Sino a qualche anno fa, gli studi agronomici preventivavano che entro
il 2030 un terzo della Sicilia sarebbe stato a “rischio” desertificazione.
Oggi la realtà è ben più drammatica. L’inettitudine di una classe politica da quarant’anni a questa parte ha aggravato la cronica “siccità” dell’isola sino a farne una perenne emergenza e una drammatica calamità.
I modelli matematici parlano di uno-due anni di “sopravvivenza” idrica dell’isola. A meno di un miracolo divino, i siciliani - fra poco meno di due anni - vivranno in un territorio massimante a carattere desertico, con il settore primario (agricoltura e pastorizia) che da eccellenza del territorio, diventerà marginale. L’economia della Regione entrerà in un costante processo recessivo e l’emigrazione diventerà una necessità.
Oggi dei 24 invasi presenti nell’isola sei sono prosciugati e gli altri vedono progressivamente calare il loro livello.
La Giunta regionale ha delegato a Prefetti e commissari vari la patata bollente, che parlano di trivelle e pozzi come se il sottosuolo dell’isola fosse pieno d’acqua e così facendo innescano un irreversibile depauperamento dei bacini e l’ulteriore degrado del territorio.
Tutto è sbagliato. Non è questa la strada, caro Presidente Schifani.
In Puglia Emiliano, ha speso 100 milioni di euro per fare il più grande dissalatore d’Europa.
In Sicilia si è speso 100 milioni di euro per un inutile acquedotto che va dall’invaso Garcia sino al trapanese. Come se il Garcia, che peraltro è oasi naturale, fosse strapieno di acqua e non, invece, boccheggiante come è all’attualità. Vogliamo porre fine a questo dramma che è ormai una farsa?
Caro Presidente Schifani, perché non mettiamo un po’ di sale in zucca e azioniamo il cervello?
1. Togliere di mezzo Siciliacque. Un carrozzone, inutile, spaventoso, drammatico. Che ragiona con logiche di profitto, divora risorse, manca di progettualità e investimenti sociali. A parte il fatto che è privata, la Società è stata incapace di fare fronte a qualsiasi emergenza, miope nella logica di profitto, preferisce trivellare e rivendere l’acqua ai siciliani piuttosto che fare investimenti a lungo termine che possano abbassare i costi del servizio idrico per tutti i siciliani.
2. Togliere di mezzo le varie società d’ambito. Sono carrozzoni elettorali, moltiplicano i passaggi burocratici, hanno un costo inutile e si sono dimostrati assolutamente inefficienti.
3. Istituire un’unica agenzia regionale PUBBLICA con uffici centralizzati a cui delegare la programmazione per obiettivi ed efficiente per la tutela ed la circolarità delle risorse idriche. L’Agenzia deve avere al suo interno sezioni provinciali in modo da coordinare l’intervento pianificatore per singola provincia. Delegare ai Comuni la gestione premiale territoriale delle reti con interventi di monitoraggio e manutenzione della rete idrica locale, per evitare le perdite e le dispersioni.
4. Riattivare e progettare i dissalatori alimentandoli con energia solare. È l’unico modo per rendere circolare la risorsa idrica e costituire una fonte rinnovabile per l’agricoltura e l’uso civico. Costa molto di più fare fronte ad un’emergenza diventata cronica e che nei prossimi anni diverrà insostenibile dal punto di vista ambientale e finanziario. Basta un solo progetto, modulare, con i dissalatori di nuova generazione, che possa essere utilizzato per ogni nuovo dissalatore. Non occorre fare nove-dieci progetti.
5. Programmare la manutenzione degli invasi e dei corsi d’acqua. Per consentire l’immagazzinamento dell’acqua nei periodi piovosi ed evitare esondazioni, dissesti e fenomeni alluvionali. La Regione dispone di numerosi studi sulle zone franose e quelle più soggette a dissesto idrogeologico. Mettiamoli a frutto.
6. Favorire il rimboschimento anche nelle aree private. Rimboschimento e reddito sostitutivo per le aree incolte con formule crescenti e premiali per i privati in parallelo con l’anzianità dei boschi. Ciò favorisce la manutenzione degli alberi e riduce il rischio incendi, motivando il privato a custodire la risorsa boschiva ed evitare la desertificazione e l’abbandono dei terreni. Un bosco riduce il degrado del territorio, l’impatto delle alte temperature, favorisce il microclima e depura l’aria.
Sembrano compiti giganteschi, ma non lo sono: è una visione chiara e fattibile, aliena da logiche speculative e di profitto. E se non si inizia non si arriverà mai. Iniziamo dalla parte burocratica. Non ci sono alibi. Non possiamo stare a piangere mentre in tutto il mondo si sbracciano per risolvere il problema della siccità mentre noi siamo bravi solo a farci del male.
