E’ ormai uso "solito" di ogni governo “riformare” la giustizia.
Solo
che, chi vi scrive ha un ventennio di avvocatura sulle spalle e diversi anni di
Vice Pretore e Giudice a Latere onorario, paradossalmente ogni riforma non ha
portato altro che rincari (anche del 1000 per cento) dei costi dei processi,
complicando con artificiosi meccanismi, inutilmente la vita a magistrati ed avvocati ed agli utenti nell’ovvio,
evidente e deprecabile intento di “scoraggiare” gli utenti ad intraprendere la
tutela delle proprie ragioni davanti al Tribunale. Per eliminare l'epidemia, si ammazzano i malati.
Domando: meglio allora la giustizia fai-da-te? O quella del don Totò
di turno? O forse bisogna regredire ai tempi di mazza e clava?
La giustizia è un diritto, non un privilegio!
Detto questo, per sconfessare l’ultima asineria, debbo affrontare la
questione delle “ferie processuali”.
Sfatiamo subito un mito: chi s’immagina che dal primo agosto al
quindici settembre avvocati e magistrati sono in panciolle sotto l’ombrellone a
leggere quotidiani ed a sorbire coca-cola, sbaglia di grosso ed è o uno stupido
in malafede o uno che non ha mai frequentato palazzi di giustizia e studi di
avvocati.
Intanto durante il periodo feriale si sospendono solo certe categorie
di udienze e solo certi termini.
Chi vi scrive è stato in Tribunale a partecipare ad udienze civili sino all’undici di agosto (sì, sì!)
ed assieme a me c’erano magistrati, avvocati ed impiegati di cancelleria!
Ormai tutti (dico tutti) gli studi legali si sono attrezzati per “coprire”
il periodo estivo con turni e rendersi reperibili per ogni evenienza. I difensori
di ufficio sanno che potesse essere ferragosto debbono intervenire ( e capita
più spesso di quanto si pensi) in Procure, Caserme, Commissariati, carceri. I
magistrati sono a turnazione obbligatoria e la reperibilità è “h24”.
Ma, con tutto ciò, le ferie processuali sono preziose, anzi
indispensabili.
Infatti, il rallentamento delle udienze, consente ai magistrati di
studiarsi i fascicoli e di scrivere i provvedimenti, agli avvocati di
approfondire i casi allo studio senza lo stress quotidiano delle udienze e
delle inevitabili perdite di tempo e di accavallamenti di udienze che spesso
restringono l’attività di studio.
Una giustizia frettolosa, statistica, cifraria non è una buona
giustizia. Né lo è una giustizia d’elite buona solo per i ricconi.
Un mio maestro raccomandava ai clienti di trovarsi prima ancora che un
buon avvocato un buon giudice che con la calma e la serenità d’animo necessarie
potesse decidere in modo equo e giusto. Tanto i magistrati che gli avvocati
hanno bisogno di studiare i fascicoli e di amministrare la giustizia con
oculatezza.
Che pena quando, dopo anni di causa e di istruttoria, il cittadino si
trova di fronte a sentenze “ciclostilate”, telegrafiche, dove si sorvola su
tutto ciò che (al giudicante) non pare essenziale. E poi ci lamentiamo degli
appelli. Spesso è l’utente, che di fronte ad una sentenza lacunosa, spinge l’avvocato
ad impugnare la sentenza di primo grado che gli da torto.
Dunque, serenità, oculatezza e accuratezza: tre qualità di una
pronuncia che qualificano anche la Giustizia.
Per snellire i processi occorre eliminare le attività inutili ed i
tempi morti. Si può fare con quattro
punti che sono a costo zero e che avrò il piacere di “svelarvi” in un
prossimo post.
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