giovedì 9 gennaio 2014

“LUCILLO ED IL DRAGO MANGIATEMPO” FINALISTA AL PREMIO NAZIONALE CHARLES PERRAULT- FESTIVAL NAZIONALE DELLA FIABA


L’Istituto Culturale della Calabria “Il Musagete” da tempo ci stupisce con l’organizzare manifestazioni letterarie non solo di altissimo livello, ma anche originali e di grande richiamo sul piano nazionale.
Così è per il Premio Nazionale Charles Perrault, grande affabulatore secentesco francese. Perrault esercitò per qualche tempo la carriera forense, ma a partire dal 1683 si dedicò completamente alla letteratura, scrivendo fiabe e favole che sono entrate di buona ragione nei classici della letteratura.
“Il Musagete” ha puntato ad un partecipatissimo concorso nazionale, da cui sono state selezionate venti fiabe finaliste che saranno pubblicate nell’antologia “Il sentiero magico”.
Ma il concorso non finisce qui.
Infatti, dimostrando una grande lungimiranza didattica ed un notevole senso pratico, il volume con le fiabe sarà assegnato ai bambini (da 6 a 11 anni) partecipanti alla terza edizione del Premio di Lettura Hansel e Gretel che ha come finalità principale di avvicinare i bambini alla lettura. Il premio procederà a tappe in vari paesi e scuole calabresi. Ad ogni tappa parteciperanno 20 bambini ai quali saranno abbinate le 20 fiabe pubblicate nel libro. Ogni bambino leggerà alcuni brani della fiaba e accompagnerà la sua perfomance con un breve commento sulla fiaba assegnata. In ogni tappa una speciale Giuria (composta da docenti, letterati e giornalisti) valuterà le 20 fiabe.
La fiaba che ho scritto, “Lucillo ed il Drago Mangiatempo”, è stata selezionata fra i finalisti.
Debbo dire che ho sempre affrontato il tema della letteratura per bambini con molta prudenza. So bene quanto è importante per i bambini leggere e quanto siano recettivi sui messaggi che vengono trasmessi, anche in chiave allegorica, con la letteratura favolistica. Per questo sono particolarmente orgoglioso di avere partecipato a questo progetto didattico ed educativo, con la speranza che la mia fiaba possa essere utile ad accrescere il patrimonio culturale di questi piccoli ma importanti lettori.
Al ringraziamento per l’attenzione dedicata alla mia opera non posso che auspicare che iniziative come quella de “Il Musagete” diventino sempre più numerose nell’avvicinare gli studenti di ogni ordine e grado alla lettura, con un approccio interessato e critico.

By Michele Barbera

martedì 7 gennaio 2014

IL PIACERE DI LEGGERE: UN PROBLEMA DI LUSSO DI SANDRO LA ROSA


Ho letto il romanzo del giornalista e scrittore agrigentino Sandro La Rosa con il gusto che riservo alle occasioni speciali. Mi sono ritagliato un pomeriggio di questo freddo inverno ed ho assaporato ad una ad una le pagine de “Un problema di lusso”. Il tono del romanzo è leggero, lo stile scorrevole, sciolto, con cadenze tipiche e proprie della “sicilianità”. Ho notato una certa raffinatezza nelle descrizioni che si riverbera nel tratteggio a tutto tondo dei personaggi che agiscono e non solo di quelli principali. La vicenda si snoda sui binari di un dialogo intergenerazionale che ha protagonisti forti e decisi, basti pensare alla sagace figura del principe Malabotta o della vispa professoressa Lo Tempio. Si intravede, fra le righe, una profondità prospettica della trama che un’ironia lieve vorrebbe nascondere. Il nodo gordiano del romanzo, la morte “sospetta” di un anziano, scivola e si nasconde nelle pieghe delle vicende familiari del protagonista, un mite e quasi pacioccone professore Di Giovanni, che intervallano e depistano il lettore. Senza volere svelare la soluzione, davvero inusuale per un “giallo”, l’opera di La Rosa  va al di là del semplice romanzo di genere ed affronta con una prospettiva leggera e penetrante il problema (serio) della qualità della vita, non solo degli anziani, e di come la coscienza a volte imponga delle scelte particolarmente difficili e renda la vita stessa un problema. Di lusso, per l’appunto.  
By Michele Barbera 

