Finalmente se ne
sono accorti. Gli economisti più avveduti da tempo parlano dell’euro come di un
“involutore” dell’economia europea, di un meccanismo monetario che, condannando
all’immobilismo monetario transfrontaliero i Paesi membri, causa squilibri difficilmente
riparabili dalle politiche economiche dei singoli stati.
Di conseguenza,
ogni Stato membro deve fare per sé, in una corsa assurda che sembra quella del
cane che si mangia la propria coda.
Avevamo già
esposto in precedenti post quel che pensavamo: che in assenza di una sovranità unica,
di un governo unico, di una politica economica e fiscale unica, non aveva senso
parlare di moneta unica.
Ora da più parti,
compreso il pur eccellente Letta che si sta sforzando oltre ogni dire per
rendere permeabili le istituzioni europee alla visione unica del mercato del
lavoro, si accusa che alcuni Stati membri fanno, per così dire, “concorrenza
sleale”.
Concorrenza
sleale significa che in alcuni Paesi, le imprese sono tassate sino a due terzi
meno rispetto ad altri, come l’Italia, tristemente nota per i suoi primati
fiscalistici.
Con la pressione
fiscale non si scherza.
Non si può creare
sviluppo o posti di lavoro se non si consente al denaro di creare utile e
ricavi piuttosto che finire nella macchina mangia-soldi chiamato “Stato”.
Come si può
criticare l’imprenditore che, stufo di lavorare nella propria azienda per
mantenere lo Stato che arriva, in certi casi a pretendere oltre la metà dei
ricavi?
Come si può
criticare l’imprenditore che decide di “emigrare” negli altri Stati membri che
gli garantiscono un recupero-risparmio fiscale di oltre due terzi rispetto agli
importi pagati in Italia?
Questa corsa l’Italia
è destinata a perderla: è come correre in pista con due zavorre ai piedi,
mentre gli altri atleti saltellano come gazzelle.
Ed allora, prepariamo
il piano B.
Cioè, senza mezzi
termini, l’uscita dall’euro.
Non si può
sopportare oltre l’infernale meccanismo monetario che costringe gli Stati ad
indebitarsi a condizioni inique, a far sprofondare l’economia in una palude
silenziosa e che fa esplodere in magma incandescente le tensioni sociali.
Uno Stato sovrano
sa benissimo che quando la propria economia è in crisi, la propria moneta viene
svalutata per incentivare le esportazioni, frenare le importazioni ed assorbire
il debito in valori nominali destinati a rappresentare solo l’involucro della
sostanza.
La leva monetaria
non è una favola. E l’euro è, invece, l’incubo.
In mancanza di
uno Stato Europeo non ha senso la moneta unica europea, che può solo rafforzare
i forti ed indebolire i deboli.
Ma la spirale è
destinata a coinvolgere anche i Paesi tradizionalmente più forti che sino ad
ora hanno speculato sulle economie nazionali più deboli.
Basta con questo
gioco al massacro.
Prima che sia
troppo tardi ed il nostro tessuto imprenditoriale ne esca compromesso, chiediamo
che il Governo si attivi per una ragionata uscita dal circolo vizioso dell’euro,
senza se e senza ma. Non solo l’Italia, ma l’Europa stessa lo chiede.
By M.
Basta con l'euro. Anche la Germania e n'è accorta!
RispondiEliminaFelix 89