giovedì 28 giugno 2018

IL PIACERE DI LEGGERE: LA DOGLIA MUTA di PEPPE ZAMBITO


Nelle pagine de La doglia muta mai come in nessun'altra narrazione, traspare forte la metafora della Sicilia, isola e cosmo, terra ricca e perduta nelle sue contraddizioni, nelle sembianze di una donna partoriente che si contorce negli spasmi del dolore, ma che da questo dolore trae l'origine della vita.
La protagonista, la vera protagonista, Gelsomina è donna, piena di mistero e di sorpresa, fiera ed indomita, che si fa scudo e vestale di una tradizione misterica, alchemica ed, allo stesso tempo, succube di forze oscure, retaggio di prepotenze feudali, resa vittima e carnefice di passioni ancestrali, più subite che volute.
È un antitetico gioco delle parti, che naviga all'esterno delle rotte pirandelliane e del verismo verghiano, traccia una parabola empatica, che trascina il lettore in un'epoca che non è antica né moderna, ma idealizzata in un topos che riesce difficile imbrigliare nella storia.
Peppe Zambito si muove a suo agio negli archetipi di un'isola che conosce ed ama, idealizza un conflitto che si muove sottotraccia nella trama articolata e pur nuda del suo romanzo: non offre verità storiche o antropologie edulcorate, ma sentimenti e passioni autentici, che si agitano nel sipario di un microcosmo scolpito con il bisturi impietoso di chi non si rassegna agli stereotipi e rifugge i luoghi comuni.
I personaggi sono caratteri che sanno adeguarsi alle convenienze sociali, che non intraprendono sfide prometeiche, ma sono egualmente coscienti del dualismo distopico che vivono: il barone non si arrende al decadimento sociale ed individuale, abituato a non conoscere altra legge se non la sua, Gelsomina che, invece, da quel decadimento sembra trarre una nuova linfa vitale, anche se è una vita nascosta, muta. 
Così come la femmina siciliana che vive nei volti e nei corpi, nelle passioni e negli amori violenti di Gelsomina, di Giovanna e delle altre donne del romanzo: tutte paiono unite da un destino corale che accettano e verso cui debbono combattere una lotta impari, di fronte a cui decidono talvolta di rassegnarsi: agli occhi di Gelsomina non era né vecchio, né zoppo. Agli occhi di lei lui era il barone.
Ma dietro la realtà falsa che si trincera dietro i cartelli sociali, le differenze di ceto, vi è quella vera che reclama il suo tributo di dolore e sofferenza, che accomuna uomini e donne ed agisce come una livella, travolgendo le impalcature ed i falsi destini, che la inutile presunzione umana costruisce nella sua piccola contingenza.
Così il vecchio barone, Teresa, il “baronello”, Cecè e Gelsomina diventano maschere tragiche che si muovono su un palcoscenico che, improvvisamente, diventa più grande di loro e nel quale provano smarrimento, di fronte all'eterno e soverchiante battito del tempo e della storia.
Il parto, la sua doglia, diventa il simbolo apotropaico del rinnovarsi della vita nel dolore, il nodo gordiano della storia in cui si affastellano le esistenze, nell'esaltazione dei sentimenti, anche quelli più inconfessabili.
Ma è una doglia muta, un qualcosa di innaturale, di torbido, di non accettabile.
Solo la resilienza dell'elemento femminile perpetua la Vita, sa rinnovarla come una sorgente sempre pura che non arresta il suo flusso davanti la morte o alla fragilità umana.
Peppe Zambito, che già in passato ha dato prova delle sue capacità fabulatorie con pregevoli narrazioni, non risparmia al lettore una dose generosa di sentimenti forti, di momenti di dolorosa umanità che rendono viva la presenza e l'azione diegetica nel romanzo. Il colpo di scena finale, la sorpresa, che la protagonista custodisce nelle trame del tessuto narrativo, è la doglia che s'acquieta, che finalmente dona pace, la verità che prende il sopravvento. E ciò a dispetto di trame meschine e di piccole congiure, ordite da egoismi destinati a dissolversi di fronte all'eterno fluire del destino-tempo, vero deus ex machina del romanzo, che governa uomini e cose nella bella e perversa terra di Trinacria.
La doglia muta è un grande atto di amore e di coraggio di Peppe Zambito verso la sua terra e verso i suoi uomini e le sue donne che, forse, vivono nei sedimenti della storia dei grandi eventi, nascosti alle ipocrite sentenze dei posteri, ma le cui orme sono braci ardenti, che animano la passione ed il cammino dei popoli.
By Michele Barbera


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