Premessa di dovere: sono un fan
sfegatato di Bob Dylan.
Assieme a Vasco Rossi, Edoardo Bennato e
Bruce Springsteen (ed a una decina di altri strepitosi cantautori ed
interpreti, italiani e non) sono stati e sono la colonna sonora della mia eterna adolescenza con le loro canzoni.
Canzoni, appunto. Non romanzi,
poesie, racconti, epigrammi... Canzoni. Memorabili, uniche, epocali.
Liricissime, che ti entrano nel sangue. Ma canzoni. Che significa un
insieme di una parte vocale (testo, ma non necessariamente), e di una
parte strumentale e/o acustica (che significa musica ma non
necessariamente). Il testo può mancare, ci possono essere
espressioni onomatopeiche, lazzi, frizzi e smorfie, rumori ed effetti
sonori possono sostituire gli strumenti classici o elettronici.
Tempo fa ho letto un articolo di
Umberto Eco intitolato “Perché non avremmo mandato Dante in
cattedra”. Spiegava, in modo sottilmente umoristico, il perché Dante non avrebbe mai potuto essere un buon docente universitario. Sulle prime mi ero arrabbiato, poi ho capito. Umberto Eco spiegava che, al di là del genio del personaggio, era
essenziale valutarlo con i criteri propri e funzionali della cattedra
di insegnamento. In una parola, vale il rispetto delle regole del
gioco. Di quel gioco. Non applicarle significa alterare il gioco, barare o,
comunque, snaturarne l'essenza.
Il premio a Dylan chiamatelo come volete “al cantautore
del secolo”, “al maggiore interprete musicale della protesta
americana”, “al musicista rocchettaro più intenso e profondo”,
al “rivoluzionario impenitente”, ma non chiamatelo “letteratura”.
In un concorso “letterario”
(appunto) se il bando richiede una poesia, non posso partecipare con
un romanzo. Se richiede un giallo non posso presentarmi con una
storia d'amore. Se vogliono un testo teatrale non posso presentarmi
con una raccolta di aforismi. Tutto è letteratura, ma vi sono forme
e contenuti diversi. E' questione di regole e di rispetto, ma, forse
e sopratutto, di lealtà.
Ci sono poi premi e concorsi con sezioni riservate a “canzoni” e musica. Per l'appunto. E ci sono
i concorsi musicali. Ai quali, evidentemente, non è possibile
partecipare con un romanzo o con una poesia. Ma solo con una canzone
o con una composizione musicale. Come è giusto che sia.
E questo al di là del messaggio
contenuto nel testo o dell'armonia dei versi.
La musica è musica, la letteratura è
letteratura, musica e letteratura assieme possono formare la canzone, che non è solo musica e non è letteratura.
Bob Dylan è uno dei grandi del nostro
tempo. Con una fama ed un successo strameritati. Le sue canzoni hanno
fatto e fanno vibrare le corde dei nostri cuori. Ma la sua canzone non è "letteratura" nel senso stretto del termine ed anche se viviamo in un'epoca multimediale.
E penso che lui stesso, all'atto del
Nobel, avrà pensato ai tanti poeti e scrittori, magari misconosciuti,
magari in paesi sottosviluppati, magari oppressi da regimi totalitari e da
censure draconiane e violente, che, con la loro penna in mano o la
tastiera sotto le dita cercano, si sforzano, giorno dopo giorno, di
dare testimonianza del loro tempo, di dare voce alla loro gente, di
fare – nel loro piccolo – una rivoluzione del quotidiano, di
lasciare un'impronta della loro umanità.
Con le loro poesie. Con i loro racconti.
Accompagnati, perché no?, (stavolta ci sta) con la musica dell'anima.
Con le loro poesie. Con i loro racconti.
Accompagnati, perché no?, (stavolta ci sta) con la musica dell'anima.
E credetemi: ognuno di loro meriterebbe
il Nobel.
By Michele Barbera
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