La prescrizione del reato non è nata nel diritto italiano per favorire il
delinquente di turno. Sia ben chiaro. A torto ed a sproposito si parla di “garantismo”
o di eccesso di tutela o di “giochetti processuali”.
La prescrizione, semmai è collegata ad un’esigenza fondamentale del
diritto: la certezza. Certezza significa definitività del provvedimento,
ragionevole durata del processo, in una parola, “giustizia efficiente”.
Perché la verità è tutta qui.
Ogni volta che si “dilatano” i tempi di prescrizione del reato, la
giustizia fa un passo indietro e scopre un po’ di più la inadeguatezza di un sistema
giudiziario ingolfato in un oceano magmatico di norme e riforme inutili se non dannose. A
tutto danno del cittadino.
L’abolizione della prescrizione dei reati ordinari e di minore gravità
potrebbe ammettersi (ma è un paradosso, un’assurdità) laddove tutti i processi penali si concludessero con
la condanna del colpevole.
Ciò dovrebbe presupporre che ogni imputato sia colpevole. Allora a che
servirebbe il processo?
Provate a chiedere ad un
innocente, ad una persona che ha subito ingiustamente un processo penale e poi è stata
assolta cosa si prova ad ogni udienza, ad ogni testimonianza, ad ogni
interrogatorio, a salire e scendere le scale di un qualsiasi Palazzo di
Giustizia, ad andare e venire per anni dallo studio di un avvocato, sapendo in
cuor proprio di non avere colpa.
Già il processo stesso è una pena. E questa pena deve avere un termine
certo, che ponga fine alla indeterminatezza di un processo infinito.
È antigiuridico e contro il diritto naturale che un soggetto, magari
per un reato lieve, debba sottostare vita natural durante ad un processo che, in
ipotesi, lo veda poi assolto dalle accuse.
Chi risarcirà l’innocente dagli abusi patiti, dalle sofferenze
psicofisiche, dai costi economici da rovina, dalle limitazioni di dover
sottostare ad una gogna perpetua?
Né, del resto ed all’altro estremo, sono ammissibili i processi
sommari, senza tempi adeguati alla difesa che, spesso, deve cercare in extremis
documenti, testimonianze, prove della innocenza dell’imputato.
La rapidità non è quasi mai
sinonimo di giustizia. Anzi.
Gli errori giudiziari sono una realtà in tutti gli ordinamenti
giudiziari. Ecco perché la pena di morte è inaccettabile ed inumana. E basterebbe vedere
quanti innocenti sono stati giustiziati per una sentenza sbagliata.
Ecco, allora, che l’unica soluzione giuridicamente valida è la prescrizione che
dà, da un lato, all’ordinamento giudiziario la possibilità di perseguire e
punire – in tempi ragionevoli (anni) - il colpevole dei reati non gravissimi, dall’altro
limita nel tempo la stortura di indagini e processi sine die che durino decenni senza che si arrivi al verdetto finale.
Del resto, proprio in tema di prescrizione del reato, il nostro codice
penale precisa che non vi è prescrizione
per i reati per i quali è prevista la pena dell’ergastolo. In questo caso,
la prudenza e la saggezza del legislatore, vista la gravità del reato e l’offesa
alla società, hanno previsto che il colpevole ne risponda usque ad mortem.
Per i più “convinti” esiste
– del resto – anche la possibilità di rinunciare alla prescrizione, anche per
reati lievi.
E tutto questo è già realtà nel nostro ordinamento.
Basta dunque con riforme ignoranti, assurde, illogiche e che offendono
i diritti fondamentali del cittadino.
Semmai, la politica si impegni alla maggiore efficienza del sistema
giustizia, fondamentale per la società, fornendo i Tribunali di adeguate risorse,
di personale e di strutture, realizzando una giustizia prossima e funzionale,
senza allucinate revisioni e scarnificazioni degli uffici sul territorio e
spaventevoli carenze di personale.
Questa sì che sarebbe, finalmente, una vera (e giusta) riforma.
By Michele Barbera