mercoledì 11 ottobre 2017

“ALBERO A MEZZ'ACQUA DI MARE” di CALOGERO CANGELOSI, IL CONVIVIO EDITORE


La silloge antologica di Calogero Cangelosi racchiude parte della sua produzione poetica risalente agli anni novanta, in una rassegna lirica che schiude al lettore sentimenti nascosti, afflati ispirati con sprazzi di colorate finestre sulla natura che circonda l'azione-vita dell'uomo e la sinergia simbiotica che li unisce e fonde nell'intimo.
Calogero Cangelosi è il “poeta randagio”, che ama vagare negli spazi lirici del rapporto uomo-natura e che accarezza la semplicità emozionale come topos ermeneutico della esistenza umana.
Pennellate verbali, intense ed emozionali, che trasmutano di tinte nuove, con neologismi ed etimi-simbolo (accalmìa,cerilo, debbiare, etc...) concentrati nei titoli delle liriche, quasi a condensare, in una complessa monade, il concetto e l'essenza stessa dei versi a seguire, in una voglia ambiziosa che è insieme sperimentazione ed ermetismo, gioco di parole, grammelot e squarcio tridimensionale del foglio bianco.
La poesia esprime sempre ciò che i semplici sensi materiali non percepiscono, in una prospettiva spirituale priva di orpelli, essenziale, ma sempre delicata e di respiro universale: luce stanca di sera/ si perde tra onde del mare: tace il vento alla vita e le finestre lontane.
Nella lirica che dà il nome alla silloge, la dimensione metarealistica della natura si proietta in un ritratto (o forse autoritratto) antropomorfo: albero a mezz'acqua di mare/ coltivi fortune e desideri/ arrivi e partenze: orizzonte inquieto/ tocchi nubi passeggere.
Animo inquieto che trova riposo solo in solitudini mistiche e metaforici naufragi in orizzonti olistici, totalizzanti.
Cangelosi è messaggero di concreta semplicità, quasi naif, nel profetare un ritorno alla natura vissuta quale liquido amniotico che protegge, nutre e che emoziona, egli richiama echi della poetica di Montale, dal quale si differenzia per la non scontata e rassegnata ricerca del “male di vivere” che caratterizza il lirismo montaliano.
Entrambi, però, si accostano a madre-natura con riverente rispetto-amore, coscienti e consapevoli della grandiosità e complessità del mistero della creazione pur nei suoi estremi, ma non banali dettagli, dell'importanza della memoria e dei ricordi di un'infanzia vissuta come età magica di innocente e filiale vissuto, a fronte di una società adulta contemporanea disumanizzata e spoglia di reali valori, di una civiltà spersonalizzante e nascosta dietro l'ipocrisia meccanicistica.
Nel giardino dei suoi ricordi il poeta randagio, a cuore nudo, accoglie il lettore, iniziandolo al mistero della vita.

By Michele Barbera  

Nessun commento:

Posta un commento