Nel caos delle verità o
delle quasi-verità che circolano in questi giorni sulle conseguenze
dell'azione di politica economica del governo, è emersa una conclusione
evidente: nessuno ha la sfera magica per prevedere esattamente quali
saranno gli effetti tra qui ad un anno o fra cinque anni.
Si possono solo fare
previsioni statistiche, imponderabili e fumose, pronte a cambiare ad
ogni levata di vento. Troppe le incognite sul circuito
macroeconomico, politico e finanziario, non solo dell'Italia o
dell'Europa, ma del mondo.
Il sistema è globale,
che lo si voglia o no.
Con queste premesse una
riflessione la vogliamo fare.
In un circuito
macroeconomico le variabili principali ed essenziali sono la domanda e l'offerta.
Ma per incrementare le grandezze (e quindi la ricchezza e/o il
benessere ) deve esserci un terzo fattore di crescita: la
produttività.
Si produce di più,
cresce la domanda e cresce l'offerta. Questo è un circuito virtuoso.
Se, invece, di
incrementare la produttività si “droga” il circuito, facendo
crescere solo la domanda o l'offerta, alla fine gli equilibri
saltano. E questo è matematico. Perchè si tratta di economia e non
di statistica futuribile.
Dunque,
l'assistenzialismo fine a se stesso può funzionare al limite, solo
in un circuito autarchico, chiuso, come ha fatto Trump in USA. Ma più
che di assistenzialismo, si può parlare di protezionismo. Trump ha
bloccato le importazioni, facendo incrementare la produttività
interna dei beni, il che ha creato posti di lavoro e, dunque, la
domanda ed i consumi interni.
Quanto questo sistema
chiuso possa durare non lo sa neanche lo stesso Trump: l'economia
ormai si regge su formule globali e gli USA non possono chiudersi in
se stessi a lungo.
Probabilmente tutto
durerà fin quando durerà Trump, poi necessariamente il mercato
globale estenderà i suoi tentacoli anche sul protezionismo
americano.
L'Italia, che ha una
bilancia commerciale assai dinamica, non può attuare un sistema
chiuso. Aumentare il deficit significa solo aggravare il debito che
tutti gli italiani hanno. Con il sistema monetario nazionale, ad un
certo punto, come estremo rimedio, c'era il ricorso alla
“svalutazione” della lira. Ma il sistema di svalutazione, se da
un lato, operava un ribasso di "valore" e poteva incrementare le
esportazioni, dall'altro implicava un costo occulto, in quanto il denaro
svalutato comprava meno beni ed attirava meno investimenti finanziari.
Quindi, una moneta forte
come l'euro, di cui l'Italia – a torto o a ragione – ormai si
avvantaggia implica che il sistema economico deve essere prima di
tutto solido, e deve puntare alla produttività, allo sviluppo
economico.
Ecco perché la politica
del reddito di cittadinanza, senza risorse reali che lo sostengano,
diventa solo un aggravamento del debito pubblico, non una crescita
della ricchezza e nemmeno un vantaggio economico, ma solo l'edizione
moderna del panem et circenses con
cui gli imperatori romani tenevano buoni la massa dei derelitti. Ma
gli imperatori facevano i soldi con le prede ed i bottini di guerra
che rubavano ai popoli invasi e tartassati.
L'unica via praticabile
in Italia non è la politica assistenziale, ma una politica economica
che riduca il peso fiscale sulle attività produttive e che sfrutti
le risorse comunitarie per creare posti di lavoro e incrementare la
produttività. Da lì deriva la reale ricchezza e l'incremento del
welfare.
Quindi, meno burocrazia
nella gestione delle risorse comunitarie, meno carico fiscale sulle
imprese e sul lavoro autonomo. Di contro, più agevolazioni
all'esportazione e più controlli (e pesi) sulle importazioni
extracomunitarie che, slealmente, penalizzano la produzione interna.
Mentre noi italiani
vediamo l'Europa come una “matrigna” e la guardiamo con sdegno,
le altre nazioni, più furbe, la coccolano e la sfruttano. Ed alla
fine a pagare il conto siamo tutti noi, cittadini europei, italiani
compresi.
By Michele Barbera