Umberto Eco aveva una sua teoria su Facebook. Probabilmente aveva ragione.
Il fatto è che non possiamo impedire a nessuno di dire la propria. Così è per gli "amici". Così è per l'ISIS. Così è per il M5S o per Forza Italia o per Matteo Renzi. Così è per alcuni squilibrati che postano tutto ed il contrario di tutto e sparano "ad alzo zero" su tutto e tutti.
Ci voleva una sentenza della Corte di Cassazione penale per ricordare che Facebook non è il nostro diario privato o il nostro confessore?
A volte non ci si rende conto che quello che si scrive (in piena libertà) ovviamente non è un semplice sfogo privato, ma un "manifesto", uno stato che - se non è limitato - è accessibile a chiunque.
Una volta si parlava di "netiquette", una sorta di autocensura e di buona educazione che avrebbe dovuto limitare "strafalcioni" ed offese varie, oltre che la diffusione di "balle stratosferiche" che solo a leggerle viene da ridere. Ora si parla di censura e se qualcuno critica qualcosa o qualcuno, il rimedio è l'ostracismo, con conseguente "offesa" dell'amico cancellato. Dobbiamo per forza accettare di tutto?
La nostra libertà finisce dove inizia quella dell'altro.
In tal senso, e me ne assumo la responsabilità, rivendico senz'altro il diritto di informare.
Ma truffe, spamming ossessivo, captazione di dati, ingiurie, offese e peggio ancora, non sono fantascienza e se tutti hanno il diritto di denunciare un fatto che si ritiene possa interessare l'opinione pubblica, tutti hanno il pieno diritto di cancellare post e "amici" (non sarebbe più corretto chiamarli contatti?) di cui non si condivide il pensiero o i contenuti.
Certi post e certi commenti, forse non ci si rende conto, fanno male più a chi li scrive che a chi li legge.
E' un pò come autosmascherare la propria intolleranza ed il proprio fanatismo o farsi beccare con le mani nella marmellata.
Per non parlare, poi, delle pagine e post a pagamento, ovvero "sponsorizzati", che altro non sono che pubblicità. Ed allora, cari amici, chiamatela con il loro nome.
Non dimentichiamoci che Facebook, prima di tutto, è una grande macchina che fabbrica soldi e macina informazioni e dati personali, alla faccia della nostra privacy. Così come il novanta per cento di internet: non serve solo a scambiare informazioni e conoscenze, ma alimenta flussi di denaro inimmaginabili per i comuni mortali. Così come può alimentare personalismi psicotici ed esaltati.
Occorre perciò prudenza e saggezza. Sia nel diramare informazioni, sia nel riceverle.
E pazienza se qualche pseudo-amico si offende se lo cancellate dalla vostra cerchia. Prima di tutto rispettate voi stessi.
L'amicizia è ben altra cosa che un "like", sponsorizzato o meno. Anche questa è libertà e non solo di pensiero.
By Michele Barbera