Per queste feste natalizie, che sono poi anche una pausa nel tran tran
quotidiano, ho ripreso in mano il primo romanzo di Carlo Sgorlon, “Il vento nel
vigneto”. Un romanzo d'annata (la prima edizione è del 1960), ma, se vogliamo, è stata una piacevole riscoperta.
La storia di Eliseo, un ergastolano graziato che ritorna al proprio
paese, è di quelle che fanno riflettere. Non solo per la difficoltà del suo
reinserimento o per la chiusura da parte di tutti o quasi i suoi paesani,
diffidenti sino all’estremo nei confronti dell’ex-galeotto.
Fa riflettere soprattutto per due aspetti. Da un lato la costante
voglia di riscatto che non si arrende nonostante i capovolgimenti del suo
destino che sembrano accanirsi contro di lui. E’ una intrepida voglia di fare
che lo scuote dal torpore e dalla depressione in cui le circostanze esterne
sembrano sempre precipitarlo.
In questi tempi di crisi, dove tutto pare vada storto penso che la
storia narrata da Sgorlon sia una iniezione di “auto-ottimismo”, sul fatto che
non ci si debba mai arrendere nonostante le avversità.
Dall’altro, la lettura mi ha fatto riflettere sull’umiltà con cui
dobbiamo approcciarci alle cose della vita. Eliseo non disdegna di fare
sacrifici o di fare lavori faticosi o mortificanti. Lui ha davanti un
obiettivo, quasi una rinascita sociale e non importa se per raggiungerlo deve
affrontare ostacoli quasi insormontabili. La tenacia, la costanza, la modestia
del personaggio sono un grande insegnamento morale per tutti i lettori del
romanzo.
Sgorlon è conosciuto per altri romanzi della sua maturità, piuttosto
che per questo esordio, sia pure felice. Ma, credetemi, questo romanzo ha nel
suo cuore tutte le grandi qualità dello Sgorlon maturo. Da leggere (o
rileggere). Buon Natale e Buon Anno!
By Michele Barbera
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