A perdere, alla fine,
siamo sempre gli stessi: i cittadini italiani. Non sto qui a
rivangare i motivi di una legge elettorale che fa semplicemente
schifo. Sia dal punto di vista giuridico che politico. Una legge che
ha dato all'elettore una scheda preconfezionata in cui con una
semplice croce, il cittadino votava per tutto: uninominale, partito e
listino bloccato. La preferenza era solo aleatoria, i collegi
massimamente dimensionati, tanto da fare perdere cognizione di quali
candidati si stava votando, nomi sconosciuti ed imposizioni sul
maggioritario, con candidati da votare a “naso chiuso” ed a occhi
girati dall'altra parte. Pazienza.
Ci avevano incantato con
il dirci che era una legge fatta per dare stabilità al paese. Così
non è stato. All'indomani delle elezioni, per non bene identificate
alchimie burocratiche, nessuno è in grado di governare da solo. Chi
ha vinto sulla carta deve cercare strane alleanze, “nell'interesse
del Paese”. E tutti avranno l'alibi di non poter realizzare le
famose “promesse” elettorali, scaricando facilmente le colpe sui
numeri che non ci sono e sulle difficoltà di formare il governo.
La paura concreta è che
si ritorni ai governi del Presidente, senza nulla togliere a
Mattarella, forse, in questo momento, la persona meno invidiata
d'Italia. Governi tecnici, a geometria variabile, che non hanno
(almeno in apparenza) nessuna connotazione politica, nati con
l'intento di traghettare il Paese verso un'ignota meta, in un
percorso obbligato segnato con le bandierine di un'Europa sempre più
rigorosa ed avara con i paesi deboli strutturalmente.
Questo perché il
Rosatellum è una legge a metà, nata dalla paura di perdere. Meglio
essere disfattisti, andare allo sfascismo, piuttosto che lasciare che
altri governino.
Proprio il fatto di
essere in Europa avrebbe dovuto consigliare ai nostri politicanti di
redigere una legge rigorosa, pulita, senza equivoci. Consentire
un'alternanza alle forze politiche, mettere in condizioni chi vince,
a qualunque schieramento appartenga, di attuare il programma offerto
agli elettori, senza alibi matematici o equilibri occulti. Se poi non
si era all'altezza, a casa. Senza se e senza ma.
Occorreva una politica
del fare, ed, invece, ha vinto il partito del compromesso, del
paracadute, della ciambella di salvataggio ai trombati eccellenti.
Per rimescolare le carte. Spero, ma è solo una illusione, che in
questa legislatura si metta mano ad una seria riforma elettorale.
Siamo, o dovremmo essere nella Terza Repubblica. Speriamo solo che
non sia la brutta fotocopia di quelle precedenti. E, purtroppo, le
premesse ci sono tutte.
By Michele Barbera
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