Nessuno ci
pensa. A molti dà fastidio. Qualcuno non ci crede. Eppure a leggere le
statistiche della dispersione scolastica in Sicilia viene da riflettere. Una
buona fetta della popolazione scolastica dell’obbligo sino al diploma, siamo
oltre il quarto, ma se si guarda a rendimento e frequenza regolare sono molti
di più, non va a scuola o, se ci va, ha un pessimo rendimento o la frequenta in
modo sporadico, senza profitto. E prima o poi l'abbandona. Non è solo un problema di istruzione. E’ qualcosa
che ha la radice in un malessere più profondo, in un disagio sociale in cui,
per la fascia dei minori, crescere in modo sano ed adeguato agli standards dell’Italia
media e dell’Europa è sempre più difficile.
Sembra che
in questo decennio anziché progredire si sia fatto un salto all’indietro. Colpa
della crisi economica, del caro-vita, delle difficoltà delle famiglie con minori, in
cui l’istruzione viene tristemente e necessariamente sempre dopo il cibo ed i
vestiti, bisogni primari. Colpa anche di una società che con facilità volge le spalle in
modo indifferente e cinico al vicino che ha bisogno, e si rifugia in una
beneficenza comodamente esotica.
E’ qualcosa
che si sconterà non a breve, ma nel futuro. I ragazzi con deficit istruttivi
saranno adulti sempre meno in grado di competere sul mercato del lavoro, di
realizzarsi in un mondo iperaccelerato culturalmente nevrastenico. Andranno ad accrescere
la cosiddetta fascia “disperata”, quella irrecuperabile di inoccupati, di adulti senza prospettive,
costretti a giocare al ribasso sul proprio domani.
Ma c’è
qualcosa che mi preoccupa ancora di più. Questi ragazzi poveri in tutto, culturalmente e
sociologicamente debilitati convivono ed hanno di fronte modelli deviati, ricchezze patinate
e televisive da invidiare, gente corrotta che – senza pudore – ruba alla
società dei deboli, approfittando dei ruoli di vertice politico ed economico che ha. E gli scandali, dopo un pò, non sono più tali, non fanno notizia.
Ho parlato e
parlo con qualcuno di questi giovani. Ho avvertito rabbia profonda, rancore,
invidia. Stanno crescendo male. Il crimine non fa più paura. La galera neanche.
La disoccupazione neppure. Crescono pericolosamente nella cultura deviata del “voglio-una-cosa-e-me-la-prendo”
con le buone o con le cattive. Non c’è voglia di impegnarsi in attività
sociali, o perseguire ideali che appaiono inutili chimere. Vogliono rischiare. Tutto
e subito. Per loro la maggiore virtù è la furbizia e la dignità di una persona
si misura in quanti zeri seguono la cifra. Meglio Amici ed X-Factor di un oscuro
impiego in qualche azienda privata. E non importa se devono giocarsi il futuro
alla roulette della vita. Il rischio è meglio del sacrificio. E la mafia, la criminalità, appaiono come uno
status sociale. Un surrogato intossicato di uno Stato che è sempre assente. L’alternativa
pericolosa ad una vita passiva, fatta di indolenza e di rassegnazione, in cui
essere povero equivale ad essere nessuno.
By Michele Barbera
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