sabato 4 gennaio 2014

2014 AL FEMMINILE: IL PRIMO STUDIO LEGALE ARABO GESTITO DA DONNE E LO STUPRO IN INDIA DI UNA DODICENNE

Due storie. Di donne. Diverse, eppure accomunate da una intrinseca caratteristica, la voglia di riscatto e di ribellione. E' l'altra metà del cielo che si ribella a preconcetti, pregiudizi, prepotenza. 
La prima è quella di Bayan Alzahran, prima donna ad aver ottenuto la qualifica di avvocato nell'Arabia Saudita. Da sempre il regno saudita è stato additato per l'ultraconservatorismo e la discriminazione nei confronti della donna: le donne non possono guidare l'automobile né andare dal medico senza permesso o viaggiare se non scortate da un "guardiano" maschio, né tanto meno aprire un conto in banca.
L'apertura di uno studio legale, l'avviamento di una professione che già di per sé si qualifica come rispettosa delle prerogative e dei diritti, è un segnale fondamentale che non deve andare perduto. 
E' sintomo che qualcosa si va muovendo nella direzione giusta. Chi lo sa se questo nuovo anno - 2014 - guidi anche le civiltà arabe nel segno di una giusta rivalutazione del ruolo della donna nella società. 







Sull'altro fronte qualcosa di terribile, nefasto, feroce, orrorifico. 
In India, una ragazza di appena 12 anni è morta, uccisa dai suoi aguzzini che l'avevano violentata due volte in due giorni. Il branco ha colpito ancora. 
Ma per aggiungere crudeltà alla crudeltà la ragazzina è stata  bruciata viva dai suoi violentatori che volevano liberarsi così dalla possibilità dell'accusa e della prova del loro misfatto, dopo che la ragazzina, vittima della violenza aveva deciso di denunciare lo stupro subito alla polizia. La famiglia della vittima, originaria dello stato del Bihar, si era trasferita da cinque mesi nella zona di Calcutta e aveva ulteriormente cambiato casa, spostandosi nella zona dell’aeroporto, per sfuggire alle minacce di morte che i violentatori avevano lanciato dopo l’intenzione della ragazzina di testimoniare in tribunale.
Una tragedia gravissima che getta ombre serissime sull'operato di una società che tollera simili barbarie.   
Il fatto ha scatenato grandi proteste a Calcutta, città indiana dov’è avvenuta la violenza. 
Ma l'India non è nuova a simili fatti, considerato che un gruppo di sei persone ha stuprato ed ucciso una studentessa di 22 anni dopo averla rapita insieme al fidanzato. I due erano saliti su un minibus nella capitale New Delhi, con la giovane che pagò con la vita quel passaggio.
Questi fatti debbono fare riflettere e debbono fare riflettere i responsabili delle organizzazioni internazionali che si occupano di diritti dell'uomo, promuovendo  le azioni necessarie per sanzionare i Paesi ed i Governi che tollerano simili atrocità.
Nell'augurarci un "Buon Anno" dobbiamo adoperarci a che questi racconti diventino reliquie di un passato innominabile, piuttosto che incubi di un oggi indesiderabile. 
By Michele Barbera


