La vicenda triste di
Lavagna, con il giovane che si è suicidato perché sorpreso con
l'hashish, davanti agli occhi della Guardia di Finanza che stava
perquisendo la casa e davanti gli occhi della madre, ci insegna
molto. Ci insegna a non fidarci delle apparenze, perché non è stato
un controllo casuale, ma è stata la madre a chiamare gli agenti,
perché non c'era altro modo e non sopportava più di vedere suo
figlio quindicenne soffocare tra le spire di quel maledetto mostro
chiamato droga. Ci insegna a non fidarci di chi vuole che le droghe
siano liberalizzate, che le distingue tra leggere e pesanti, che non
legge negli occhi del drogato il dramma di un'esistenza perduta già
a soli quindici anni. Ci insegna ad amare il coraggio di una madre
che davanti la bara del figlio trova la forza per denunciare che lo
“sballo” è qualcosa di profondamente sbagliato, che non porta da
nessuna parte, che è un atto contro la vita. Ci insegna ad
apprezzare la vita, che intorno a noi c'è un mondo che merita di
essere esplorato, vissuto, che nessuna difficoltà può essere tanto
grande da farci rifiutare i nostri errori e le nostre mancanze. La
vicenda di Lavagna ci insegna che la famiglia non è un foglio
anagrafico, ma un luogo di incontro e di scontro, un qualcosa che si
costruisce ogni giorno e che cresce assieme a noi, anche con i nostri
sbagli e con le critiche degli altri. Un luogo dove il silenzio può
essere il peggiore dei mali. Dove chiedere aiuto, trovare rifugio,
che significa anche ammettere i propri errori, sicuri che troveremo
conforto e che prima ancora della pena arriverà il perdono. Significa anche che essere genitori e figli non è vivere a compartimenti stagni, ma essere vasi comunicanti, che lo si voglia o no e che quel che succede ad uno lo vivono anche gli altri. La
vicenda di Lavagna insegna molto, anche che l'amore di una madre è
il più grande dono che possiamo ricevere e rifiutarlo è il peggiore
dei mali, anzi, è il rifiuto stesso della vita.
By Michele Barbera
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