Sono sempre stato un fan culturale di Umberto Eco ed ho letto
parecchio di lui (non solo “Il nome della rosa”): era e rimane un saggista
formidabile ed un affabulatore colto e raffinato. Dopo la sua morte, nel
panorama culturale italiano indubbiamente si è creato un vuoto difficile da
riempire.
Tuttavia, non sono mai stato d’accordo sulla sua nota affermazione del 2015 per la quale i social , che pure consentono alle persone di restare in contatto fra loro, danno la parola a “legioni di imbecilli”.
Il “Fatto Quotidiano” etichettò le parole di Eco come frutto astioso
di “controcorrentismo”, di una “battaglia
di retroguardia venata di snobismo”, dando, però, al professor Eco l’onore
delle armi.
A distanza di anni, morto Eco, le sue parole risultano ancora di più errate.
Questo non perché siano venuti meno gli “imbecilli” o gli ignoranti o i visionari, ma perché siamo sicuri che “zittirli” sia la cosa più giusta?
Quello che mi angoscia, infatti, è ben altro.
La libertà di espressione sta diventando una specie in via di estinzione. E non mi riferisco alla boiata dell’Unione Europea che era giunta (santi numi, se non è follia ed imbecillità questa!) a proibire di dire “Natale” e “Maria”, ma ad una sottile strategia mass-mediatica che, anche attraverso i social (o soprattutto), comprime in modo crescente la libertà di espressione del “dissidente” e non solo quando si tratta di insulti ed improperi.
La televisione, i giornali (quei pochi che sono sopravvissuti), gli stessi social, veicolano informazioni in modo sempre più controllato e plagiato, orientano gusti, tendenze e scelte della gente.
A nulla serve che le Autorità garanti della concorrenza abbiano sempre fascicoli aperti e sfornino multe milionarie alle multinazionali del web, colpevoli di controllare a piacimento le ricerche degli ignari utenti (imbecilli pure loro?). La verità è che dietro questi “orientamenti” ed influenze si nasconde una sottile ed impalpabile censura, un bavaglio virtuale che, a seconda dei temi, diventa via via più pressante.
A tutti sarà capitato di fare una ricerca sul web di un determinato oggetto e subito dopo, qualsiasi sia la pagina aperta, vi compariranno – come per magia - finestre pubblicitarie ed informative su quel bene. Come se vi avessero letto nel cervello. Ma sappiamo che non è così.
Per cercare opinioni diverse da quelle “dominanti” dovete fare ricerche trasversali, impegnarvi su siti poco conosciuti ed anche lì troverete sempre la pubblicità e le informazioni che il Grande Fratello del web ci propina senza nessun rispetto per la nostra libertà di scelta e di pensiero.
Così come a volte capita di essere “bloccati” o sospesi o vedersi cancellata una pagina perché l’insondabile Entità del web ha decretato che quello che è stato scritto o postato non era “internettianamnte” corretto o ha violato chissà quale “norma” di condotta.
Ecco il pericolo: siamo censurati senza rendercene conto, siamo schiavizzati nelle nostre scelte e razzoliamo come polli nel cortile ben chiuso che l’Entità ha prescelto per noi. Viviamo in una prigione virtuale senza che sappiamo neanche chi siano i nostri carcerieri.
Questo è lo scenario, che ci piaccia o no. A cui pochi hanno la forza e la voglia di ribellarsi.
Allora, caro Umberto Eco, avevi torto. Viva gli imbecilli, anche se sbagliano o esprimono in modo sgrammaticato la loro opinione, viva chi dissente dal “pensiero dominante” e ci trascina nella sua polemica, che ravviva la discussione e la riflessione.
La libertà di espressione implica certamente un pericolo, ma credimi caro Umberto, il pericolo è di gran lunga inferiore a quello di rimanere chiusi nella gabbia del conformismo. Anche se all’ultima moda e griffato.
Del resto, che gli imbecilli siano tali è essa stessa una opinione. Del tutto soggettiva.
By Michele Barbera
Tuttavia, non sono mai stato d’accordo sulla sua nota affermazione del 2015 per la quale i social , che pure consentono alle persone di restare in contatto fra loro, danno la parola a “legioni di imbecilli”.
A distanza di anni, morto Eco, le sue parole risultano ancora di più errate.
Questo non perché siano venuti meno gli “imbecilli” o gli ignoranti o i visionari, ma perché siamo sicuri che “zittirli” sia la cosa più giusta?
Quello che mi angoscia, infatti, è ben altro.
La libertà di espressione sta diventando una specie in via di estinzione. E non mi riferisco alla boiata dell’Unione Europea che era giunta (santi numi, se non è follia ed imbecillità questa!) a proibire di dire “Natale” e “Maria”, ma ad una sottile strategia mass-mediatica che, anche attraverso i social (o soprattutto), comprime in modo crescente la libertà di espressione del “dissidente” e non solo quando si tratta di insulti ed improperi.
La televisione, i giornali (quei pochi che sono sopravvissuti), gli stessi social, veicolano informazioni in modo sempre più controllato e plagiato, orientano gusti, tendenze e scelte della gente.
A nulla serve che le Autorità garanti della concorrenza abbiano sempre fascicoli aperti e sfornino multe milionarie alle multinazionali del web, colpevoli di controllare a piacimento le ricerche degli ignari utenti (imbecilli pure loro?). La verità è che dietro questi “orientamenti” ed influenze si nasconde una sottile ed impalpabile censura, un bavaglio virtuale che, a seconda dei temi, diventa via via più pressante.
A tutti sarà capitato di fare una ricerca sul web di un determinato oggetto e subito dopo, qualsiasi sia la pagina aperta, vi compariranno – come per magia - finestre pubblicitarie ed informative su quel bene. Come se vi avessero letto nel cervello. Ma sappiamo che non è così.
Per cercare opinioni diverse da quelle “dominanti” dovete fare ricerche trasversali, impegnarvi su siti poco conosciuti ed anche lì troverete sempre la pubblicità e le informazioni che il Grande Fratello del web ci propina senza nessun rispetto per la nostra libertà di scelta e di pensiero.
Così come a volte capita di essere “bloccati” o sospesi o vedersi cancellata una pagina perché l’insondabile Entità del web ha decretato che quello che è stato scritto o postato non era “internettianamnte” corretto o ha violato chissà quale “norma” di condotta.
Ecco il pericolo: siamo censurati senza rendercene conto, siamo schiavizzati nelle nostre scelte e razzoliamo come polli nel cortile ben chiuso che l’Entità ha prescelto per noi. Viviamo in una prigione virtuale senza che sappiamo neanche chi siano i nostri carcerieri.
Questo è lo scenario, che ci piaccia o no. A cui pochi hanno la forza e la voglia di ribellarsi.
Allora, caro Umberto Eco, avevi torto. Viva gli imbecilli, anche se sbagliano o esprimono in modo sgrammaticato la loro opinione, viva chi dissente dal “pensiero dominante” e ci trascina nella sua polemica, che ravviva la discussione e la riflessione.
La libertà di espressione implica certamente un pericolo, ma credimi caro Umberto, il pericolo è di gran lunga inferiore a quello di rimanere chiusi nella gabbia del conformismo. Anche se all’ultima moda e griffato.
Del resto, che gli imbecilli siano tali è essa stessa una opinione. Del tutto soggettiva.
By Michele Barbera
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