martedì 30 luglio 2024

LA SICILIA VERSO LA DESERTIFICAZIONE


 

Sino a qualche anno fa, gli studi agronomici preventivavano che entro il 2030 un terzo della Sicilia sarebbe stato a “rischio” desertificazione.
Oggi la realtà è ben più drammatica. L’inettitudine di una classe politica da quarant’anni a questa parte ha aggravato la cronica “siccità” dell’isola sino a farne una perenne emergenza e una drammatica calamità.
I modelli matematici parlano di uno-due anni di “sopravvivenza” idrica dell’isola. A meno di un miracolo divino, i siciliani - fra poco meno di due anni - vivranno in un territorio massimante a carattere desertico, con il settore primario (agricoltura e pastorizia) che da eccellenza del territorio, diventerà marginale. L’economia della Regione entrerà in un costante processo recessivo e l’emigrazione diventerà una necessità.  
Oggi dei 24 invasi presenti nell’isola sei sono prosciugati e gli altri vedono progressivamente calare il loro livello.
La Giunta regionale ha delegato a Prefetti e commissari vari la patata bollente, che parlano di trivelle e pozzi come se il sottosuolo dell’isola fosse pieno d’acqua e così facendo innescano un irreversibile depauperamento dei bacini e l’ulteriore degrado del territorio.
Tutto è sbagliato. Non è questa la strada, caro Presidente Schifani.
In Puglia Emiliano, ha speso 100 milioni di euro per fare il più grande dissalatore d’Europa.
In Sicilia si è speso 100 milioni di euro per un inutile acquedotto che va dall’invaso Garcia sino al trapanese. Come se il Garcia, che peraltro è oasi naturale, fosse strapieno di acqua e non, invece, boccheggiante come è all’attualità. Vogliamo porre fine a questo dramma che è ormai una farsa?
Caro Presidente Schifani, perché non mettiamo un po’ di sale in zucca e azioniamo il cervello?
1. Togliere di mezzo Siciliacque. Un carrozzone, inutile, spaventoso, drammatico. Che ragiona con logiche di profitto, divora risorse, manca di progettualità e investimenti sociali. A parte il fatto che è privata, la Società è stata incapace di fare fronte a qualsiasi emergenza, miope nella logica di profitto, preferisce trivellare e rivendere l’acqua ai siciliani piuttosto che fare investimenti a lungo termine che possano abbassare i costi del servizio idrico per tutti i siciliani.
2. Togliere di mezzo le varie società d’ambito. Sono carrozzoni elettorali, moltiplicano i passaggi burocratici, hanno un costo inutile e si sono dimostrati assolutamente inefficienti.
3. Istituire un’unica agenzia regionale PUBBLICA con uffici centralizzati a cui delegare la programmazione per obiettivi ed efficiente per la tutela ed la circolarità delle risorse idriche. L’Agenzia deve avere al suo interno sezioni provinciali in modo da coordinare l’intervento pianificatore per singola provincia. Delegare ai Comuni la gestione premiale territoriale delle reti con interventi di monitoraggio e manutenzione della rete idrica locale, per evitare le perdite e le dispersioni.
4. Riattivare e progettare i dissalatori alimentandoli con energia solare. È l’unico modo per rendere circolare la risorsa idrica e costituire una fonte rinnovabile per l’agricoltura e l’uso civico. Costa molto di più fare fronte ad un’emergenza diventata cronica e che nei prossimi anni diverrà insostenibile dal punto di vista ambientale e finanziario. Basta un solo progetto, modulare, con i dissalatori di nuova generazione, che possa essere utilizzato per ogni nuovo dissalatore. Non occorre fare nove-dieci progetti.
5. Programmare la manutenzione degli invasi e dei corsi d’acqua. Per consentire l’immagazzinamento dell’acqua nei periodi piovosi ed evitare esondazioni, dissesti e fenomeni alluvionali. La Regione dispone di numerosi studi sulle zone franose e quelle più soggette a dissesto idrogeologico. Mettiamoli a frutto.
6. Favorire il rimboschimento anche nelle aree private. Rimboschimento e reddito sostitutivo per le aree incolte con formule crescenti e premiali per i privati in parallelo con l’anzianità dei boschi. Ciò favorisce la manutenzione degli alberi e riduce il rischio incendi, motivando il privato a custodire la risorsa boschiva ed evitare la desertificazione e l’abbandono dei terreni. Un bosco riduce il degrado del territorio, l’impatto delle alte temperature, favorisce il microclima e depura l’aria.
Sembrano compiti giganteschi, ma non lo sono: è una visione chiara e fattibile, aliena da logiche speculative e di profitto. E se non si inizia non si arriverà mai. Iniziamo dalla parte burocratica. Non ci sono alibi.  Non possiamo stare a piangere mentre in tutto il mondo si sbracciano per risolvere il problema della siccità mentre noi siamo bravi solo a farci del male.
La Sicilia e soprattutto i siciliani non lo meritano, caro Presidente.
By Michele Barbera


