L'amore di Peppe Zambito per la
sua terra, per la sua gente, per le sue storie traspare tutto nelle eccellenti
pagine del suo “raccomanzo”. Zambito ha una formazione culturale solida, un
retroterra fabulatorio di prim'ordine che si è espresso ne “Le figlie di
Cristenzio” e ne “Il giorno dell'acqua corrente” oltre ad un'esperienza scenica
e teatrale che, come già intuito e segnalato da Camilleri, sa diventare maestra
di scrittura.
In quest'ultima opera Peppe
Zambito regala al lettore emozioni nuove, racchiuse in un tessuto narrativo ad
alta sensibilità.
Incastonati nel teatro naturale
delle marne di Torre Salsa, un territorio che non è semplicemente oggetto, ma
diventa esso stesso “soggetto” vivo e protagonista, i personaggi del libro
affrontano – ciascuno a suo modo - quel
complesso enigma chiamato esistenza. Vite mai facili o banali, che sondano nel
quotidiano con intensità acuta e delicatezza di sentimenti che l'autore riesce
a mediare con una scrittura agile, accattivante ed appassionata.
Solo leggendo si può comprendere
a fondo l'esperienza narrativa che Peppe Zambito chiama “raccomanzo”, in cui i
racconti si fondono l'uno con l'altro, i protagonisti si richiamano, rivivono,
ritornano e scompaiono, con un movimento ritmato, lento e nuovo che richiama
quello del mare, quando la risacca complice e sorniona delle serate estive
accompagna certi tramonti infuocati. Il mare, proprio lui. Zambito insegna a
guardare oltre le apparenze, ed “oltre”, come dice lui, c'è solo il mare, il mare
che non muore mai, la natura aspra e ricca di Torre Salsa che si esprime in
essenze preziose, rare, che la saggezza antica trasforma in unguenti lenitivi,
prodotti medicamentosi, ricette che arricchiscono l'impianto del raccomanzo e, già
di per sé, stimolano appetiti curiosi nel lettore.
Non mi addentrerò nella trama o –
forse – nelle mille trame del libro. Voglio lasciare al lettore il fascino di
scoprire l'opera, lasciandosi conquistare dalla varietà di registri narrativi
che fissa, pagina dopo pagina, fotogramma dopo fotogramma, un microcosmo di
personaggi acuti, quasi esoterici come la magara Pippina, la vedova
Onofria, vittima della convenzioni sociali, il clandestino Alif, un
“invisibile” che rivendica il suo diritto a sognare, o Giorgio, tormentato e
contraddittorio, eppure fragile nella sua sensibilità. Dirò solo, richiamando
la bellissima prefazione di Anna Burgio, che nel raccomanzo “le normali
circostanze della vita possono diventare anomalie paradossali, mentre le
piccole grandi follie di un essere umano possono venire accolte con la
naturalezza che si riserva alla più tranquilla quotidianità”.
Del resto siamo o non siamo nella
terra di Pirandello?
By Michele Barbera
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