venerdì 21 giugno 2024

L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA: LA FORMA E LA SOSTANZA


 

L’autonomia differenziata non è nata ieri. Lo stravolgimento dei principi costituzionali è avvenuto nel 2001 durante il secondo governo Berlusconi con la legge n.3/2001. Fu questa norma a cambiare tutto sul Titolo V della Costituzione. Ma, appunto perché riformava la Costituzione, si pensava che fosse solo una petizione di principio che non avrebbe mai avuto attuazione concreta.
Invece no.
A distanza di 23 anni l’autonomia ce la ritroviamo sul piatto con l’approvazione del Disegno di Legge n.1665 che è un cavallo pazzo, incontrollabile, indomabile,  e che è foriera di conseguenze che oggi non è possibile prevedere, nemmeno da parte della stessa maggioranza che l’ha votata.
Se dovessimo partire dall’origine è indubitabile che la “questione meridionale”, intesa come sottosviluppo del Sud Italia è stata frutto di politiche scellerate postunitarie che da sempre (a cominciare dal saccheggio del tesoro del Regno delle Due Sicilie operata da quel grande mercenario che fu Garibaldi dittatore) hanno puntato a convogliare risorse al Nord ed a spogliare sistematicamente il Sud.
La grande industrializzazione del Nord è passata per il Meridione da cui attingeva materie prime, risorse umane (si dice così?), mercato di consumo per le sue merci, oltre a consumare finanziamenti statali per dotarsi di grandi infrastrutture, mentre il Sud arrancava, imbrigliato nella palude di una burocrazia asfissiante e diffidente e di forme mafiose che lo hanno vampirizzato.
Ma tant’è, è inutile piangere sul latte versato.
Privatizzare i profitti e pubblicizzare le perdite. Era la legge di un certo Rag. Valletta, plenipotenziario manager della Fiat e prototipo dell’industriale del Nord che prendeva il treno solo per andare a Roma, chiedere contributi all’industria automobilistica e maneggiare per la realizzazione di strade ed autostrade a scapito di ferrovie e porti. Trasporto gommato. A farne le spese? Sempre il Sud con ferrovie rimaste ad inizio secolo (scorso). Ma si sa al Sud ci sono solo briganti, mafiosi e nullafacenti.
Cosa ci aspetta con la famigerata “autonomia differenziata”?
Tutto parte dai LEP: livelli essenziali delle prestazioni. Una solenne presa per il culo.
I roboanti proclami di unità, solidarietà ed uguaglianza dell’art.1 della legge approvata affidano tutto ai LEP, che il Governo (quale?) dovrebbe determinare per garantire i servizi minimi sul territorio nazionale. Quali sono questi servizi minimi? A cosa saranno parametrati? Ai servizi del nord o ai disservizi del sud? Ardua risposta e nessuno lo sa.
Per l’intanto, le Regioni possono andare sul “mercatino” delle competenze e pigliarsi quello che più gli aggrada: la merce è varia, si dalla “tutela della salute” sino all’ “istruzione”, dalle grandi reti di trasporto sino alla produzione di energia, etc....
Il bonus per le competenze è che le Regioni si trattengono il gettito fiscale che loro stesse producono. È un circolo vizioso: più produco, più posso acquisire competenze (anche normative e legislative), più divento ricco con le mie tasse, più me ne posso fregare del Governo centrale e delle altre Regioni.
Addirittura, si profila pure la possibilità di organizzare per le singole Regioni la giustizia di prossimità (oggi Giudice di Pace), quindi ogni Regione potrà organizzare un proprio sistema giudiziario. Roba da pazzi!
Come avviene il passaggio delle “competenze” (io direi “poteri”)? Con una “intesa”, che si trasforma in legge dopo vari passaggi politici tra Stato e singola Regione e, dunque, è inattaccabile sotto il profilo amministrativo. 
Quali sono i reali problemi che pone l’autonomia differenziata? Eccone alcuni.
1. Chi pagherà il debito pubblico statale? Le singole Regioni che trattengono il gettito statale lo sottraggono al Governo Centrale che verrà a mancare di essenziali risorse per il suo funzionamento e per il ripianamento del debito pubblico (che è andato a beneficio di quelle regioni). Il debito pubblico è destinato ad aumentare nel tempo, così il relativo deficit.