venerdì 19 luglio 2024

TRUMP, L’UOMO DELL’ANTIPROVVIDENZA

 


Abbiamo ascoltato tutti (o quasi) il gran discorso che Trump ha fatto alla convention del partito repubblicano americano. Ho sentito commenti entusiasti, lui si è definito graziato da un miracolo divino, ha chiamato a raccolta i “patrioti” americani ed ha sciorinato la sua panacea per risolvere in quattro e quattr’otto i problemi del mondo, guerre comprese.
A tutti è sembrato un discorso pacificatore, unionista, moderato.
A me no.
Trump non può smentirsi: è un suprematista, razzista e profondamente autoritario e tendenzialmente menefreghista rispetto al resto del mondo (America first va letto nel senso che il primato dell’America coincide con i suoi interessi autarchici). Né più né meno di un dittatore qualsiasi, come Putin ed altri governanti pazzoidi in giro per il mondo che, in nome di guerre più o meno sante, fanno terrorismo, invadono paesi, sterminano popoli.
Trump ha attaccato gli immigrati, tacciati di essere tutti delinquenti senza mezzi termini, ha detto che come suo primo atto chiuderà i confini con muri e trivelle. Ha detto che ricatterà le nazioni ritirando i contributi economici se non si allineano alla sua volontà.
Trump si è scagliato contro la Corea del Nord, i sommergibili della Russia, ed altre amenità e pazzie in nome della Great America, della Grande America ovverossia gli Usa, piegati alla sua volontà che – a quanto pare – è in grado di governare il mondo.
NO, caro ciuffone Trump, non è la Provvidenza che ti ha salvato dall’odio che tu stesso hai generato come tutti i dittatori. Guardati la storia. I dittatori sono figli del diavolo e prima o poi fanno sempre una brutta fine. Perché si nutrono di violenza, menzogna e di deliri di onnipotenza.
Trump dice che Putin durante la sua presidenza (2017/2021) non ha invaso l’Ucraina.
Falso, guardati la storia.
Putin nei suoi 23 anni di dittatura ha instaurato un regime del terrore e non ha mai smesso di fare guerra: Georgia, Cecenia, Kazakistan, Siria, Transnistria, eccetera, per non parlare dell’invio di milizie in Africa a fomentare guerriglie. Approfittando del ritiro americano in Siria (sotto il presidente Trump), Putin ha sterminato chi doveva sterminare e nel 2019 ha concluso un patto di ferro con la Turchia, paese Nato, per la leadership nella regione.
Putin ha solo una logica (e centinaia di migliaia di morti sulla coscienza): o ci si sottomette a lui oppure distrugge tutto e tutti.  E dal 2014 che la Russia agita le acque in Ucraina, dopo l’invasione “pacifica” della Crimea. La guerra nel Donbass è da dieci anni che fa morti e stragi.
E tu Trump mentre eri presidente? Ti sei semplicemente girato dall’altra parte. Forse perché speravi che Putin smettesse.
O, magari, eri troppo impegnato a tentare il colpo di stato, assaltando il palazzo del tuo parlamento. Alla faccia della democrazia.
Sto tranquillo. Perché tu non avrai mai il coraggio di contrastare la Russia o tantomeno la Cina sull’espansionismo bellico. Li lascerai fare, troverai accordi commerciali protezionistici, strepiterai sulle merci cinesi farlocche offerte a basso costo. Ma alla fine, purché non tocchino i tuoi interessi commerciali, farai finta di nulla se moriranno popoli e l’ordine mondiale verrà sovvertito. Purché avvenga fuori dai confini degli Stati Uniti.
I dittatori, purtroppo, ragionano così. Non facciamoci illusioni.
C’è una cosa di buono nella storia: che i dittatori non durano sempre e con le loro gesta esecrande sono destinati a lastricare l’inferno. E, questo, è l’unico dato certo che ci conferma, caro Trump, l’esistenza di una vera, autentica Provvidenza.
Viva l’America, sì, ma non quella di Trump.
By Michele Barbera


venerdì 21 giugno 2024

L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA: LA FORMA E LA SOSTANZA


 

