Dal baratto allo scambio di moneta fisica, dalla moneta alla carta moneta, dalla moneta all’assegno bancario, dall’assegno alla carta di credito, dalla carta di credito alla moneta virtuale.
Fin dagli albori dell’umanità l’uomo ha avuto un costante, silenzioso, determinante e, se vogliamo, “infernale” compagno: il denaro. Necessario, benedetto, maledetto. Croce e delizia. Diceva Melville (quello di Moby Dick) che i “due” del paradiso perduto hanno lasciato questa eredità e per quanto malediciamo il denaro, altrettanto facilmente ci perdiamo nella sublimità dell’atto di riceverne.
Il denaro si è evoluto di pari passo all’umanità, ponendosi come imprescindibile e versatile accessorio degli scambi e utile parametro di ricchezza.
La “fisicità” del denaro con lo sviluppo dei secoli ha perso sempre più importanza. Il ricco non è solo colui che ha importanti scorte di metalli preziosi o di beni primari, ma anche colui che dimostra di possedere nell’”universo parallelo” dell’astrattismo numerico finanziario le risorse per potere acquistare detti beni e farli circolare.
Paradossalmente, nel macrocircuito economico moderno non è determinante possedere risorse o beni ma far sì che questi diventino “appetibili” sul mercato, siano – cioè – desiderati ed usati dagli utenti. Il bene, dunque, non è una ricchezza in sé, ma lo diventa nel momento in cui è idoneo allo “scambio” al soddisfacimento di un desiderio.
Ed il denaro non è altro che l’olio per l’ingranaggio dello scambio. Più facilmente avviene il trasferimento del denaro e più agevolmente i beni scambiati diventano funzionali alla ricchezza individuale ed al benessere sociale.
L’avvento delle tecnologie informatiche, gli scambi telematici, la possibilità di accedere a merci distanti migliaia di chilometri con una semplice videata sul PC di casa ha moltiplicato esponenzialmente il circuito degli scambi commerciali. Non c’è più necessità di avere uno stock fisico di merce a disposizione di un bacino limitato di utenti, né – paradossalmente – di avere la disponibilità fisica di questi beni.
Nel supermercato virtuale il cliente innesca il circuito commerciale con la sua scelta. Il gestore del “negozio” sa dove reperire in quel momento il bene e ne dispone il trasferimento al cliente.
I minori costi di stoccaggio e magazzino, evitando immobilizzazioni inutili, dovrebbero tradursi anche in un sostanzioso beneficio sul costo finale del bene.
Così vanno le cose nel secolo di internet e facebook.
Ma ora c’è qualcos’altro: la carta di credito, che fino ad ora è stata la regina del mercato consumistico, non basta più.
Sino ad oggi la carta di credito ha, in qualche modo, espanso il concetto individuale di ricchezza. I consumi non vengono regolati più dal reddito individuale, ma da un concetto più ampio, quello di reddito potenziale, reddito, cioè connesso alla capacità economica dell’individuo nel tempo. Il mercato, cioè consente l’accesso ai suoi beni non solo a chi ha la possibilità di pagarli nell’immediato, ma anche in un arco di tempo ragionevolmente considerato. In buona sostanza, il “credito” è diventata la vera moneta di pagamento, in cui interessi, ratei e dilazioni consentono ad un utente con un modesto reddito effettivo di usufruire di beni e servizi altrimenti non acquistabili.
Ma su internet, dove il benessere si misura in velocità, il denaro in sé può anche diventare un inutile ostacolo che rallenta le transazioni. Il baratto virtuale tra desiderio e merce vede il dato numerico e finanziario come un orpello non più necessario.
Così in questi ultimi tempi, nell’underground della rete globale si vanno affermando circuiti secondari ma non trascurabili di “alternatività” finanziaria, vere e proprie sacche di anarchia monetaria, in cui gli scambi non sono regolati da un “nummario” riconosciuto ed ostensibile sul piano monetario, ma da “crediti” o da “valori” che sono volontariamente riconosciuti da una cerchia di operatori commerciali per facilitare gli interscambi di merce e servizi.
Questo, ad esempio, è “bitcoin”, la principale fra le monete virtuali, o – dalle parti nostre – il “sardex” o il “sicanex”. Non ci sono Stati sovrani dietro queste “monete”, né Banche o Autorità Centrali di emissione, né parametri valutari definiti. I controlli sui “crediti” sono effettuati da un intermediario pseudo-finanziario che assegna i “crediti” ad ogni singolo operatore ed, in alcuni casi, trattiene per sé una percentuale sul transato.
E’ vero che queste monete possono rappresentare un’utile scappatoia a certe pastoie burocratiche e fiscali. E’ vero anche che lo scambio, una volta fissati i parametri dei crediti, avviene con un baratto pressoché diretto. E’ vero che i costi finanziari dell’operazione possono essere abbattuti.
Ma è proprio così?
Oppure alla fine, il bitcoin non sarà altro che uno dei molteplici strumenti di governo del mercato degli scambi commerciali, che alla fine – dopo un iniziale periodo di anarchia – avrà necessità di autoregolamentarsi? Di fissarsi cioè delle regole per consentire, comunque, agli operatori un equilibrio negli scambi ed evitare speculazioni ed arbitri? In definitiva, una nuova “moneta”?
Il tutto a meno di non ridurre la moneta “virtuale” ad un mero parassita dei mercati finanziari che agisce nelle pieghe della illegalità, per regolare transazioni illecite, o del contrabbando monetario e che, dunque, può divenire un elemento destabilizzante per il mercato ordinario.