sabato 28 dicembre 2013

DOWNSHIFTING: VIVERE CON SEMPLICITA' PER ESSERE FELICI


Downshifting: è la parola d'ordine più trendy che circola dopo un ventennio di stress da super-lavoro e falsi modelli di vita imposti dallo sviluppo post-industriale. Lusso, viaggi, gioielli, ville da nababbi ed auto fuoriserie. Tutto abbandonato?
Complice la crisi che ha flagellato il benessere (falso) dei Paesi occidentali, il "net-pensiero" ha abbracciato uno strano ritorno alle origini: meno lavoro, meno jet-set, meno stress da carrierismo cinico ed opprimente, meno egoismo finanziario e speculazione ambientale. Tutto questo ( ed altro) è il downshifting che in inglese letterale significa "scalare le marce", ossia "rallentare", vivere slow.
Dunque, rallentare, recuperare il senso della vita vera, semplificare le nostre abitudini, non inseguire obiettivi ed orari di lavoro massacranti ed alienanti, non rincorrerci l'un l'altro come i famosi criceti sulla ruota. 
I top manager del boom speculativo internettiano, i "quelli-che-tutto-possono-e-vogliono" si sono fermati. Hanno ceduto il passo a figure "tardo-hippy" che credono nei valori veri ed ecosostenibili, in uno sviluppo a passo d'uomo. 
Verrebbe da dire che... hanno scoperto l'acqua calda. 
E' chiaro che in questi ultimi tempi con il moltiplicarsi del fenomeno sono cresciuti a dismisura manuali, blog, circoli, addirittura "scuole" dove il downshifting viene insegnato come pseudofilosofia di vita, come un lifestyle che coinvolge e sconvolge le abitudini da baby-boomers. 
Non sono contrario. Anzi, posso dire che da anni lo pratico, forse in maniera inconscia. 
Il mio ultimo libro (Il testamento di Vantò) è incentrato, inconsapevolmente, proprio su una figura (quella del protagonista) che del downshifting ha fatto una ragione di vita ed è disposto a tutto pur di testimoniare coerentemente la sua logica. 
Ma è chiaro che ognuno dei "capi-pensiero" o opinion leader, come fa più chic, interpreta il "pensiero del vivere lento" a suo modo, con i suoi paletti e con la sua logica. 
E c'è già chi critica le interpretazioni altrui di un "libero" pensiero che significa solo vivere in semplicità e con modestia, senza forzare e senza forzarci. 
Credo che il primo esempio di downshifting sia proprio Papa Francesco, umile, semplice, che proprio per questo ha miracolosamente rivoluzionato una Chiesa arroccata su privilegi e travolta da scandali. 
Il contrario del downshifting?
Facile. Guardate quello che è stato la nostra politica. Guardate le macerie ignobili dello spreco. Ricordate le mega-feste ed i festini. Le escort, le macchine di lusso ed i villoni con piscina riscaldata incorporata.
Per il resto non sono contrario a che si discuta del downshifting, magari a sproposito
E' giusto che le buone idee ed i buoni valori siano discussi e praticati, purché non li esasperi sino ad idolatrarli o, peggio ancora, vengano degradati a mode temporanee e frivole. 
Perché nel downshifting non c'è nulla di frivolo o modaiolo. 
Anche se... mi chiedo quanti di questi novelli profeti del "ritorno alla natura" e del "riappropriamoci della nostra vita" abbandoneranno il loro smartphone per il ritorno alla più sobria "app" dell'agenda di carta (ovviamente e rigorosamente riciclata).
By Michele Barbera 

venerdì 27 dicembre 2013

IL PIACERE DI LEGGERE: IL VENTO NEL VIGNETO DI CARLO SGORLON


Per queste feste natalizie, che sono poi anche una pausa nel tran tran quotidiano, ho ripreso in mano il primo romanzo di Carlo Sgorlon, “Il vento nel vigneto”. Un romanzo d'annata (la prima edizione è del 1960), ma, se vogliamo, è stata una piacevole riscoperta.
La storia di Eliseo, un ergastolano graziato che ritorna al proprio paese, è di quelle che fanno riflettere. Non solo per la difficoltà del suo reinserimento o per la chiusura da parte di tutti o quasi i suoi paesani, diffidenti sino all’estremo nei confronti dell’ex-galeotto.
Fa riflettere soprattutto per due aspetti. Da un lato la costante voglia di riscatto che non si arrende nonostante i capovolgimenti del suo destino che sembrano accanirsi contro di lui. E’ una intrepida voglia di fare che lo scuote dal torpore e dalla depressione in cui le circostanze esterne sembrano sempre precipitarlo.
In questi tempi di crisi, dove tutto pare vada storto penso che la storia narrata da Sgorlon sia una iniezione di “auto-ottimismo”, sul fatto che non ci si debba mai arrendere nonostante le avversità.
Dall’altro, la lettura mi ha fatto riflettere sull’umiltà con cui dobbiamo approcciarci alle cose della vita. Eliseo non disdegna di fare sacrifici o di fare lavori faticosi o mortificanti. Lui ha davanti un obiettivo, quasi una rinascita sociale e non importa se per raggiungerlo deve affrontare ostacoli quasi insormontabili. La tenacia, la costanza, la modestia del personaggio sono un grande insegnamento morale per tutti i lettori del romanzo.
Sgorlon è conosciuto per altri romanzi della sua maturità, piuttosto che per questo esordio, sia pure felice. Ma, credetemi, questo romanzo ha nel suo cuore tutte le grandi qualità dello Sgorlon maturo. Da leggere (o rileggere). Buon Natale e Buon Anno!

By Michele Barbera