Fu vero scandalo?
Si chiederebbe un moderno Manzoni.
Io mi permetto
di aggiungere la risposta: NO.
La scoperta che la quasi totalità delle
recensioni su AMAZON sono frutto di account fasulli di lettori dove si
nascondono amici e parenti compiacenti degli stessi autori è la scoperta dell’acqua
calda.
Allora parliamo degli editori che prima ti cercano come
autore esordiente e poi, dopo aver espresso vaghi apprezzamenti per la tua
opera, ti chiedono di acquistarne un tot numero di copie. Parliamo anche delle
catene librarie dove se vuoi che un certo libro sia esposto in una certa
maniera occorre che si paghi un tot. Parliamo anche delle false recensioni
letterarie, anche su quotidiani di tiratura nazionale, dove se vuoi che un certo
libro venga recensito (magari in modo compiaciuto) allora occorre che l’editore
acquisti un tot di pubblicità.
E questo non riguarda solo l’Italia, ma tutto il mondo, sia
ben chiaro, anche un mercato letterario dalle proporzioni immani come quello
americano.
Se l’editoria non è marcia, il mercato editoriale lo è.
Leggevo sul Corriere della Sera di qualche giorno fa che vi
sono scrittori americani (lo hanno confessato loro in pubblico) che si “divertivano” - mediante falsi account - a fare recensioni stroncanti su opere di colleghi,
magari per pura invidia editoriale e magari dopo che si erano letti il libro
del collega e gli era pure piaciuto.
Come scrittore per passione l’unica recensione a cui credo
veramente ed in fondo è l’incontro ed i colloqui con i lettori.
Per questo non
mi tiro mai indietro quando i lettori, magari per curiosità mi cercano o
domandano su questo o quel particolare
di quel racconto o di quel romanzo.
Non
capisco come certi scrittori (magari di successo) possano tranquillamente
snobbare i lettori o dare loro risposte preconfezionate da ghost writers o da
volenterosi collaboratori della casa editrice.
Sbagliato! Quando l’editoria si traveste da industria
editoriale smarrisce ogni senso di logica ed equilibrio. Allora diventa gangnam
style, ovvero libri massificati, prodotti commerciali, di basso
intrattenimento e a scarso dosaggio culturale, pompati con estrogeni pubblicitari
per attirare non il lettore, ma il cliente. Che acquisti il libro, poi anche se
non lo legge, non fa nulla.
Il libro diventa, così, un abile risultato di marketing
editoriale come il “codice da vinci” propagandato da un’enorme macchina
pubblicitaria, falsamente scandalistico e denso di errori marchiani e di inesattezze storiche di
proporzioni bibliche. Non ha importanza. E’ stato il frutto di una stagione, da
consumare e da buttare (senza rimpianti).
Un buon libro non si improvvisa e non è detto che non debba
scontare le pene dovute ad un mercato drogato e senza regole quale quello
editoriale.
Ma, fermatevi ed ascoltate un coro verdiano o una
sinfonia di Beethoven e fatevi una domanda: la preferite o no al gangnam style?
By M.
Hai ragione, il mercato è drogato e gli editori per la quasi totalità sono degli speculatori. Io per far pubblicare un mio libro ho dovuto sborsare diverse migliaia di euro per poi finire nel dimenticatoio. Nessuna promozione e solo TRE copie vendute via internet da parte dell'editore. Sono sconfortato!!!
RispondiEliminaLuce 65
Perchè non parlare delle associazioni a delinquere che sono le agenzie letterarie. Per leggere un manoscritto chiedono cifre spropositate ed alla fine non c'è nessun contatto con gli editori, ti rimane un pugno di mosche in mano ed il conto corrente alleggerito!!!
RispondiEliminaFederica K.
Oh regà, non vorrei che questo post divantasse il muro del pianto! Coraggio, animo!
RispondiEliminaScusate, poco fa ho fatto un pasticcio per la fretta e ringrazio il master del blog per aver cancellato il mio commento errato. Volevo dire che le case editrici quando non sei uno famoso per loro sei solo un emarginato e diseredato da trattare a pesci in faccia. Io i miei racconti li pubblico sul web gratis e confermo che sono cliccati in media 2.000 volte.
RispondiEliminaGrazie a tutti, Mario
Non ti preoccupare, Mario. Ho capito che il commento era "sballato" e quando ho ricevuto la tua mail ne ho avuto la conferma.
RispondiEliminaGrazie per il tuo contributo.
Saluti M.
Ho smesso di scrivere. Ho avute tante e troppe delusioni. Mi sono accorta che ero solo una gallina da spennare. Oggi leggendo questo post mi sono ricordata una terribile mattina di due anni fa quando uno pseudo-editore mi ha fregato duemila euro per pubblicare un mio romanzo. Risultato: aspetto ancora le 300 copie che avevo ordinato. La casa editrice chiusa e lui fuggito chissà dove, dopo aver truffato me ed altri come me. Se penso con che fatica avevo racimolato quei duemila euro. Di recente ho letto un paio di romanzi di una "nota" casa editrice. Facevano schifo. Eppure hanno venduto migliaia di copie. E' giusto tutto questo?
RispondiEliminaConcorso con il post di Michele. Però mi sembra ingiusto escludere a priori il parere degli amici e dei familiari. La politica degli editori è molto discutibile, sopratutto con gli autori italiani giovani. Penso che, cmq., alla fine qualcosa di buono rimane.
RispondiEliminaSaluti a tutti, Gianfranco A.
Ho letto forse con ritardo questo post. Mi è sembrato assai interessante ed esprimo apprezzamento per l'autore. Mi pare di capire che anche lui scrive e che non è alieno da cattive esperienze con le case editrici. Buon per lui che scrive per passione. Io sono un editor di diverse case editrici e, non per tirare con la solita lagna, ma un appunto va fatto: nessuno si chiede perché il mercato editoriale è affollato di editori che, con la scusa di essere piccoli o di "di nicchia", in realtà nascondono il loro appetito speculativo ai danni degli autori, magari sprovveduti o improvvisati. Quello che manca, sopratutto in Italia, è la professionalità dell'editore che deve pubblicare soltanto quello in cui crede. Tutto il resto sono inutili piagnistei. E' sbagliato anche pensare che basta scrivere un libro per avere successo. Una buona promozione è altrettanto necessaria di avere scritto un buon romanzo. A meno di chiamarsi (tanto per fare un esempio) Camilleri o Dan Brown.
RispondiEliminaGianpiero