Draghi ha
sicuramente un grandissimo merito: quello di essere riuscito a mettere assieme
il frastagliato e cespuglioso panorama politico del nostro “parlamentario”.
Era evidente
a tutti che il M5S (della sempreverde coppia Grillo-Casaleggio) giocava al rilancio,
ma sentir dire da Grillo che Draghi è un “grillino”, supera ogni limite del
ridicolo. Di Maio, come i parlamentari 5S, ha salvato (per ora) la poltrona, ma
se il suo peso specifico è quello che ha dimostrato sino ad oggi, appare come un
ministro “travicello”, di bella presenza e di nessuna sostanza.
Mario Draghi
è stata l’ancora di salvezza. Con il suo prestigio sommo di civil servant, non si è tirato indietro
da questa sfida, ma a tessere le lodi dovrebbero essere cauti i nostri
politicanti.
Draghi è
riuscito a dare la quadra ad un panorama politico sghembo: constatare che il
trumpiano Salvini va a braccetto con PD e 5S (dopo aver litigato come i polli
di manzoniana memoria) è quanto di più vomitevole ed incoerente potesse
capitare.
Sì, è vero, ora tutti fanno i bravi bambini, come quando in classe arrivava il Direttore ed
ognuno stava a testa china a sorbirsi la paternale.
Del resto, il Presidente Mattarella è stato costretto a buttare giù l’asso, quando ha visto
che le ripicche ed i pettegolezzi avevano paralizzato l’azione del Governo, proprio nel momento peggiore: quello in cui si doveva remare per tirare fuori l’Italia
dalle secche della pandemia e della recessione economica.
Bravo Renzi?
Macché. Da alunno discolo ed impertinente, anche lui ha fatto la fila per applaudire
a testa china e schiena prona. Non fà nulla se l'amata Boschi non è ministro.
La
barzelletta per ora più in voga è il sentire dire – con prosaica serietà nei
corridoi ovattati dei palazzoni – dai nostri leader minimi che ognuno di loro è
“padre” del Governo Draghi.
Fesserie. Loro
sono i primi a saperlo. Come sapevano benissimo, qualche settimana fa, che mandare a mollo Conti con
la sua zattera di salvataggio avrebbe significato il naufragio dell’Italia ( e
la sua resa alla troika europea).
La verità è
che nessuno (tranne la sondaggista Meloni) voleva il risiko delle elezioni.
È anche vero
che i fondi europei (meglio la loro spesa) facevano gola agli affaristi della
politica: troppo ghiotto il piatto per permettere che ci sguazzasse un Governo
la cui azione appariva vincolata al litigioso nullafacentismo 5stelle che
sfornava sussidi e benefit senza ritorno.
Il nuovo
Governo Draghi?
Ha il mio
rispetto, ma anche il mio scetticismo.
Non mi
aspetto miracoli economici, ma i soldi europei – è evidente – punteranno dritti
alla Padania, salvo che poi il debito dovremo caricarcelo tutti, anche quelli a
Sud del Po.
La “questione
meridionale”, se lo ficchino bene in testa i politologi del nulla, prima dell’invasione
sabauda del regno delle due Sicilie non esisteva. Dopo la spoliazione del Sud e
l’azzeramento di ogni sua prospettiva economica, il Nord ha trovato le “risorse”
(umane e finanziarie) per buttarsi a capofitto nella incipiente Rivoluzione
industriale europea.
La Fiat di
Vittorio Valletti ha incarnato il comandamento storico dell’industrialismo
nordico: privatizzare i profitti e pubblicizzare le perdite. Del resto il Nord
ha fatto dell’industria una “missione sociale”. Che ridere.
Il Sud è
rimasto ed è al palo: gli interventi della famigerata Cassa del Mezzogiorno, un
carrozzone che più politico non si può, servivano solo a “pascere” le clientele
politiche, nutrite come maiali all’ingrasso, ma senza alcuna progettualità
economica.
Con buona
pace della neo ministra “per il Sud”, l’avvenente (ex) miss Cinema Mara
Carfagna, che, a dirla tutta, è un ministro “senza portafoglio”, come dire “non
facciamoci troppe illusioni”. La Carfagna ha, forse, il compito più difficile
di tutti: trasformarsi nella fatina e fare diventare i sogni realtà. Ma
qualcuno le dovrà dire dove hanno nascosto la bacchetta.
Di contro è
un dato di fatto che la squadra di governo di Draghi ha ben OTTO MINISTRI
LOMBARDI, scarpe grosse e cervello fino, che dovranno dimostrare che il Nord sa
spendere i dané , come e quando vuole
e che loro sono più bravi a mangiar polenta che i delinquenti e nullafacenti
del Sud che stanno tutto il giorno a prendere il sole.
Draghi è un
finissimo stratega e se vuol far ripartire la nordica locomotiva “sfiatata”,
più che il carbone, dovrà iniettare energia atomica. Ha le carte in regola per
farlo e lo farà.
Del resto ha
saputo salvare l’euro scricchiolante, cosa volete che sia una nazioncina come l’Italia.
Al Sud ci
terremo le mafie e l’emigrazione e Giggino come ministro degli esteri (come a
dire, dell’emigrazione). Ben gli sta a chi li ha votati.
L’ultima
chicca è il ministro leghista al turismo. Se il livello è quello di un eminente
esponente della stessa lega che nel 2010 tacciò il sito di Pompei di essere
solo “quattro sassi” e che i soldi dovevano finire prima al Veneto, abbiamo
detto tutto.
O no? Il
Governo Draghi potrebbe ancora stupirci.
By Michele
Barbera