Domenico Cacopardo conosce a fondo ed ama la Sicilia. In tutta la sua ferale
bellezza, nella complessità dei suoi riti sociali, con le sue contraddizioni ed
i suoi eccessi e le sue preziosità, anche culinarie.
“Semplici questioni d’onore” è lo specchio fedele di questa Sicilia,
dove ciò che appare semplice, semplice non è. Perché tra l’apparenza e la
sostanza delle cose vi è un abisso di passioni, di intrighi, di segreti mai
svelati, di questioni irrisolte. Già nel linguaggio del romanzo, il lettore
viene trascinato in modo compulsivo nella sintattica del dialetto siciliano,
dove il verbo viene volutamente posposto alla fine della proposizione ad
accentuarne l’essenzialità. Il protagonista Tino Granaleo è un giovane il cui
cammino iniziatico, o, se vogliamo, la formazione della maturità, ha una
premessa tragica, l’assassinio di una zia, di cui vive indirettamente le varie
fasi.
Domenico Cacopardo al LetterandoinFest 2016 |
Questo incipit forte e
destabilizzante rappresenta per il giovane l’inizio di un percorso formativo e
di recupero della memoria, che lo porta a dolorosi flashback, sino a
ripercorrere eventi che maturano – in modo traumatico – addirittura prima della
sua nascita.
La volontà dell’oblio, cha anima una “omertà” perbenista, viene posta
in discussione dal protagonista pagina dopo pagina, che piano piano, prima
quasi inconsapevolmente, poi per una testarda scelta di “sapere”, di conoscere
a tutti i costi, scardina un impianto di false verità che ha sempre circondato la
sua esistenza sino a quel momento.
Ma non c’è solo la sua famiglia a volergli nascondere la verità sul
suo passato e la coscienza del suo presente.
Tino inciampa su eventi inaspettati, nascosti alla storia ufficiale,
manovrati da abili e spregiudicati burattinai.
La mafia c’è, esiste, ha radici lontane.
E’ un serpente in agguato che tende le trappole al momento giusto ed
ha una memoria lunga. Condiziona, facendo finta di proteggere, aiuta, pur
colpendo alle spalle, ed è sempre pronta ad esigere il suo triste tributo di
sangue. Inquina affari, politica e la stessa vita sociale, anche di chi non se
ne rende conto.
Tino Granaleo, invece, se ne rende conto. Perfino la sua famiglia,
apparentemente estranea a certe logiche mafiose e di sopraffazione, risulta
infetta da questo morbo dell’appartenenza, del compiacimento, della collusione
tanto più pericolosa quanto più implicita e sodale.
Tino dovrà compiere per questo delle scelte, dolorose e personali, che però riverberano in contesti molto più grandi della sua singola esistenza e che hanno come causa-effetto equilibri che investono, a cerchi concentrici, la sua famiglia, le sue conoscenze e, perché no, la stessa società.
Tino dovrà compiere per questo delle scelte, dolorose e personali, che però riverberano in contesti molto più grandi della sua singola esistenza e che hanno come causa-effetto equilibri che investono, a cerchi concentrici, la sua famiglia, le sue conoscenze e, perché no, la stessa società.
La mafia non è solo quella delle stragi, degli omicidi efferati.
Esiste anche l’altra mafia, quella silenziosa, degli accordi, delle amicizie,
delle connivenze criminali. Che non risparmia nessuno. Anche fuori della
Sicilia.
E che per questo è ancora più pericolosa, perché non facilmente
riconoscibile.
Ecco
il messaggio ultimo del romanzo di Cacopardo: un inno d’amore per la Sicilia,
ma anche un appassionato canto di protesta in difesa degli onesti ed
un’esortazione a chi non vuole scendere a compromessi. By Michele Barbera