Esame Incrociato è il titolo dell’ultimo romanzo di Michele Barbera, avvocato e scrittore menfitano, che dopo la sua prima opera : “Neri di Sicilia” (vincitore nel 2011 del premio nazionale NeroBrand con il racconto “In punto di morte”) ci incanta con un legal triller da leggere tutto di un fiato, che pagina dopo pagina appassiona il lettore nel vortice giallo di un’avventura legale. Protagonista del romanzo è Marco Billemi, giovane avvocato penalista che, nell’ovattato studio legale di una caotica Palermo, si trova innanzi ad una difficile scelta: accettare l'uccisione del proprio migliore amico ( il giudice Beppe Maisano) o assumere la difesa del suo assassino? Senza scoprire gli intriganti risvolti di questo legal, ecco l’intervista a Michele Barbera:
D: ESAME INCROCIATO è il suo ultimo legal thriller, cosa o chi l’ha spinta nello scrivere questo giallo?
R: Intanto vorrei precisare che ESAME INCROCIATO in senso proprio è un legal, diciamo una sottospecie del genere giallo. Da quest’ultimo si differenzia essenzialmente per via del fatto che la vicenda ruota attorno ad un processo, cosa che nel giallo “classico” può mancare. Direi poi che ESAME INCROCIATO nasce da un vissuto emozionale particolare. E’ qualcosa, un’idea che matura piano, che si costruisce giorno dopo giorno ed alla fine… ti trovi il romanzo nelle sue linee essenziali che aspetta solo di essere trasposto su carta. Poi è questione solo di pazienza e di umile e silenzioso lavoro. E’ un parto lento, comunque. Nel caso di ESAME INCROCIATO ci sono voluti quasi due anni prima che venisse alla luce!
D: Erle Stanley Gardner (creatore della figura letteraria di Perry Mason), Scott Turow (autore di Presunto Innocente, L’onere della prova), John Grisham (autore de La Giuria, Rapporto Pelican), a chi di questi tre importanti scrittori di legal thriller si ispira? O si ispira alla realtà cruda del Tribunale?
R: Sono tutti e tre dei “mostri sacri” a cui è impossibile paragonarsi. Li ho letti nella quasi totalità e forse solo esclusivamente per ragioni “anagrafiche” gradisco più Grisham e Turow, piuttosto che Gardner. Sono di sicuro dei Maestri, ciascuno a modo loro, del genere. Aggiungerei anche Steve Martini e J. Deaver. Gli scrittori americani di legal sono molto scenografici e danno un’impronta di “grandiosità” alle loro opere. Anche se a volte i loro libri sono quasi dei “fumettoni”, piatti, bidimensionali. La realtà italiana (Carofiglio, in primis) è legata a vicende più prosaiche, quotidiane, quasi minimaliste, anche se più “profonde”, intime, coinvolgenti. ESAME INCROCIATO, pur traendo origine dalla vita, come dici tu, “cruda” dei Tribunali italiani ha uno sfondo suggestivo che aspira ad una dimensione internazionale, ma sempre ancorata ad una verosimile realtà giudiziaria.
D: Ora, entriamo nel suo ESAME INCROCIATO, la domanda è d’obbligo…perché questo titolo che richiama un istituto di common law?
R: Volevo un titolo che fosse immediatamente riconoscibile e che non fuorviasse il lettore, quanto piuttosto l’incuriosisse. ESAME INCROCIATO, oltre a richiamare il metodo di interrogare i testimoni che accomuna il processo americano ed il nostro processo, è sintomatico di una lettura “multipiano” in cui le vicende si intersecano fra loro, mettendo in evidenza anche sfumature di tipo intimistico e soggettivo dei protagonisti della storia.
D: Marco Billemi, giovane avvocato protagonista del libro chi è?
R: Parafrasando Pirandello, verrebbe da dire che è un personaggio in cerca d’autore. Che poi è la realtà. Il personaggio-Billemi matura lungo lo sviluppo del libro, smussa alcune spigolosità del suo essere “giovane” ed “avvocato”, fino ad acquisire il magico “punto di equilibrio” che segna, poi, la maturità del personaggio. Il Billemi dell’inizio del romanzo e quello alla fine, pur mantenendo la medesima individualità, sono quasi due personaggi differenti.
D: La figura del Billemi è quindi quella di un avvocato con un cuore, lontano dagli stereotipi dell’avvocato avido di soldi e privo di sentimenti?
R: Il senso recondito del romanzo è proprio questo: un Billemi in conflitto con se stesso, con sentimenti contrastanti, propri di chi, fino ad un certo momento, ha vissuto una quotidianità tranquilla che poi viene sconvolta da un evento che lo costringe a fare scelte senza compromessi. Il tutto alla quasi forzata ricerca di una verità “scomoda”. In tutti i sensi. Billemi è una sorta di Ulisse che nella sua personale odissea è alla ricerca continua di un approdo sicuro. Che poi alla fine troverà. Forse...
D: Un’ultima domanda. No, non le chiedo come finisce ESAME INCROCIATO, ma le domando, tentando un’unione tra il suo legal thriller e la recentissima realtà, il giovane avvocato Billemi (capace di emozionarsi e di rischiare per qualcuno o qualcosa che tiene a cuore) che avrebbe fatto davanti la problematica della chiusura del suo Tribunale? Come ben può capire, faccio riferimento al Tribunale di Sciacca…
R: Ti ringrazio di questa domanda. Permettimi, però, di uscire dalla finzione e di mettere i piedi “a terra”. E’ importante capire che la chiusura di un Tribunale non è cosa che interessa “solo” gli avvocati. Anzi, a ben vedere, gli avvocati dovrebbero essere gli ultimi a preoccuparsi, in quanto l’accorpamento degli Uffici Giudiziari, sotto certi profili ed egoisticamente parlando, evita l’accavallarsi di impegni ed agevola le trasferte. Invece, ed in modo drammatico, la chiusura dei Tribunali interessa sopratutto le popolazioni coinvolte. Saranno loro a soffrire per la perdita del “servizio-giustizia” che già oggi soffre della malattia chiamata “aziendalizzazione”, che molti scambiano per “efficienza”. Più lontana è la percezione della giustizia, più aumenterà il senso di impunità e di “assenza dello Stato”. Inutile dire quali saranno le tragiche conseguenze nel vivere sociale. Sono le popolazioni che si devono mobilitare contro lo smantellamento del sistema “giustizia”, così come è già successo per il nucleare o per la privatizzazione dell’acqua. Ci sono valori sacri ed intangibili che devono essere tutelati, come la salute, l’istruzione o la giustizia, che non è possibile leggere solo attraverso la logica astratti dei numeri del profitto. Tornando al discorso di prima, credo che il povero Billemi, da solo, avrebbe potuto fare ben poco…