In ogni caso, ritengo che la sensibilità del mercato degli scambi che ha motivato la nascita di “bitcoin” e degli altri strumenti collaterali orienterà, come è già avvenuto in passato, gli operatori creditizi ad opzionare scelte che soddisfino maggiormente il bisogno di libertà che contraddistingue il consumatore moderno.
Ciò nel senso di offrire un maggior ventaglio di servizi per il singolo utente finale che consenta allo stesso di potersi muovere con libertà e rapidità, scegliendo il miglior rapporto qualità-prezzo sul singolo bene, senza controlli asfissianti o, ancor peggio, costrizioni subliminali. Il consumatore vuole libertà e versatilità che non può essere solo quella falsa dell’induzione all’acquisto con abili marketing manipolatori, né quella dell’acquisto a tutti i costi. Dietro, infatti, lo specchio magico del credito potenzialmente illimitato, si ricordi che vi è sempre l’amarezza dell’insolvenza finanziaria, una dea crudele che non ammette sbagli e non perdona.
Di conseguenza, prima di abbandonarci alle chimere del consumo “virtuale” scegliamoci bene i nostri strumenti finanziari: sono indispensabili compagni di viaggio e servi fedeli dei nostri desideri. Ma ricordiamoci che la parola “coin” per quanto virtuale possa essere, corrisponderà sempre ad un valore assai concreto che, per quanto disprezzabile, come diceva Melville, è sempre meglio ricevere che dare.
Alla fine, caro Michele, i debiti sono comunque debiti!
RispondiEliminaCiao Franco
p.s. e complimenti per l'articolo!
Secondo me il bitcoin non è altro che una "sola"! Alla faccia dei polli che ci credono!
RispondiEliminaSor Cecco 82
I bitcoin non sono una "sola", per quanto ci siano margini per migliorarli hanno avuto il gran pregio di aver aperto la strada a una nuova idea di strumento economico che è sicuramente innovativo: uniscono la infatti semplicità di trasferimento di denaro di una carta di credito senza l'onere di un intermediario che ci deve guadagnare sopra, il tutto unito alla certezza e irrevocabilità delle transazioni e alla completa trasparenza delle stesse (è possibile per chiunque verificare l'entità e la buona riuscita di una transazione senza bisogno di appoggiarsi a intermediari). In oltre 2 anni, da quando è stato creato, il trend di crescita negli scambi e di conseguenza nel valore globale e sempre positivo (non si deve considerare la breve parentesi di 2-3 mesi in cui è schizzato a valori onestamente insostenibili per l'economia di sostegno spinto da hype dovuti principalmente al fatto di essere finito in prima pagina sui principali giornali americani). Se fosse una fregatura si sarebbe già manifestata da tempo, nessuna truffa per quanto ben congegnata viene portata portata avanti per un tempo così lungo.
RispondiEliminaCiao
Ercole
E' chiaro che analizzare un fenomeno come "bitcoin" non è semplice né facile. Né è agevole chiuderlo in poche righe. Ritengo che l'analisi di "ercolinux" sia fondamentalmente esatta. Ma la fluttuazione di valore che nel corso del 2011 ha avuto il "bitcoin" deve comunque far riflettere. Nel senso che un fenomeno di natura "monetaria" è comunque di per se stesso esposto ad un mercato, cioè ad un incrocio di domanda ed offerta. E' evidente che quando si parla di mercato, per quanto "chiuso" possa essere si parla anche di possibili interferenze che possono interagire negativamente sul trend reale del valore del bene.
RispondiEliminaA prescindere da questo, ritengo che - comunque - una buona dose di prudenza sia necessaria.... nell'oceano del web non navigano soltanto brave persone!
Bitcoin è nato come strumento per rivoluzionare il mercato dei soldi. Si paga peer-to-peer (da pari a pari) in completo anonimato. Nessuno controlla, nessuno è controllato. in ogni caso poiché è generata da un software open source non è falsificabile (almeno così si crede)né rintracciabile. Un paradiso fiscale telematico? Alla faccia delle tasse!
RispondiEliminaUn suggerimento? Non diciamolo a messer Monti: quello di tasse ne sa una più del diavolo!!
Ciao Mike
Calogero M.
Bitcoin è la più grande invenzione da quando è nata Internet, e se la gente comincerà ad usarlo potrà aiutarci ad affrancarci dalla schiavitù bancaria e dalla loro creazione di danaro dal nulla.
RispondiEliminaBitcoin non è contraffabile, non è sequestrabile, non ha frontiere.
E' la prima volta nella storia dell'umanità che ci si ritrova tali caratteristiche in una moneta.
Ho trovato alcuni articoli interessanti su bitcoin qui: ilporticodipinto.it/bitcoin
Ho notato che la vicenda di bitcoin e la moneta virtuale, sia direttamente su questo sito che su Paperblog, al di là delle singole posizioni, hanno interessato parecchi internauti.
RispondiEliminaHo letto pure con molto interesse gli articoli consigliati su "ilporticodipinto".
Ad ogni modo ritengo che un atteggiamento prudenziale non guasti, anche e sopratutto per i vasti e complessi meccanismi economici e finanziari che attiva. E ciò sia sotto il profilo dell'autonomia e velocità degli scambi (sicuramente positive) sia sotto il profilo dell'anonimato delle transazioni (e qui qualche perplessità ci sta).
Salutoni, by M.
Caro avvocato, mi sa che ti devo dare ragione. In questi ultimi tempi, tra l'hackeraggio effettuato e le norme restrittive, il valore del bitcoin è crollato miseramente: da quasi trenta dollari a poco più di quattro. A ciò si aggiunga anche la chiusura di uno dei maggiori broker specializzato in bitcoin...
RispondiEliminaE' quasi un disastro...
Ti saluto affettuosamente,
Mario Pescaroli