L’autonomia differenziata non è nata ieri. Lo stravolgimento dei principi costituzionali è avvenuto nel 2001 durante il secondo governo Berlusconi con la legge n.3/2001. Fu questa norma a cambiare tutto sul Titolo V della Costituzione. Ma, appunto perché riformava la Costituzione, si pensava che fosse solo una petizione di principio che non avrebbe mai avuto attuazione concreta.
Invece no.
A distanza di 23 anni l’autonomia ce la ritroviamo sul piatto con l’approvazione del Disegno di Legge n.1665 che è un cavallo pazzo, incontrollabile, indomabile,  e che è foriera di conseguenze che oggi non è possibile prevedere, nemmeno da parte della stessa maggioranza che l’ha votata.
Se dovessimo partire dall’origine è indubitabile che la “questione meridionale”, intesa come sottosviluppo del Sud Italia è stata frutto di politiche scellerate postunitarie che da sempre (a cominciare dal saccheggio del tesoro del Regno delle Due Sicilie operata da quel grande mercenario che fu Garibaldi dittatore) hanno puntato a convogliare risorse al Nord ed a spogliare sistematicamente il Sud.
La grande industrializzazione del Nord è passata per il Meridione da cui attingeva materie prime, risorse umane (si dice così?), mercato di consumo per le sue merci, oltre a consumare finanziamenti statali per dotarsi di grandi infrastrutture, mentre il Sud arrancava, imbrigliato nella palude di una burocrazia asfissiante e diffidente e di forme mafiose che lo hanno vampirizzato.
Ma tant’è, è inutile piangere sul latte versato.
Privatizzare i profitti e pubblicizzare le perdite. Era la legge di un certo Rag. Valletta, plenipotenziario manager della Fiat e prototipo dell’industriale del Nord che prendeva il treno solo per andare a Roma, chiedere contributi all’industria automobilistica e maneggiare per la realizzazione di strade ed autostrade a scapito di ferrovie e porti. Trasporto gommato. A farne le spese? Sempre il Sud con ferrovie rimaste ad inizio secolo (scorso). Ma si sa al Sud ci sono solo briganti, mafiosi e nullafacenti.
Cosa ci aspetta con la famigerata “autonomia differenziata”?
Tutto parte dai LEP: livelli essenziali delle prestazioni. Una solenne presa per il culo.
I roboanti proclami di unità, solidarietà ed uguaglianza dell’art.1 della legge approvata affidano tutto ai LEP, che il Governo (quale?) dovrebbe determinare per garantire i servizi minimi sul territorio nazionale. Quali sono questi servizi minimi? A cosa saranno parametrati? Ai servizi del nord o ai disservizi del sud? Ardua risposta e nessuno lo sa.
Per l’intanto, le Regioni possono andare sul “mercatino” delle competenze e pigliarsi quello che più gli aggrada: la merce è varia, si dalla “tutela della salute” sino all’ “istruzione”, dalle grandi reti di trasporto sino alla produzione di energia, etc....
Il bonus per le competenze è che le Regioni si trattengono il gettito fiscale che loro stesse producono. È un circolo vizioso: più produco, più posso acquisire competenze (anche normative e legislative), più divento ricco con le mie tasse, più me ne posso fregare del Governo centrale e delle altre Regioni.
Addirittura, si profila pure la possibilità di organizzare per le singole Regioni la giustizia di prossimità (oggi Giudice di Pace), quindi ogni Regione potrà organizzare un proprio sistema giudiziario. Roba da pazzi!
Come avviene il passaggio delle “competenze” (io direi “poteri”)? Con una “intesa”, che si trasforma in legge dopo vari passaggi politici tra Stato e singola Regione e, dunque, è inattaccabile sotto il profilo amministrativo. 
Quali sono i reali problemi che pone l’autonomia differenziata? Eccone alcuni.
1. Chi pagherà il debito pubblico statale? Le singole Regioni che trattengono il gettito statale lo sottraggono al Governo Centrale che verrà a mancare di essenziali risorse per il suo funzionamento e per il ripianamento del debito pubblico (che è andato a beneficio di quelle regioni). Il debito pubblico è destinato ad aumentare nel tempo, così il relativo deficit.