2. Disfunzioni nella pianificazione economica statale.  Il Governo centrale di fatto sarà paralizzato nella sua azione. Mancherà di personale e di risorse, dovrà attuare pianificazioni differenziate secondo le varie Regioni con inevitabili scontri ed inefficienze sia sulla programmazione che a livello finanziario. 
3. Emigrazione verso le regioni più “ricche”. Il circolo vizioso porterà inevitabilmente ad una maggiore emigrazione (interna ed esterna) verso le Regioni più ricche. Emigrazione non soltanto povera, ma anche dei c.d. “cervelli” e “colletti bianchi”. Chi potrà impedire ad un insegnante, ad un infermiere, ad un medico, ad un ingegnere, ad un pubblico funzionario di emigrare in una Regione dove il suo lavoro è più pagato?
4. Divario infrastrutturale. Salvini vuole fare (a parole) il Ponte sullo Stretto. Bravo. Ma con quali soldi? Salvini stesso ha detto che il maggior onere lo devono sopportare Sicilia e Calabria, due regioni fra le più povere e che non sono assolutamente in grado di sopportare le spese. Salvini lo sa? Lo sa. O prende per il c.... o è stupido. A me sembra buona la prima. Le infrastrutture hanno bisogno di soldi a fondo perduto. Nel centro-nord dal secondo dopoguerra hanno avuto uno sviluppo notevole con fondi statali. Ora la materia diventa di competenza regionale. Voi pensate che la Regione Lombardia, anziché migliorare le proprie autostrade vada a finanziare il Ponte sullo Stretto?   Ed è solo un esempio. Le infrastrutture saranno appannaggio solo delle regioni più ricche che investiranno il gettito sottratto al Governo centrale sul proprio territorio. E Salvini gongola. Però ai siciliani ha detto che possono fare la guardia ai templi greci (bellezze “inarrivabili”, come dice lui).
5. La fregatura dei LEP. Per avere la coscienza a posto il Governo centrale adotterà i LEP. Ma questi livelli essenziali di prestazione garantiranno l’efficienza? No. Sulla carta i servizi ci saranno. Ma a livello pratico le Regioni penalizzate saranno sempre e solo quelle che sono angustiate dal sottosviluppo economico e che avranno fame di “risorse” non sempre disponibili, perché dotate di un gettito fiscale incapiente. Con buona pace dei “servizi essenziali”
6. Maggiori costi per il Governo centrale. Aumenterà il debito ed i costi per una serie di servizi pubblici che comunque il Governo dovrà mantenere anche nelle Regioni ad “autonomia differenziata”, quali il servizio per l’ordine e la sicurezza pubblica, la previdenza pubblica con i relativi istituti assistenziali per lavoratori e pensionati, i presidi giudiziari, gli uffici correlati con il Governo (Dogane, Agenzia Entrate, Ispettorati, etc...). Insomma di tutti quei servizi non “appetibili” dal punto di vista economico per le singole regioni.  
Al di là delle roboanti parole di principio, si profila un’Italia sparigliata, priva di una visione unica e strategia anche sui servizi essenziali, con differenti politiche fiscali, sanitarie, d’istruzione e di investimenti. Ed un Governo centrale indebolito, che sarà debole con i forti e forte con i deboli.
E state tranquilli che Giorgina non sarà in grado di opporsi alle pretese delle regioni che pretenderanno l’autonomia a stretto giro, approfittando del vento politico a favore, pronti a trattenersi il gettito fiscale e i finanziamenti pubblici ed a sottrarre ogni potere e competenza possibile ed utile.
Sul piano politico, per il Governo Meloni questo si tradurrà in una perdita di consensi notevole (ma la Giorgia lo sa e se ne frega), Salvini e la lega si rafforzeranno nel lombardo-veneto e la sinistra risorgerà inutilmente, perché non sarà in grado di contrastare la tempesta scatenata dall’approvazione di questa legge.
Solo un referendum ci potrà salvare. Salvini permettendo.
By Michele Barbera