venerdì 16 agosto 2019

CASTELVETRANO: RICORDO DI VITO LIPARI, ASSASSINATO DALLA MAFIA



13 agosto 2019.  La mattina è assolata nelle campagne di Castelvetrano. Nella quiete di un'estate rovente, l’afa scalda rapidamente l’aria, quasi da togliere il respiro.
Lungo la strada che da Triscina conduce al centro abitato, all’uscita di una curva, sul margine destro della carreggiata, lo sguardo inciampa su una pietra, una stele sgrossata.
Solida, fissa, come il ricordo di una vita, come una ferita della memoria che non si è mai rimarginata. 
Semplice ed inamovibile, come la verità.
Nel 1980 in quel punto di strada non c’era alcuna stele.
Nella mattinata del tredici agosto di trentanove anni fa, Vito Lipari percorreva da solo, a bordo della sua macchina, quel tratto di asfalto anonimo che lo conduceva a Castelvetrano, città di cui era il Sindaco, il primo cittadino. La prima autorità. Il primo ostacolo.
Non erano anni facili. Così come non era facile fare politica, avere voglia di fare ed essere testimoni di idee, di verità, di giustizia. Ed essere coerenti con quegli ideali che allora si sposavano con le proprie azioni, con la propria condotta di vita.
Per chi non si piegava, per chi non accettava compromessi facili e non si prostrava succube alla speculazione criminale mafiosa, la “sentenza” era sbrigativa, feroce, senza appello, senza pietà, senza speranza.

Bastava dire “no”. O anche chiedere “perché”. O sapere ciò che era meglio ignorare.
Per chi era d’intralcio, di “ostacolo” alla mafia, la fine veniva decisa rapidamente e sommariamente.
Magari durante una cena fra “amici”, in modo tanto osceno, quanto cinico.
Così, dicono le carte processuali, o, almeno, “alcune” carte, fu deciso l’assassinio di Vito Lipari.
I colpi di arma da fuoco che risuonarono in quel punto della strada non volevano uccidere solo Vito Lipari, ma anche ciò in cui egli credeva e per cui aveva lottato, ed, assieme, la rabbiosa voglia di riscatto di una terra che vuole sciogliersi da una schiavitù atavica, da catene che da troppo tempo la opprimono. E spegnere la sua sete di libertà.
Dell’omicidio di Vito Lipari si occuparono, fra gli altri, Paolo Borsellino e Mauro Rostagno. 
Nomi pesanti nella storia della Sicilia che combatte la mafia, che hanno pagato con la vita il tributo alla ricerca della verità e l’attaccamento alla loro terra.
Come sempre accade in quelli che vengono definiti “omicidi eccellenti”,la verità processuale su Vito Lipari si è scontrata, e duramente, con la traggedia, il gioco sporco delle parti, con montature, alibi e depistaggi, con pentiti e con nomi pesanti dell’establishment mafioso siciliano, perdendosi nel labirinto sciasciano delle apparenze, delle mezze verità, delle collusioni e delle amicizie importanti.
Mentre osservo la stele che affida al tempo il ricordo di Vito Lipari, sento le parole tanto emozionate e commosse quanto efficaci ed accorate, del figlio Francesco, rivolte non solo alla folla di parenti ed amici presenti, ma, credo, ai siciliani tutti.
“Se vivrai ogni giorno come se fosse l’ultimo, prima o poi avrai ragione”. Francesco, nel discorso che ricorda il papà, cita Steve Jobs, un personaggio anni luce lontano da Vito Lipari, ma con in comune il tratto della coerenza, della tenacia, della resistenza ed attaccamento alle proprie idee ed alla propria voglia di fare.
Il successivo richiamo di Francesco alla Carta Costituzionale, “la più bella del mondo”, è forte ed intenso, così come la constatazione che la realtà, quella in cui viveva e lottava Vito Lipari, “era molto diversa”.
“Un lutto mai elaborato” da una Città, quella di Castelvetrano, che ha convissuto in maniera scomoda con la mafia, pagandone un prezzo altissimo, e che, ancora oggi, chiede verità e giustizia. Il ricordo di Vito Lipari, conclude Francesco, vuole essere “un atto di devozione alla mia Città, ai miei concittadini”.
Un atto di devozione, aggiungiamo noi, alle persone perbene, ai siciliani onesti, a coloro che credono nella redenzione di una terra ottenebrata dalla violenza malvagia di un mostro chiamato mafia.
By Michele Barbera

2 commenti:

  1. Ciao Michele, ė bellissimo quello che hai scritto, grazie della tua presenza. Sapevo che la tua sensibilità ti avrebbe fatto coglieregli aspetti più intensi di questa ferimonia

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