Se i menfitani (e non) seguissero le problematiche amministrative come
la “questione ferragostana” l’amministrazione comunale avrebbe di che
rallegrarsene.
Mail e post di amici e di conoscenti (oltre che “roventi”
polemiche pubbliche su FB) mi hanno spinto a prendere posizione su un argomento
su cui qualche annetto fa avevo parlato di “giro di vite”.
Oggi non posso che prendere atto con piacere che quel giro di vite si
è rafforzato e prosegue nella direzione corretta.
Chi pensava o pensa che gestire diverse migliaia di persone che “invadono”
il litorale in quella particolare notte dell’anno sia facile sbaglia. Si
possono fare piccoli passi e piccoli aggiustamenti, anno dopo anno.
Fino a far mutare l’approccio degli “utenti” (posso chiamarli così?). Siano
essi giovani o adulti, vacanzieri con la salsiccia, disperati rockdannati o innamoratini
in cerca di privacy.
Intanto, negli ultimi anni lo spirito dell’orda selvaggia non c’è più.
Così come non può trovare posto, su una spiaggia pubblica, lo “sballo” a tutti
i costi, l’ubriacatura molesta, i bidoni di vino, la scofanatura di ruote di salsiccia arrostita
su barbecue improvvisati e la gastronomia pret-a-porter, con tanto di nonna
addormentata sulla sedia a sdraio.
Inevitabile la presa di coscienza delle autorità. Fino a qualche anno
fa la spiaggia, ahilei, l’indomani della “notte-dei-lunghi-coltelli” era
ridotta peggio di una pattumiera, con bottiglie rotte, residui di barbecue,
sacchi di plastica, preservativi e monnezza
a cielo aperto.
Non faccio distinzione tra menfitani e non (il vandalismo era
generalizzato). Ma è chiaro che poi tutto il negativo si riversava sul Comune
di Menfi e tutti i fruitori della spiaggia nei giorni a seguire, tiravano sassi
ai "poveri" amministratori menfitani.
Quest’anno non è andata così.
Si è proseguito sulla strada giusta, ben coscienti che il cammino non
è finito. Si è svolta un’adeguata opera di prevenzione e di informazione, gli
amministratori, in primis l’assessore Rossella Sanzone, i vigili urbani, gli
appartenenti alle forze dell’ordine, i volontari sono stati presenti. Che poi
ci siano stati giovani che hanno infiltrato clandestinamente le tende e gli scatoli di birra, che vi
sia stata una musica che ha squassato i timpani sino a ben oltre le ore
piccole, che vi sia stato qualche atto di vandalismo e comportamenti
inopportuni, sono aspetti negativi che debbono essere corretti e che meritano
la dovuta attenzione per il futuro.
E’ una assoluta minchiata (perdonate il francesismo) dire che senza
giochi di artificio sul mare il “ferragosto” a Menfi è morto. Come se il
turismo a Menfi dipendesse dal ferragosto. Così non è. Sarei ben contento se la
direzione del turismo a Menfi (non solo a Porto Palo, non solo a Fiori)
prendesse ben altre direzioni.
La notte di ferragosto è quella che è. Una notte su 365, che non ha
particolare pregio se non quella di smuovere oltre il dovuto gli ormoni e la “manciatina”.
Semel in anno licet insanire (ma non si diceva a Carnevale?).
Ma per me è molto più significativo che accanto agli ombrelloni in
spiaggia si schiudano le uova delle tartarughe, frutto di un habitat che
nonostante tutto riesce a conservare un certo equilibrio.
Mi muoverei nell’ottica dell’accoglienza, di sorvegliare maggiormente
le spiagge contro piccoli e grandi abusi (compresi i villaggi di capanne improvvisate), di riparare le strade, di fare
trovare strade pulite ed acque senza l’olezzo delle “foci” con gli allacci
abusivi delle fogne ed acqua non depurata. Mi muoverei nel senso di recuperare
l’erosione costiera e di aumentare le potenzialità del “turismo integrato” (non
solo ombrellone e bagno-a-mare). Vi sono tantissime cose da fare molto più
importanti dei fuochi di artificio di ferragosto a Porto Palo. Per fare
affezionare l’utente a Menfi. Nel marketing si chiama “fidelizzazione” ed è
garanzia di successo: chi viene a Menfi deve sentire il bisogno di ritornarvi.
Ed invece, mi tocca registrare post al veleno ed addirittura menfitani
che dicono al "turista": “se non ti piace te ne vai”.
No, così non va.
Capiamoci: il turismo “mordi-e-fuggi”, una-notte-un giorno, è il più deleterio: è il turismo
del me-ne-frego, del piscio in strada e me ne vado, tanto poi non ci torno più.
E’ il turismo dei sacchetti di plastica abbandonati lungo le strade. Del mozzicone
di sigaretta acceso buttato nelle cunette, pronto ad accendere un incendio.
Occorre il passaggio da “turista” a utente consapevole e responsabile.
Custode di un territorio che non è suo, ma di cui fruisce.
Per fare questo è indispensabile una sinergia con i centri abitati
dell’hinterland i cui abitanti regolarmente usufruiscono delle spiagge di Menfi e dove in molti hanno la seconda casa.
Non siamo più a quarant’anni fa, dove in spiaggia si veniva una volta
ogni tanto, il bagno-a-mare era quasi un lusso per pochi ed una volta lì si
tiravano fuori le teglie di pasta a forno e le angurie messe a rinfrescare
nella sabbia della battigia.
All’epoca l’impatto sull’ambiente era davvero minimo e gli effetti dell’antropizzazione
limitata.
Oggi le spiagge di Menfi sono meta abituale di decine di migliaia di
persone che vengono dal trapanese, dal palermitano e di una buona parte dell’agrigentino.
Senza considerare le persone fuori Sicilia. C’è bisogno di ordine e di organizzazione.
L’utilizzo indiscriminato del litorale oltre a danneggiare l’ambiente, degrada
la qualità delle spiagge e dell’acqua marina. Con buona pace delle bandiere blu.
By Michele Barbera
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