La Sicilia e soprattutto i siciliani non lo meritano, caro Presidente.
By Michele Barbera
Oggi la realtà è ben più drammatica. L’inettitudine di una classe politica da quarant’anni a questa parte ha aggravato la cronica “siccità” dell’isola sino a farne una perenne emergenza e una drammatica calamità.
I modelli matematici parlano di uno-due anni di “sopravvivenza” idrica dell’isola. A meno di un miracolo divino, i siciliani - fra poco meno di due anni - vivranno in un territorio massimante a carattere desertico, con il settore primario (agricoltura e pastorizia) che da eccellenza del territorio, diventerà marginale. L’economia della Regione entrerà in un costante processo recessivo e l’emigrazione diventerà una necessità.
Oggi dei 24 invasi presenti nell’isola sei sono prosciugati e gli altri vedono progressivamente calare il loro livello.
La Giunta regionale ha delegato a Prefetti e commissari vari la patata bollente, che parlano di trivelle e pozzi come se il sottosuolo dell’isola fosse pieno d’acqua e così facendo innescano un irreversibile depauperamento dei bacini e l’ulteriore degrado del territorio.
Tutto è sbagliato. Non è questa la strada, caro Presidente Schifani.
In Puglia Emiliano, ha speso 100 milioni di euro per fare il più grande dissalatore d’Europa.
In Sicilia si è speso 100 milioni di euro per un inutile acquedotto che va dall’invaso Garcia sino al trapanese. Come se il Garcia, che peraltro è oasi naturale, fosse strapieno di acqua e non, invece, boccheggiante come è all’attualità. Vogliamo porre fine a questo dramma che è ormai una farsa?
Caro Presidente Schifani, perché non mettiamo un po’ di sale in zucca e azioniamo il cervello?
1. Togliere di mezzo Siciliacque. Un carrozzone, inutile, spaventoso, drammatico. Che ragiona con logiche di profitto, divora risorse, manca di progettualità e investimenti sociali. A parte il fatto che è privata, la Società è stata incapace di fare fronte a qualsiasi emergenza, miope nella logica di profitto, preferisce trivellare e rivendere l’acqua ai siciliani piuttosto che fare investimenti a lungo termine che possano abbassare i costi del servizio idrico per tutti i siciliani.
2. Togliere di mezzo le varie società d’ambito. Sono carrozzoni elettorali, moltiplicano i passaggi burocratici, hanno un costo inutile e si sono dimostrati assolutamente inefficienti.
3. Istituire un’unica agenzia regionale PUBBLICA con uffici centralizzati a cui delegare la programmazione per obiettivi ed efficiente per la tutela ed la circolarità delle risorse idriche. L’Agenzia deve avere al suo interno sezioni provinciali in modo da coordinare l’intervento pianificatore per singola provincia. Delegare ai Comuni la gestione premiale territoriale delle reti con interventi di monitoraggio e manutenzione della rete idrica locale, per evitare le perdite e le dispersioni.
4. Riattivare e progettare i dissalatori alimentandoli con energia solare. È l’unico modo per rendere circolare la risorsa idrica e costituire una fonte rinnovabile per l’agricoltura e l’uso civico. Costa molto di più fare fronte ad un’emergenza diventata cronica e che nei prossimi anni diverrà insostenibile dal punto di vista ambientale e finanziario. Basta un solo progetto, modulare, con i dissalatori di nuova generazione, che possa essere utilizzato per ogni nuovo dissalatore. Non occorre fare nove-dieci progetti.
5. Programmare la manutenzione degli invasi e dei corsi d’acqua. Per consentire l’immagazzinamento dell’acqua nei periodi piovosi ed evitare esondazioni, dissesti e fenomeni alluvionali. La Regione dispone di numerosi studi sulle zone franose e quelle più soggette a dissesto idrogeologico. Mettiamoli a frutto.
6. Favorire il rimboschimento anche nelle aree private. Rimboschimento e reddito sostitutivo per le aree incolte con formule crescenti e premiali per i privati in parallelo con l’anzianità dei boschi. Ciò favorisce la manutenzione degli alberi e riduce il rischio incendi, motivando il privato a custodire la risorsa boschiva ed evitare la desertificazione e l’abbandono dei terreni. Un bosco riduce il degrado del territorio, l’impatto delle alte temperature, favorisce il microclima e depura l’aria.
Sembrano compiti giganteschi, ma non lo sono: è una visione chiara e fattibile, aliena da logiche speculative e di profitto. E se non si inizia non si arriverà mai. Iniziamo dalla parte burocratica. Non ci sono alibi. Non possiamo stare a piangere mentre in tutto il mondo si sbracciano per risolvere il problema della siccità mentre noi siamo bravi solo a farci del male.
La Sicilia e soprattutto i siciliani non lo meritano, caro Presidente.
By Michele Barbera