sussistenza di palesi violazioni alla normativa sul giusto processo e sulla nullità degli atti, in particolare della sentenza.
In particolare, sono state rilevate, davanti la Corte di Cassazione, numerosi vizi relativi all’adozione della decisione di condanna avuto riguardo alle regole prescritte dal codice di procedura penale e nella redazione della sentenza.
Tali regole, poste a presidio della corretta delibazione degli atti da parte della Corte, risultavano oggettivamente violate nella redazione della sentenza, con riguardo alla formazione delle parti processuali ed alla loro presenza, alla corretta individuazione del Giudice di prime cure, alla natura e quantità della pena applicata ed alla corretta sussunzione della fattispecie nella delineata decisione della Corte di Appello.
La Procura Generale della Corte di Cassazione ha condiviso il ricorso ed il Procuratore ha concluso anch’egli per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della condanna, rilevando la violazione formale delle norme sul giusto processo penale.
Il Collegio della Sesta Sezione della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso ed ha annullato la condanna.
La sentenza è sintomatica dell’attenzione che durante il processo si deve prestare non solo durante la delicata fase dibattimentale, ma anche nella redazione dei provvedimenti che non possono utilizzare schemi stereotipi o motivazioni preconfezionate ma debbono necessariamente aderire alle peculiari caratteristiche della fattispecie.
Questo è il giusto processo, il solo che può garantire equanimità e giustizia, nel rispetto delle regole democratiche.
La sentenza dimostra, inoltre, come – molto spesso – non bastano due gradi di processo per pervenire ad una decisione conforme alle risultanze probatorie ed ai criteri di giustizia ed equità che devono presiedere all’ufficio del giudice. Non si tratta di mero garantismo, ma di rispetto della dignità della funzione giudiziaria, espressione viva di indipendenza e democrazia.
È con soddisfazione che accogliamo la decisione della Corte di Cassazione che conferma, laddove vi sia il bisogno, che solo una disamina attenta e serena, scevra da pregiudizi, da parte dei Giudici può condurre ad una soluzione processuale rispettosa dei canoni costituzionali, sostanziali e processuali, soprattutto nel delicato settore della giustizia penale, che non può indulgere in approssimazioni e carenze nel valutare la responsabilità dei cittadini.
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