Ripropongo, su gentile richiesta di qualche "vecchio" mio lettore, il racconto vincitore del concorso "NEROBRAND" di MilanoNera WebPress. Il tutto con l'introduzione della Redazione di MilanoNera.
Michele Barbera, con il racconto In punto di morte, è il vincitore del primo concorso gratuito NeroBrand per spy story e Legal Thriller. La competizione, organizzata da ILoveFranchising in collaborazione con il magazine MilanoNera, ha goduto della partecipazione di oltre 200 scrittori, rendendo la selezione una sfida davvero ardua per la qualità dei testi in gara.
Ogni concorrente poteva partecipare con una sola opera al limite di tre cartelle dattiloscritte e il vincitore, scelto da una giuria redazionale e dallo scrittore Paolo Roversi, ha saputo organizzare un trama avvincente, condita d’ironia, all’interno di un intrigante racconto epistolare.
L’opera vincitrice è stata pubblicata sull’ultimo numero di IloveFranchising, free-press diffuso in 20.000 copie in occasione del RomeExpo, la fiera del franchising di Roma.
Ogni concorrente poteva partecipare con una sola opera al limite di tre cartelle dattiloscritte e il vincitore, scelto da una giuria redazionale e dallo scrittore Paolo Roversi, ha saputo organizzare un trama avvincente, condita d’ironia, all’interno di un intrigante racconto epistolare.
L’opera vincitrice è stata pubblicata sull’ultimo numero di IloveFranchising, free-press diffuso in 20.000 copie in occasione del RomeExpo, la fiera del franchising di Roma.
In punto di morte
Caro Giorgio,
Non immaginavo finisse così. Ho rifiutato
l’ultimo ciclo di chemio. Sono stufo. I tre interventi chirurgici e
non-so-quante flebo di pastrocchi chimici sono stati inutili. Sento che la
linea del traguardo è vicina. Pericolosamente vicina. Voglio
essere sveglio quando succederà, senza essere intontito da intrugli buoni solo
per guerre batteriologiche. Sto qua pieno di tubi e cateteri, inchiodato a
questo letto assurdo da trecento euro al giorno. Aspetto la fine. Con gli occhi
aperti. Con il dolore che mi corrode da dentro. Ed a tentare di capire se
tutto questo ha un senso. Stamattina ho parlato con un prete. Sì, proprio così,
uno di quelli veri. Col collare e tutto. Lo sai, li ho sempre
considerati come dei pedofili e sparaballe. Non ho mai creduto a quelle
storielle sull’aldilà, il peccato e tutto. Ma con lui ho trovato la forza o,
forse, una ragione per scriverti questa lettera. Ho preso le mie precauzioni.
L’ho consegnata ad un notaio (sono attrezzati di tutto in questa merdosa Clinica
per malati terminali). Non la riceverai prima che io faccia il grande salto.
A quel punto non mi importerà più di niente. La metastasi mi avrà divorato e
digerito.
So cosa ti ha roso il cervello negli
ultimi quindici anni. La morte di tuo padre.
L’ho letto nei tuoi occhi quando da
laureato sei entrato nel mio studio legale per la pratica. L’ho capito
dall’avidità con cui hai rovistato i fascicoli in archivio per cercare il
processo. Per studiarlo. Io sorridevo: sapevo che non avresti trovato nulla
di interessante in quelle carte.
Ricordo ancora i titoli dei giornali
all’indomani del fatto: UCCISO FACOLTOSO INGEGNERE. SOSPETTATA LA
MOGLIE. Tua madre rischiava l’ergastolo. Un rospo incredibilmente
duro da ingoiare per un vispo ragazzetto di quindici anni, rampollo di uno dei
casati più blasonati della buona borghesia milanese.
Lo ammetto: non è stato facile difenderla.
E farla assolvere. Ci sono riuscito contro ogni naturale previsione. Ma a te è
rimasto il dubbio sulla sua innocenza. Ti capisco. Sappilo: quando è successo
il fatto tua madre era sconvolta. A quel punto, il mio
intervento è stato provvidenziale. L’ho strappata alla scena del
delitto e l’ho spedita con la macchina al più vicino centro commerciale: doveva
spendere in diversi negozi e pagare con la carta di credito, facendosi notare
il più possibile. Un alibi le sarebbe stato utile. Ho atteso
un po’ dopo che lei se n’era andata. Poi ho alzato la cornetta del telefono
dello studio di tuo padre (con un fazzoletto, per non lasciare impronte). Ho composto
il numero di casa mia. Vantaggi di abitare da solo. Nessuno avrebbe
risposto. Dopo tre squilli a vuoto si è inserito automaticamente il fax. Ho
lasciato che l’odioso squittio riempisse la cornetta. Dai tabulati sarebbe
risultato che l’ingegner Luigi Ambrosio aveva fatto l’ultima telefonata della
sua vita al caro amico, l’avvocato Federico Gianguerri, e che si era
intrattenuto amabilmente con lui per almeno dieci minuti. Mentre tua madre era
a fare shopping.
Il fatto fu denunciato da
tua madre al suo rientro, dopo cinque ore. Riferì con orrore che il marito era
stato ucciso con un qualcosa (mai trovato) che gli aveva
fracassato la tempia destra.
La Procura sospettò subito di lei.
Una giovane vedova che, forse, non aveva mai amato suo marito. E non solo per i
vent’anni di età che li separavano. Si disse che solo lei avrebbe potuto
commettere il delitto: non vi erano segni di effrazione, tuo padre non
aveva nemici e spuntarono fuori le liti e la recente minaccia
di divorzio dell’ingegnere, stanco dei capricci della sua sposa bambina.
Il confronto tra l’ora del decesso, il
tabulato telefonico e l’ora degli scontrini della carta di credito cancellò,
però, i dubbi alla Corte di Assise. L’assoluzione fu pienamente meritata. Con
tante scuse da parte della Procura.
Durante il processo non mancarono le
difficoltà.
Potevamo mai immaginare che quel
pidocchioso di José, il giardiniere sudamericano, avesse visto tua madre uscire
subito dopo l’omicidio?
Il bastardo mi aveva pure osservato
attraverso la vetrata dello studio mentre facevo la telefonata fantasma.
Si servì di me per ricattare tua madre. Dovetti sborsare oltre cento milioni di
lire per tacitarlo. Non bastarono. José voleva di più. Voleva tua madre,
possederla fisicamente. Era impazzito, le sbavava dietro. Per me e tua madre il
ricatto divenne insopportabile. Pianificammo tutto con calma. José morì durante
il suo primo e ultimo appuntamento d’amore. Durante l’illusione del cedimento
di quella che lui chiamava la Señora, si accasciò sul letto
matrimoniale, ubriaco e avvelenato. Il corpo lo seppellimmo nel giardino sul
retro della villa. Per quanto ne so è ancora là. Nessuno è mai
venuto a chiedere di lui.
So quanto è stato difficile in questi anni
crescere orfano e convivere con un sospetto terribile. Per quanto possibile, ti
sono stato vicino.
Ma quello che stai leggendo non deve
cambiare la tua opinione su tua madre.
Lei è veramente innocente per l’omicidio
di tuo padre.
Ad ucciderlo sono stato io.
Era rientrato all'improvviso e ci aveva
scoperti mentre facevamo l’amore. Una scena terribile. Minacciò di chiamare la
polizia. Di fare scandalo. Dovetti inseguirlo semi nudo per tentare di
persuaderlo. Non ci sono riuscito…
Buona Lettura!
By Michele Barbera