2. Disfunzioni nella pianificazione economica statale.  Il Governo centrale di fatto sarà paralizzato nella sua azione. Mancherà di personale e di risorse, dovrà attuare pianificazioni differenziate secondo le varie Regioni con inevitabili scontri ed inefficienze sia sulla programmazione che a livello finanziario. 
3. Emigrazione verso le regioni più “ricche”. Il circolo vizioso porterà inevitabilmente ad una maggiore emigrazione (interna ed esterna) verso le Regioni più ricche. Emigrazione non soltanto povera, ma anche dei c.d. “cervelli” e “colletti bianchi”. Chi potrà impedire ad un insegnante, ad un infermiere, ad un medico, ad un ingegnere, ad un pubblico funzionario di emigrare in una Regione dove il suo lavoro è più pagato?
4. Divario infrastrutturale. Salvini vuole fare (a parole) il Ponte sullo Stretto. Bravo. Ma con quali soldi? Salvini stesso ha detto che il maggior onere lo devono sopportare Sicilia e Calabria, due regioni fra le più povere e che non sono assolutamente in grado di sopportare le spese. Salvini lo sa? Lo sa. O prende per il c.... o è stupido. A me sembra buona la prima. Le infrastrutture hanno bisogno di soldi a fondo perduto. Nel centro-nord dal secondo dopoguerra hanno avuto uno sviluppo notevole con fondi statali. Ora la materia diventa di competenza regionale. Voi pensate che la Regione Lombardia, anziché migliorare le proprie autostrade vada a finanziare il Ponte sullo Stretto?   Ed è solo un esempio. Le infrastrutture saranno appannaggio solo delle regioni più ricche che investiranno il gettito sottratto al Governo centrale sul proprio territorio. E Salvini gongola. Però ai siciliani ha detto che possono fare la guardia ai templi greci (bellezze “inarrivabili”, come dice lui).
5. La fregatura dei LEP. Per avere la coscienza a posto il Governo centrale adotterà i LEP. Ma questi livelli essenziali di prestazione garantiranno l’efficienza? No. Sulla carta i servizi ci saranno. Ma a livello pratico le Regioni penalizzate saranno sempre e solo quelle che sono angustiate dal sottosviluppo economico e che avranno fame di “risorse” non sempre disponibili, perché dotate di un gettito fiscale incapiente. Con buona pace dei “servizi essenziali”
6. Maggiori costi per il Governo centrale. Aumenterà il debito ed i costi per una serie di servizi pubblici che comunque il Governo dovrà mantenere anche nelle Regioni ad “autonomia differenziata”, quali il servizio per l’ordine e la sicurezza pubblica, la previdenza pubblica con i relativi istituti assistenziali per lavoratori e pensionati, i presidi giudiziari, gli uffici correlati con il Governo (Dogane, Agenzia Entrate, Ispettorati, etc...). Insomma di tutti quei servizi non “appetibili” dal punto di vista economico per le singole regioni.  
Al di là delle roboanti parole di principio, si profila un’Italia sparigliata, priva di una visione unica e strategia anche sui servizi essenziali, con differenti politiche fiscali, sanitarie, d’istruzione e di investimenti. Ed un Governo centrale indebolito, che sarà debole con i forti e forte con i deboli.
E state tranquilli che Giorgina non sarà in grado di opporsi alle pretese delle regioni che pretenderanno l’autonomia a stretto giro, approfittando del vento politico a favore, pronti a trattenersi il gettito fiscale e i finanziamenti pubblici ed a sottrarre ogni potere e competenza possibile ed utile.
Sul piano politico, per il Governo Meloni questo si tradurrà in una perdita di consensi notevole (ma la Giorgia lo sa e se ne frega), Salvini e la lega si rafforzeranno nel lombardo-veneto e la sinistra risorgerà inutilmente, perché non sarà in grado di contrastare la tempesta scatenata dall’approvazione di questa legge.
Solo un referendum ci potrà salvare. Salvini permettendo.
By Michele Barbera

