Da circa dieci anni il Governo cinese ha attuato una precisa politica
di penetrazione e di colonialismo economico sul continente africano. Oggi, vi sono
circa 57 nazioni africane indebitate per centinaia di miliardi di dollari con
la Cina.
Il Governo cinese ha attuato ciò con la piena collaborazione e con l’intesa
delle varie leadership che reggono il sistema politico-tribale dell’Africa.
Hanno realizzato, tramite accordi ambigui e vessatori per gli stati
africani, migliaia di infrastrutture destinate ad essere “teste di ponte” strategiche
per l’invasione economica e politica cinese dell’intero continente africano,
avendo accesso privilegiato alle risorse sia geografiche che minerarie: porti,
miniere, aeroporti, strade, persino città.
La strategia cinese, non solo ha indebitato gli stati africani, ma ha anche sfruttato la manodopera africana relegandola in
uno stato di quasi schiavitù, amplificando l’opera devastatrice delle
multinazionali occidentali.
Purtroppo, nonostante il grido di allarme di studiosi e giornalisti,
nessuna voce istituzionale ha mai denunciato, in sede internazionale, questa
guerra economica che, ormai, ha vincitori e vinti. Più che di distratta omissione,
si deve parlare di cosciente complicità nel depredare e violentare l’Africa.
Il velo di silenzio che per decenni ha nascosto la verità, secondo
alcuni analisti economici, è ormai destinato a squarciarsi: la presenza dei
cinesi è inarrestabile, e si teme una rivolta armata degli Stati e delle popolazioni che
sono costretti a subire il predominio economico cinese e la soffocante pressione del debito.
L'invasione "pacifica", intanto, continua e segnerà un processo
irreversibile per l’Africa.
Le popolazioni indigene, compresi i bambini, sono utilizzati dalle
imprese cinesi come manodopera a bassissimo costo, senza tutele o protezioni,
con impossibilità di accedere ai ruoli specializzati o dirigenziali, monopolizzati dal
personale cinese. Le risorse naturali sono sfruttate senza troppi scrupoli.
La Cina, affamata di nuovi mercati e risorse, ha dimostrato che le teorie sul “capitalismo
di stato” possono tranquillamente andare a braccetto con il profitto e la
speculazione espansionistica.
Tutto questo ha un costo che si valuta anche con l’aggravarsi del
fenomeno migratorio delle popolazioni africane: in Africa i terreni, per la
quasi totalità sono in mano ai Governi locali che li affidano alle imprese
cinesi per la realizzazione dei loro progetti. Interi villaggi sono fatti
sgomberare con la forza ed i terreni agricoli, già in massima parte colonizzati
dalle multinazionali alimentari, subiscono l’ulteriore esproprio degli accordi
di “sviluppo” con i cinesi.
Solo una presa di posizione
forte, UN PATTO PER L’AFRICA, che preveda un atteggiamento solidaristico
istituzionale dell’ONU, del FMI e degli altri Organismi Internazionali può scongiurare
una catastrofe umanitaria e naturale in cui il fenomeno dei “migranti” è solo
la punta di un iceberg.
Ci si chiede se l’Occidente (e una volta tanto la Russia dello zar Putin), sarà capace, per la sua stessa
sopravvivenza, di attuare un piano Marshall in soccorso delle popolazioni
africane, oppure se soccomberà di fronte allo strapotere dello sfruttamento economico
di alcune superpotenze e delle multinazionali.
Mai come in questo caso il silenzio equivale a complicità.
Ricordiamoci, però, che alla fine il prezzo da pagare ci sarà per
tutti.
By Michele Barbera
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