La silloge antologica di
Calogero Cangelosi racchiude parte della sua produzione poetica
risalente agli anni novanta, in una rassegna lirica che schiude al
lettore sentimenti nascosti, afflati ispirati con sprazzi di colorate
finestre sulla natura che circonda l'azione-vita dell'uomo e la sinergia
simbiotica che li unisce e fonde nell'intimo.
Calogero Cangelosi è il
“poeta randagio”, che ama vagare negli spazi lirici del rapporto
uomo-natura e che accarezza la semplicità emozionale come topos
ermeneutico della esistenza
umana.
Pennellate
verbali, intense ed emozionali, che trasmutano di tinte nuove, con
neologismi ed etimi-simbolo (accalmìa,cerilo,
debbiare, etc...)
concentrati nei titoli delle
liriche, quasi a condensare, in una complessa monade, il concetto e
l'essenza stessa dei versi a seguire, in una voglia ambiziosa che è
insieme sperimentazione ed ermetismo, gioco di parole, grammelot e
squarcio tridimensionale del foglio bianco.
La
poesia esprime sempre ciò che i semplici sensi materiali non
percepiscono, in una prospettiva spirituale priva di orpelli,
essenziale, ma sempre delicata e di respiro universale: luce
stanca di sera/ si perde tra onde del mare: tace il vento alla vita e
le finestre lontane.
Nella
lirica che dà il nome alla silloge, la dimensione metarealistica
della natura si proietta in un ritratto (o forse autoritratto)
antropomorfo: albero a mezz'acqua di mare/ coltivi fortune
e desideri/ arrivi e partenze: orizzonte inquieto/ tocchi nubi
passeggere.
Animo
inquieto che trova riposo solo in solitudini mistiche e metaforici
naufragi in orizzonti olistici, totalizzanti.
Cangelosi
è messaggero di concreta semplicità, quasi naif, nel profetare un
ritorno alla natura vissuta quale liquido amniotico che protegge,
nutre e che emoziona, egli richiama echi della poetica di Montale,
dal quale si differenzia per la non scontata e rassegnata ricerca del
“male di vivere” che caratterizza il lirismo montaliano.
Entrambi,
però, si accostano a madre-natura con riverente rispetto-amore, coscienti
e consapevoli della grandiosità e complessità del mistero della
creazione pur nei suoi estremi, ma non banali dettagli, dell'importanza
della memoria e dei ricordi di un'infanzia vissuta come età magica
di innocente e filiale vissuto, a fronte di una società adulta contemporanea disumanizzata e spoglia di reali valori, di una civiltà spersonalizzante e nascosta dietro l'ipocrisia meccanicistica.
Nel
giardino dei suoi ricordi il poeta randagio, a cuore nudo,
accoglie il lettore, iniziandolo al mistero della vita.
By
Michele Barbera
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