lunedì 4 marzo 2024

ACQUA SICILIANA A PERDERE: I CINESI DI SICILIACQUE, I COMPARI DELLA REGIONE E GLI AMICI OMERTOSI DEGLI ENTI LOCALI

 



La Sicilia è terra di Pirandello. Terra di paradossi, inganni, apparenze e, perché no, di affari e di favori.
La notizia è di ieri: in una terra arsa di sete, dove l’agricoltura boccheggia, dove 160 comuni hanno l’acqua razionata per le follie e la miopia della gestione idrica regionale, a Castelvetrano hanno aperto le paratoie della Diga Trinità per scaricare a mare l’acqua che “burocraticamente” non poteva stare dentro l’invaso.
Tutto alla faccia degli agricoltori serviti dalla diga che hanno inscenato la solita triste e rassegnata protesta. E la Regione? Ha convocato “subito” un tavolo tecnico presso il “competente” assessorato.... fra qualche giorno... con la partecipazione di qualche amministratore locale... e poi? Intanto l’acqua è stata gettata a mare. Alla faccia degli agricoltori. E di tutti noi.
Dalle nostre parti, invece, i cinesi di Siciliacque ed i compari della torta da 100 milioni proseguono imperterriti ad occupare terreni per realizzare il mega, inutile e dannoso acquedotto che dalla Diga Garcia di Palermo deve portare sino ai comuni del marsalese. Ovviamente, fottendosene di tutto e di tutti. Compreso del fatto che  l’invaso del Garcia è in progressiva, lenta, costante ed inesorabile diminuzione di capacità e che i dissalatori del Trapanese, abbandonati a se stessi, sono invece una risorsa che andava riattivata.
A rimetterci, per questi scempi, sarà per prima l’agricoltura e poi via via a seguire anche tutti noi.
L’importante è spendere quei maledetti, grassi ed infernali 100 milioni di euro.
Quello che non si vuole capire è che nella Sicilia manca del tutto la consapevolezza che l’acqua è la risorsa principale del futuro. Manca del tutto una visione strategica, manca la politica degli invasi, dei potabilizzatori, dei dissalatori, del risanamento e la riparazione degli acquedotti.
Si pensa solo a spendere inutilmente soldi, soldi che andranno a gravare sul bilancio idrico del territorio ed a impoverirlo sempre di più. Altre Regioni italiane, per non parlare all’estero, stanno investendo per fare diventare l’acqua una risorsa circolare. In Sicilia si tace, l’omertà complice è un costume comune, anche nelle stanze del potere: nel silenzio del denaro, della corruzione, della speculazione affoga la dignità di cittadini ed amministratori servili ed ebeti.
Eppure basterebbe aprire gli occhi, fare funzionare il cervello con pianificazioni adeguate e strategiche. E invece no: nella sciagurata classe dirigente manca persino quel buon senso che Manzoni voleva nascosto, per paura e conformismo, dietro il senso comune. Ma da noi in Sicilia si va oltre:  a farla da padrone è solo il senso del ridicolo.
By Michele B.


venerdì 9 febbraio 2024

E così vorresti fare lo scrittore... di Charles Bukowski

 

Dedico la poesia di Charles Bukowski a tutti coloro che vogliono sapere che significa "scrivere", ed agli altri che vorrebbero scrivere ma non sanno da dove iniziare e sopratutto... non sanno cosa li aspetta. Bukowski, con versi tanto intensi quanto illuminanti, nel suo stile tormentato e libero, abbraccia la passione ed il sacrificio dell'arte dello scrivere. Sono versi che hanno destato polemiche accese in chi non li condivide, come sempre - del resto - quando si tratta di Hank, però non lasciano impassibili e scavano acutamente in chi legge, sino a trovare l'ispirazione più vera, in una sincerità nuda e disarmante. 

E così vorresti fare lo scrittore

E così vorresti fare lo scrittore?
Se non ti esplode dentro
a dispetto di tutto,
non farlo
a meno che non ti venga dritto
dal cuore e dalla mente e dalla bocca
e dalle viscere,
non farlo.

se devi startene seduto per ore
a fissare lo schermo del computer
o curvo sulla macchina da scrivere
alla ricerca delle parole,
non farlo.

se lo fai solo per soldi o per fama,
non farlo
se lo fai perché vuoi
delle donne nel letto,
non farlo.

