E’ inutile negarlo: le elezioni regionali della Sicilia
rappresentano un importante banco di prova per le forze politiche e un test
importante per le elezioni nazionali.
Lo sanno tutti. Ma fanno finta di non saperlo.
Il governo tecnico di Lombardo è stato un chiaro fallimento.
Sotto tutti i punti di vista.
Intanto, ha perso ogni sostegno politico. L’amministrazione “tecnica”
ha risentito di una cattiva regia politica. Milioni di euro di risorse
comunitarie sono andati persi per “incapacità” di spesa da parte della Regione.
Vi è stato un profondo scollamento con il governo nazionale, chiamato a “censurare”
lo stato finanziario della Regione.
E questa è una circostanza oggettiva, assai grave e censurabile.
Si è assistito poi al progressivo sfaldamento delle forze
politiche di fronte all’ostinato ed ipocrita tecnicismo di Lombardo.
Oggi il panorama politico in Sicilia è profondamente cambiato.
Ed in modo preoccupante.
Il PDL – quello del 61 a zero - non esiste più: Micciché, alfiere
delle vittorie berlusconiane in Sicilia, ha preferito fondare un partito
(autonomo?) facendo leva sulle istanze
regionalistiche e sfruttando il vento di un sottile razzismo. Alfano naviga in
cattive acque nazionali stretto tra un governo di Monti che ha soffocato le
forze politiche e il peso ingombrante dell’eredità del signor B.
Ma se a destra non si ride, a sinistra si piange. Il PD
(senza L) appare incapace di costituire una valida forza di governo, preferendo
adagiarsi su candidature di bandiera e su cavalieri solitari, predestinati a
salvare la Sicilia
da uno sfacelo totale.
Preferiamo tacere sui cosiddetti movimenti autonomistici.
Oggi più che mai sembrano personaggi in cerca d’autore. Non basta proclamare di
essere “siciliani” per vincere le elezioni. Ma soprattutto, per governare.
Lombardo docet.
Infine, c’è il sorgere (o l’insorgere) di movimenti e
groppuscoli politici che paiono avercela con il mondo intero, ma che –
chiaramente – non hanno alcun fondamento programmatico. Si tratta di partiti di
protesta che cavalcano l’onda lunga di una crisi che in Sicilia ha assunto il
volto amaro di un’economia nel baratro. Passata la furia della protesta quel
che rimane è assai poco.
Insomma, il quadro è tutt’altro che chiaro e definito.
Ma gli elettori, tra poco più di un mese dovranno scegliere.
Il meno peggio.
Incrociamo le dita.
By M.