Se devi startene lì a
scrivere e riscrivere,
non farlo.
se è già una fatica il solo pensiero di farlo,
non farlo.
se stai cercando di scrivere come qualcun altro,
lascia perdere.

se devi aspettare che ti esca come un ruggito,
allora aspetta pazientemente.
se non ti esce mai come un ruggito,
fai qualcos'altro
se prima devi leggerlo a tua moglie
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo
o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno,
non sei pronto.

non essere come tanti scrittori,
non essere come tutte quelle migliaia di
persone che si definiscono scrittori,
non essere monotono o noioso e
pretenzioso, non farti consumare dall'autocompiacimento

le biblioteche del mondo
hanno sbadigliato
fino ad addormentarsi per tipi come te
non aggiungerti a loro
non farlo
a meno che non ti esca
dall'anima come un razzo,
a meno che lo star fermo
non ti porti alla follia o
al suicidio o all'omicidio,
non farlo
a meno che il sole dentro di te stia
bruciandoti le viscere,
non farlo.
quando sarà veramente il momento,
e se sei predestinato,
si farà da sè e continuerà finchè tu morirai o morirà in te.

non c'è altro modo
e non c'è mai stato.   


By M. Barbera 

lunedì 22 gennaio 2024

SCIACCA: LA RIVOLTA DEI TRATTORI E L’AGRICOLTURA IN GINOCCHIO

 


Gli agricoltori hanno detto basta. Sull’onda di un movimento che ha ripercussioni e repliche in tutta Europa, anche a Sciacca, con la partecipazione degli agricoltori del circondario, soprattutto di Menfi, questa mattina si è svolta la protesta del mondo agricolo.
Dopo il corteo dei giorni scorsi sulla Palermo-Sciacca, oggi decine di trattori di altrettanti imprenditori agricoli si sono radunati a Sciacca in contrada Perriera nello spazio davanti l’isola ecologica e, successivamente hanno proceduto ad un corteo per le vie cittadine e poi sullo scorrimento sino a Menfi.
Chiare e condivise  le ragioni della protesta: la mortificazione politica dell’agricoltura italiana, la sua penalizzazione sia dal punto di vista fiscale che commerciale, le regole assurde imposte dall’Unione Europea ad un settore che da sempre fornisce prodotti di eccellenza ed è vitale per il Made in Italy.
Oggi l’imprenditore agricolo deve subire una regolamentazione a tre livelli: regionale, nazionale ed europeo. Un labirinto di norme e prescrizioni che diventano penalizzanti ed asfissianti per chi vuole coltivare i terreni e produrre in modo economicamente accettabile.
Non solo, ma mentre i costi sono in “libera ascesa”, con aumenti a raffica, dai carburanti, ai concimi, alle sementi, ai fitofarmaci, il rendimento dei prodotti segue un costante declino, con l’eccezione dell’olio EVO che ha avuto quest’anno un’impennata del prezzo di mercato, dovuta – però – in gran parte alla diminuzione della produzione nazionale.
Gli agricoltori del comprensorio di Sciacca vivono in questi giorni una ulteriore e pressante emergenza: il mancato accesso alle acque irrigue degli invasi del Lago Arancio e della Diga Garcia.
La presenza nel lago Arancio da diversi mesi di alga rossa e di altri organismi inquinanti, infatti, ed opere di manutenzione sulla Garcia hanno impedito che le acque degli invasi potessero essere adibite ad uso irriguo con gravissimo danno per le colture, in un inverno tra i più siccitosi degli ultimi anni.
Il comparto agricolo è in allarme, anche perché si sono susseguiti da diversi mesi analisi e sopralluoghi da parte degli uffici regionali e comprensoriali, con il consueto elenco di promesse non mantenute.
Le inadempienze degli uffici e le difficoltà economiche del comparto del comprensorio di Sciacca rendono la protesta più viva che mai di fronte a risposte e soluzioni che non arrivano dagli Enti.
Gli agricoltori rinnovano l’invito a sostenere il comparto agricolo e zootecnico quale strategico per tutta la Nazione italiana ed in particolare per la Regione Sicilia e promettono di non arrendersi di fronte all’inerzia delle amministrazioni.
Aspettiamoci altre e più clamorose proteste.
By M.B.